Cucina italiana patrimonio UNESCO, un riconoscimento culturale che cambia il turismo: rafforzata l’attrattività del Paese nel mondo

Non una ricetta ma un sistema culturale: il sigillo dell’UNESCO rafforza il brand Italia e apre nuove opportunità per territori, ristorazione ed esperienze enogastronomiche

La decisione dell’UNESCO di iscrivere la cucina italiana nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità non è soltanto un tributo alla qualità dei nostri piatti. È il riconoscimento di un intero sistema culturale: il modo in cui gli italiani cucinano, scelgono gli ingredienti, condividono il pasto, tramandano ricette e ritualità. Una cultura viva, stratificata, profondamente legata ai territori e alla loro storia.

Un riconoscimento che arriva in un momento strategico e che ha ricadute dirette su uno dei settori chiave dell’economia nazionale: il turismo. Perché se l’Italia è da sempre una destinazione desiderata, oggi la cucina – ufficialmente riconosciuta come patrimonio dell’umanità – diventa uno degli asset più potenti per rafforzare l’attrattività del Paese nel mondo.

Non una ricetta, ma una cultura

A differenza di altre candidature UNESCO, l’Italia non ha proposto un singolo piatto, una tecnica o un prodotto simbolo. L’UNESCO ha riconosciuto l’intera cultura culinaria italiana, fatta di convivialità, socialità, trasmissione intergenerazionale dei saperi, rispetto della stagionalità e forte connessione con i territori.Questo passaggio è decisivo anche sul piano turistico: da oggi l’Italia può raccontarsi non solo come patria di eccellenze gastronomiche, ma come modello culturale complesso, in cui il cibo diventa linguaggio identitario, esperienza e racconto del territorio. Un elemento che rafforza il brand Italia e apre nuove opportunità di posizionamento sui mercati internazionali.

Un volano per il turismo: numeri e prospettive

I dati confermano che l’enogastronomia è già uno dei principali driver di scelta per i viaggiatori. Secondo Confesercenti–Fiepet, la spesa dei turisti stranieri nella ristorazione italiana raggiungerà 12,7 miliardi di euro nel 2025, mentre 8 turisti su 10 dichiarano di scegliere l’Italia anche per la sua cucina.

Il riconoscimento UNESCO potrebbe amplificare ulteriormente questo trend: le stime parlano di fino a 18 milioni di presenze turistiche aggiuntive nei prossimi due anni. Una cifra che rende evidente come la cucina italiana non sia solo patrimonio culturale, ma anche infrastruttura economica e leva strategica per la crescita del turismo.

Non si tratta soltanto di aumentare i flussi, ma di intercettare una domanda sempre più orientata verso esperienze autentiche: corsi di cucina, visite ai produttori, mercati locali, agriturismi, ristorazione tradizionale, percorsi nei paesaggi agricoli.

Il precedente della pizza napoletana

L’effetto UNESCO sul turismo non è un’ipotesi astratta. Il riconoscimento dell’Arte dei pizzaioli napoletani, nel 2017, ha prodotto un incremento stimato di circa il 10% delle visite a Napoli e in Campania nei due anni successivi, accompagnato da una forte crescita dell’attenzione mediatica internazionale.

La differenza, oggi, è che il riconoscimento riguarda l’intero Paese. Ogni regione italiana potrà valorizzare la propria identità gastronomica come parte di un patrimonio culturale condiviso, autorevole e riconosciuto a livello globale.

Un’occasione per territori e aree interne

Il legame tra cucina italiana e territorio è uno degli elementi centrali del dossier UNESCO ed è anche la chiave della sua ricaduta turistica. L’enogastronomia consente infatti di distribuire i flussi oltre le grandi città, valorizzare borghi e aree interne, sostenere filiere locali e imprese agricole, contribuendo alla destagionalizzazione dell’offerta.

In un contesto segnato da fenomeni di overtourism in alcune destinazioni e da spopolamento in altre, la cucina italiana può diventare uno strumento di riequilibrio, capace di generare valore diffuso e di rafforzare il legame tra visitatori e comunità ospitanti.

Le critiche internazionali e il fraintendimento del riconoscimento

Non sono mancate, nelle ore successive all’annuncio, alcune critiche provenienti da media e osservatori internazionali, che hanno definito la candidatura italiana ridondante o eccessivamente ampia, sostenendo che la cucina italiana sia già universalmente conosciuta e quindi non bisognosa di tutela UNESCO.

Tra le più "feroci", senza dimenticare il Washington Post o il The Guardian, si distingue quella del giornalista e critico gastronomico del The Times, Giles Coren, che senza mezzi termini definisce la cucina italiana una truffa, sostenuta dagli ambienti radical chic britannici, raccontando anche le sue esperienze negative, anni dopo, con i ristoranti del Bel Paese.

A voler essere buoni, invidia a parte, le critiche sembrano però nascere da un fraintendimento di fondo. L’UNESCO non ha premiato la popolarità della cucina italiana, ma la sua struttura culturale, fatta di pratiche quotidiane, ritualità, saperi tramandati e legame con i territori. Proprio perché globalmente diffusa e spesso semplificata, la cucina italiana è oggi esposta a processi di omologazione. Il riconoscimento non la cristallizza, ma ne rafforza la tutela e la trasmissione, offrendo anche al turismo uno strumento culturale autorevole per promuovere esperienze autentiche e consapevoli.

Una tradizione da trasmettere

Il riconoscimento arriva infatti in una fase delicata. Come sottolineato da Roberta Garibaldi, componente del comitato scientifico che ha curato il dossier UNESCO, la cucina italiana è sempre meno praticata nella quotidianità domestica, soprattutto dalle generazioni più giovani.

Da qui l’urgenza di affiancare al riconoscimento politiche di educazione alimentare, comunicazione e trasmissione culturale. In questo quadro, il turismo assume un ruolo chiave: ogni esperienza enogastronomica, ogni laboratorio, ogni incontro tra visitatore e comunità locale diventa un atto di tutela culturale oltre che di sviluppo economico.

Il ruolo della ristorazione

La ristorazione, settore fondamentale dell’accoglienza, sarà uno dei protagonisti di questa nuova fase. Con oltre 300.000 imprese e più di un milione di lavoratori, rappresenta un punto di contatto diretto tra turisti e cultura italiana.

Il riconoscimento UNESCO, secondo Fiepet, stimolerà investimenti in formazione, qualità e valorizzazione delle ricette tradizionali, contribuendo a elevare lo standard complessivo dell’offerta turistica.

Conclusione: un riconoscimento che guarda al futuro

Il riconoscimento UNESCO della cucina italiana è molto più di un attestato di prestigio. È un’occasione per ridisegnare il modo in cui l’Italia si racconta al mondo, per rafforzare l’identità culturale, per valorizzare i territori attraverso esperienze autentiche, per generare crescita economica sostenibile.

È un punto di arrivo, certo, ma soprattutto un punto di partenza.

Da oggi la cucina italiana non è solo una tradizione: è ufficialmente un patrimonio dell’umanità. E il turismo sarà uno dei protagonisti della sua tutela e della sua rinascita.

Di Nicola Durante