Quando Dickens istituì il Natale inglese…con decreto in carta da bollo? No, con fantasmi e misteri

Per le feste i suoi racconti tornano puntuali in libreria. Attenti: se li leggete alla Vigilia, poi dovete diventare buoni per forza

Si sa: Babbo Natale, in tutto il mondo, è quel simpatico pacioccone dal vestito rosso. In Inghilterra, no: lì, per così dire, è lo scrittore Charles Dickens.

Merito delle sue storie natalizie di enorme successo - oggi come nella Londra ottocentesca - che lo hanno identificato per sempre con la più autentica cornice anglosassone del 25 dicembre: i regali, il vischio, il tacchino ripieno da mangiare in famiglia, il profumo del punch bollente. Un quadro intimo e accogliente che invita a superare i litigi familiari e a far prevalere la generosità.  

I veri e propri “Christmas Books dickensiani sono cinque e l’edizione più recente del 2025 è di Rusconi Libri. Furono riuniti in un unico volume nel 1852, ma il tema della riconciliazione e dei sentimenti edificanti era così congeniale allo scrittore che egli aveva già elaborato molte novelle natalizie fin da “Un pranzo di Natale” del 1835 fissandone i moduli tipici: la fanciulla rea di aver sposato un giovane indigente, la madre facoltosa e dapprima inflessibile, poi il perdono, il ritorno a casa, la gioia e la concordia ritrovata.

Dickens continuò poi a pubblicare regolarmente racconti simili ogni Natale dal 1850 al 1867. In pratica le festività non cominciavano se non ne scriveva uno sul suo giornale di narrativa e saggistica “Household Words” - molto rassicurante fin dal titolo che significa più o meno “alla buona come le parole di casa”. Togliere ai londinesi questa chicca, questa tradizione durata ben 17 anni, sempre attesissima e seguitissima? Sacrilegio! Senza arrivare a gettarsi nel Tamigi (forse), si sarebbero comunque rovinati tutta la scenografia natalizia.  

Canto di Natale” è di sicuro la vicenda più celebre e commovente: uscita il 19 dicembre 1843, il 25 aveva venduto 6000 copie ed era esaurita. Non a caso lo scrittore Robert Louis Stevenson disse di averla letta “singhiozzando” e che gli aveva ispirato il desiderio di uscire immediatamente per andare a regalare denaro in beneficenza.

Da allora, mai un momento di tregua per l’arcinota parabola del terribile avaro Ebenezer Scrooge che, dopo aver visto nella notte del 24 i fantasmi del Natale Passato, Presente e Futuro, si redime coltivando altruismo, bontà e semplici affetti casalinghi. Le sue ristampe, traduzioni in tutte le lingue, film, trasposizioni teatrali si sprecano, e Walt Disney battezza “Uncle Scrooge” l’arpagonico Zio Paperone. 

Da pochi giorni c’è in libreria anche una romantica variazione del “Canto di Natale” nelle cifre del paranormal-romance: “Good spirits. Un fantasma per Natale”, frizzante commedia in chiave moderna a firma B.K. Borison (Editore Gribaudo). La protagonista Harriet York non somiglia affatto a Scrooge, anzi è solare, cordiale e caritatevole, eppure riceve lo stesso la visita di Nolan, Fantasma del Natale Passato che la guida a ritroso nel tempo: perché? cosa possono mai cercare? e qual è la colpa che Harriet deve riparare?

Ugualmente, per gli altri quattro “Christmas Books, meno noti ma piacevolissimi, Dickens si attiene a un consolante messaggio di benevolenza, speranza, compassione.

Le Campane” (1844) narrano dell’umile fattorino Toby Veck vessato dai ricchi e tormentato da inquietanti spettri nella sera di Capodanno, tuttavia capace di reagire, respingere lo sconforto e avviarsi serenamente al matrimonio della figlia Meg, modesto ma benedetto dall’amore. Ne “Il grillo del focolare” (1845) il maturo Tackleton ha messo gli occhi sulla giovanissima May e vorrebbe costringerla a un arido matrimonio d’interesse, ma poi, intenerito dal clima natalizio, la lascia libera di sposare il suo fidanzato Edward.

La battaglia della vita” (1846) e “Il patto con il fantasma” (1848) inscenano le stesse situazioni vittoriane: difficoltà iniziali, miseria, fatti inspiegabili, personaggi rancorosi che si ravvedono, trionfo del bene, lieto fine nel più genuino spirito del Natale con lo zampino di un intervento soprannaturale.

Insomma, le trame predilette dai sudditi di Sua Maestà Britannica. Questione di DNA. E infatti, diceva il grande umorista Jerome K. Jerome, prendete due inglesi, la nottata di Natale, e piazzateli davanti al caminetto scoppiettante, magari sta pure nevicando e il vento ulula: subito si terrorizzano reciprocamente con paurose fiabe di fantasmi e sono felicissimi, divertendosi un mondo.

Perché il Natale, ovvio, non è solo quel numeretto segnato in rosso sul calendario. Il Natale è magia e proiezione dei nostri sogni. Soprattutto, è atmosfera. Se dickensiana, meglio ancora.

Di Carla Di Domenico