Natale 2025, il giorno della nascita del Messia e la profezia dell'Emmanuele: "Et verbum caro factum est et habitavit in nobis"
La profezia dell'Emmanuele si realizza in Gesù Messia Figlio del Dio vivo
Testo masoretico
Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Immanuel (Is 7,14).
Targum
Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Immanuel (Tg Is 7,14). Poiché un bambino è nato, un figlio ci è stato dato. Egli ha preso la Legge su di sé per tenerla. Il suo nome è chiamato dall’eternità: meraviglioso, Dio potente, che vive in eterno, il Messia, la cui pace sarà grande su di noi nel Suo giorno (Tg Is 9,5-6).
Il Messia si fa carne nel seno di una giovane vergine
Il profeta non parla di «una donna» o «una moglie», ma dice «la vergine», con l’articolo, hā ͑ālmā ͪ (הָעַלְמָ֗ה), che, letteralmente, indica la giovane donna in età da marito, dunque, vergine, come confermato dalla LXX, che traduce con parthénos (παρθένος), vocabolo usato anche come corrispettivo di bǝṯûlā ͪ (בְּתוּלָה), cioè, vergine, (la vergine figlia di Sion, Is 37,22), e di na͑ărā (נַעֲרָה), che significa vergine mai toccata da uomo (Gn 24,12; Gdc 21,12), vergine da maritare (1Re 1,2), vergine ancella (Gn 24,61). Anche la Peshitta traduce l’ebr. ālmā ͪ con bǝtûltāʾ (בתולתא). In Es 2,8, la giovane sorella di Mosè è chiamata ālmā ͪ . In Dt 22,23, bǝṯûlā ͪ e na͑ărā sono usati come sinonimi, resi dal Targum rispettivamente con ͑ûlēmtā ͪ (עֻולֵימְתָא) e bǝṯûltā ͪ (בְתֻולתָא). Nel Cantico, le fanciulle innamorate dello sposo - ognuna delle quali spera di divenirne la moglie - sono indicate con la parola ͑ălāmôṯ (עֲלָמ֥וֹת), plurale di ͑ālmā ͪ . La scelta di tale termine nella profezia di Isaia, quindi, indica una nascita straordinaria, che verrà dalla vergine per eccellenza, colei che concepirà e partorirà il «Dio con noi», ͑immā́nûʾēl (עִמָּ֥נוּ אֵֽל), cioè, colei che deve partorire (Mi 5,2), poiché da sempre nel piano di Dio.
Il giorno del Messia
La nascita dell’Emmanuele è qui presentata come una nascita regale, un dono dall’alto, che viene da YHWH. L’espressione «un figlio ci è stato dato» è un passivo divino, che significa «Dio ci ha dato un figlio». Chi è questo figlio? Riguardo al Messia, dice la Scrittura:
Mio figlio tu sei, io oggi ti ho generato (Sal 2,7).
Negli splendori dei santi, da un grembo, prima del mattino ti ho generato (LXX Sal 110,3).
Nel Deuteronomio Rabbah (1,20) si legge:
Egli [Giacobbe] disse a lui [Esaù]: «Devo ancora far sorgere il Messia, di cui è scritto: “Poiché un bimbo è nato per noi”» (Is 9,5).
I titoli: consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace, attestano la sua nascita divina di questo bambino. In particolare, i titoli Dio potente, ʾēl gibbôr (אֵ֖ל גִּבּֽוֹר), che appare anche in Is 10,21, e Padre per sempre sono specificamente divini. Viene qui affermata inequivocabilmente la divinità del Messia.
Rashi così commenta:
Immanuel: Come a dire che la nostra Roccia sarà con noi. […] Alcuni interpretano questo [passo] in riferimento a Ezechia ma è impossibile, poiché, se si contano i suoi anni, si comprende che Ezechia era nato nove anni prima del regno di suo padre. Per altri, invece, il segno consiste nel fatto che ella è una giovane donna e incapace di generare.
