“Lucrezia Borgia”, al Maggio Musicale Fiorentino l’innovativa opera di Donizetti, tra psicologia e misticismo
Straordinarie le scene di Alberto Beltrame, impreziosite dall’emblematico e indispensabile disegno luci di Marco Alba. Si tratta di una colossale struttura girevole, che funge da interni e esterni del sontuoso e tenebroso palazzo Borgia, e dall’osteria frequentata da Gennaro e compagni. I cantanti si muovono sovente insieme alla scena e questo crea un effetto visivo eccezionale, quasi cinematografico.
Un’opera moderna e psicologica Lucrezia Borgia, dove Donizetti, già nel 1833, si dimostrava avanti con i tempi, abile sperimentatore.
È un’opera sull’amore filiale e sull’amicizia, un melodramma che mostra come i sentimenti più intensi siano in grado di smuovere i cuori anche dei più atroci. Lucrezia Borgia è proprio questo, una donna spietata che non fatica a mietere vittime, ma davanti all’apparizione di Gennaro, il figlio che le fu tolto in fasce e che ritrova dopo anni e anni, la donna viene scossa, ritrovando la sua pietà materna. Gennaro non sa di essere figlio Lucrezia, lo scoprirà solo nel finale, al momento della morte. Il giovane è perseguitato da Alfonso I D’Este, marito della protagonista, convinto che tra i due vi sia una relazione, anche lui stesso verrà a conoscenza della verità al momento della tragica fine, inflitta per veleno a Gennaro e ai suoi amici.
Un bell’allestimento quello visto all’Opera di Firenze venerdì 14 novembre 2025, con una regia di Andrea Bernard dai ritmi ben scanditi, aiutato da una composizione innovativa per il tempo, che rinuncia alle sezioni chiuse, a favore di un flusso continuo e coerente delle azioni. Il tutto inserito in una dimensione senza luogo e senza tempo, dove Venezia e Ferrara si trasfigurano a favore di un’atmosfera mistica e gotica, coi costumi di Elena Beccaro che ci conducono all’Ottocento, spogliando Gennaro e i suoi amici di tutto l’armentario militare: non sono più soldati, ma un gruppo di bohémien in cerca di avventure e di sbronze, divertiti a fare scherzetti ai Borgia.
Straordinarie le scene di Alberto Beltrame, impreziosite dall’emblematico e indispensabile disegno luci di Marco Alba. Si tratta di una colossale struttura girevole, che funge da interni e esterni del sontuoso e tenebroso palazzo Borgia, e dall’osteria frequentata da Gennaro e compagni. I cantanti si muovono sovente insieme alla scena e questo crea un effetto visivo eccezionale, quasi cinematografico. Sullo sfondo della struttura si scorgono anfratti dove si mostrano scene mistiche e rituali, con la ricorrenza della culla come oggetto scenico, a ricordo di quel bimbo che fu portato via alla nascita.
Potenti le scene corali – come al solito un plauso a Lorenzo Fratini e a tutti i membri del coro per la precisa performance -, che partecipano attivamente all’atmosfera dell’allestimento - vedi il folto gruppo di ecclesiastici della casata Borgia a riempire l’ambiente.
Tra i cantanti emerge l’applauditissima Jessica Pratt, autrice di un’ottima prova, attraverso il suo stile fluentemente musicale, preciso, delicato e compassato. Manca forse nella sua esibizione quel tocco di tragico in più che non avrebbe sfigurato, ma la sua interpretazione è sicuramente all’altezza, anche a livello espressivo e teatrale, tenendo anche conto del libretto a volte un po’ ferraginoso di Felice Romani (non, almeno a mio avviso, tra i suoi testi migliori).
René Barbera è un Gennaro squillante e vigoroso, capace d’imprimere nel personaggio passione e pathos, attraverso il suo timbro caldo e le sue movenze incalzanti.
Plauso a Laura Verrecchia, che, col suo timbro da mezzosoprano, è una bravissima interprete di Maffio Orsini, in origine un contralto en travesti. La sua forza è squisitamente espressiva e teatrale, rivelandosi il personaggio più dinamico e carismatico dell’opera e la cantante è riuscita in pieno a restituire quella freschezza e quel carisma.
Tra gli interpreti principali, buonissima anche la prova di Mirco Palazzi, nel ruolo di Alfonso I d'Este, un personaggio non semplice da performare, in bilico tra la propensione per la superbia e la soggiogazione verso la moglie.
Dello stesso livello la prova degli altri cantanti sul palco: Daniele Falcone, Gonzalo Godoy Sepúlveda, Davide Sodini, Yaozhou Hou, Mattia Denti, Antonio Mandrillo, Huigang Liu, Dielli Hoxha, tutti meritevoli di plauso.
Magnifica la prova del Maestro Giampaolo Bisanti alla guida dell’Orchestra del Maggio, sapendo dirigere con precisione una partitura non semplice, che dall’inizio alla fine ha bisogno di quella giusta tensione sonora che non deve essere infranta: non è stata infranta, il pensiero di Donizetti è fluito senza ostacoli, permettendoci di assaporare con piacevolezza questa particolare creazione che stupisce pensare essere stata scritta nel primo trentennio dell’Ottocento.
Stefano Duranti Poccetti