Nel linguaggio biblico la Roccia è Dio (Dt 32,4.18; Sal 18,3.32.47; Sal 19,15; Sal 28,1; Sal 42,10; Sal 62,3.7; Is 17,10). Questo bambino è la presenza di Dio tra gli uomini. La profezia non può, dunque, che riferirsi al Messia, che nasce da una giovane vergine. I quattro titoli conferiti a questo figlio: consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace, ne confermano la nascita divina, ricalcando i protocolli egizi, che davano al re nomi nuovi nel giorno della sua intronizzazione . La parola consigliere, yô ͑ēṣ (יוֹעֵץ), si ritrova spesso nella Scrittura, specialmente nei libri sapienziali (Pr 11,14; 12,20;15,22), ma qui si parla di un consigliere meraviglioso, le cui parole affascinano, generano meraviglia (Mt 22,22; Lc 4,22; Gv 7,15). Lo stesso epiteto meraviglioso lo troviamo nel salmo 119,29: «Meravigliose le tue testimonianze (segni, precetti); perciò le osserva l’anima mia». I titoli Dio potente, ʾēl gibbôr (אֵ֖ל גִּבּֽוֹר), che appare anche in Is 10,21, e Padre per sempre sono titoli divini; mentre il titolo di principe, sár (שַׂר), significa governatore, leader militare, ma designa anche i principi del santuario (שָֽׂרֵי־קֹ֙דֶשׁ֙) o principi di Dio (שָׂרֵ֣י הָאֱלֹהִ֔ים), cioè, coloro che officiavano nel Tempio. Secondo il Targum, questo figlio è il Messia, il «Dio potente, che vive in eterno».
Il «Suo giorno», di cui parla di Targum, è il giorno di YHWH, che il Messia fa proprio per il fatto di essere una cosa sola con Dio (Gv 10,30). Il profeta Amos scrive che il giorno di YHWH, sarà tenebra e non luce:
Guai a voi che bramate il giorno del Signore! Che mai gioverà a voi il giorno del Signore? Esso tenebra sarà, e non luce (Am 5,18).
Riguardo alla morte di Cristo sulla croce, S. Luca riporta: Era quasi l'ora sesta, quando si fece tenebra su tutta la terra fino all'ora nona (Lc 23,44).
Il mistero dell'incarnazione del verbo presso i rabbini
Nel Targum la Shekhinah, cioè, la Divina Presenza, si identifica con la Mēmərāh (Parola) del Signore. Nel Vangelo di Giovanni, è scritto:
E il Verbo si fece carne e si attendò tra noi (Gv 1,14).
«Verbo» è la traduzione del termine greco lógos (λόγος), che risponde all’ebraico dāḇār (דָּבָר) e all’aramaico mēmərāh (מימרא). È la Parola di Dio che si fece carne (sàrx), cioè, uomo, e «si attendò» (eskḗnōsen), cioè, pose la sua tenda in mezzo a noi. Il termine skēnḗ, tenda, oltre ad avere una certa consonanza con shekhinah, nella LXX indica la Tenda (o tabernacolo) della Testimonianza, dove Dio scendeva per parlare con Mosè, riempendola della sua divina Presenza, cioè, della sua Shekhina, la quale esprime «Dio visto in termini spazio-temporali come presenza, in modo particolare in questo contesto terreno» . Alla luce di quanto detto, appare, ora, molto più chiara l’espressione del profeta Osea: «Guai a loro, perché la mia carne viene da loro».
Un ulteriore riferimento alla carne di Dio, sembra trovarsi nella prima parte del Sal 136,25: «Egli dà il pane ad ogni carne (nōṯēn lɛḥɛm ləḵāl-bāśār)», che il Targum dei salmi traduce: «Egli dona il suo pane ad ogni carne». Secondo Rabbi Kimḥi, detto RaDaQ, grande esegeta e biblista medievale, cambiando la puntuazione della parola ləḵāl in lāḵāl, la frase assumerebbe il seguente significato: «Egli dona a tutti il pane che è carne». Spiega il Rabbi di Narbonne:
È detta inoltre una cosa nota: Egli dà a tutti del pane che è carne. È ciò che intende dire il Salmo 34,9: Gustate e vedete come è buono il Signore. Poiché il pane che egli dona a tutti è la sua stessa carne. E mentre il gusto dichiara il pane, questo è trasformato in carne. È ciò che dice il versetto: E vedete come è buono il Signore. E questa è una cosa sublime .
Nel quarto vangelo, la «mia carne» (Os 9,12), la «carne di Dio» (Sal 136,25), come abbiamo visto, è il Messia che si fa carne, uomo tra gli uomini (Gv 1,14) e che dona se stesso per la salvezza del mondo, come è riportato nel capitolo 6:
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne (sárx mou) per la vita del mondo (Gv 6,51).
Di Armando Savini