Margherita Eichberg (architetto, soprintendente MiC) :"Fretta che porta ad gravi errori nel danno alla Torre dei Conti: una storia simile a quella di mia figlia Lisa"

Margherita Eichberg è stata intervistata da il Giornale d'Italia: "Mancanza di opere provvisionali e tempistiche troppo strette possibili concause dei crolli alla Torre dei Conti. La tipica fretta che ha portato anche alla morte di mia figlia per un trapianto di midollo non necessario, medici assolti"

Margherita Eichberg è stata intervistata da Il Giornale d'Italia riguardo al crollo della Torre dei Conti che è avvenuto in concomitanza con l'anniversario della morte di sua figlia Lisa.

Quali possono essere state le cause del crollo della Torre dei Conti?

"Da quello che si è visto nei filmati e dalle informazioni che ho raccolto nel mondo romano, tra le cause sembra rilevarsi lo smontaggio di alcune murature sottostanti i solai e l'assenza di opere provvisionali, che il progetto avrebbe dovuto prevedere e la ditta eseguire prima di cominciare”.

Cosa sono queste opere provvisionali?

"Sono dei puntellamenti, ovvero sostegni temporanei per i solai e, più in generale, per le murature e gli elementi più esposti. Il progettista li prevede, e anche il responsabile della sicurezza, per evitare rischi per il monumento, e per la sicurezza di chi lavora sul posto. Si chiamano opere provvisionali perché sono temporanee. Successivamente vengono sostituite dalle opere di consolidamento, che sicuramente erano previste nel progetto. Da informazioni che circolano sembra che siano stati fatti degli smontaggi locali, che hanno alterato gli equilibri dei carichi e possono aver prodotto una catena di crolli."

Gli esami preliminari, quali erano e quali dovrebbero essere in questo caso? Hanno messo in luce qualcosa?

"Ogni progetto su un edificio pubblico prevede uno studio dal punto di vista strutturale per avere certezza della sua stabilità e della possibilità di adibirlo all'utilizzo a cui si prevede di destinarlo. In questo caso sicuramente i progettisti avranno fatto delle prove per verificare la tenuta delle murature, delle prove geologiche per vedere, nell’intorno, che tipo di resistenza offre il terreno. E poi devono vedere anche i solai, come sono ammorsati e quale carico possono sostenere. I progettisti fanno tutta una serie di simulazioni con programmi informatici per verificare non solo se l'edificio sta in piedi, ma anche come reagisce alle sollecitazioni sismiche, nella situazione ante operam e dopo i lavori, perché ormai in tutta Italia bisogna fare queste verifiche con le nuove norme tecniche sulle costruzioni"

E il fatto di essere stato abbandonato dal 2006 ha influito sull'evento?

"Mi sembra che ad aver determinato il crollo sia stato soprattutto quanto accaduto nei lavori. L’abbandono forse ha influito, relativamente, perché la continuità d'uso consente di porsi il problema di manutenere un immobile, e di controllarne eventuali manifestazioni di danno. L’abbandono può aver aggravato eventuali infiltrazioni d'acqua, e favorito la perdita del controllo anche di un eventuale quadro fessurativo, che comunque il progetto dovrebbe aver adeguatamente studiato. A quanto si sa nel mondo degli addetti ai lavori, è un lavoro che ha avuto progettisti di buona fama e anche due ditte esecutrici serie. E’ piuttosto la tempistica, condizionata dalla fretta di chiudere questi lavori, in ottemperanza alle scadenze del PNRR, che può aver provocato una perdita di attenzione su tutti i fattori in gioco"

La tempistica ha inciso fortemente, perché comunque il dover consegnare ad una scadenza vicina ha accelerato i lavori, giusto?

"La fretta è quella che ci impongono i finanziamenti europei legati al PNRR. Il filone di finanziamento che si chiama Caput Mundi, ha una scadenza tassativa che è quella della fine di giugno dell'anno prossimo, e sono tempi che mal si conciliano con i lavori sui monumenti. Come nella cura dei malati anziani c'è la possibilità di una risposta imprevedibile alle terapie, così per la cura dei monumenti è necessaria competenza, cautela e verifica in itinere della bontà dell'esecuzione di ogni opera da parte di chi dirige i lavori. Tutte queste cose con una tempistica così serrata possono mancare, essendoci in questo momento una forte domanda di lavoro nel restauro da parte del mercato pubblico che gestisce questi finanziamenti (uffici statali, ma anche uffici regionali, curie – che non sono enti pubblici ma che stanno eseguendo lavori con le linee di finanziamento del PNRR -, uffici comunali). C'è una forte domanda, e il mondo delle imprese che lavorano nel restauro deve trovare mezzi ed esecutori idonei per far fronte a questa mole di lavoro in tempi tanto serrati. Quindi è possibile, in questo clima di fretta, che non tutto venga fatto bene, a regola d'arte, perché l'esecuzione è meno serena"

Adesso che la torre ovviamente è inagibile, come si procede normalmente per un bene di questo tipo?

"Intanto dobbiamo dire che la torre è un monumento e quindi ogni ipotesi di demolizione va assolutamente scartata. Il monumento è tutelato tre volte, sia perché è un bene pubblico con più di 70 anni, sia perché c'è un decreto di importante interesse culturale sul monumento, e perché è tutelato dall'appartenenza a via dei Fori imperiali. E’ infine in area UNESCO. Ci sono più tutele sovrapposte e quindi bisogna provvedere da subito a puntellare l'edificio o  metterlo in sicurezza con altre opere provvisionali, e poi fare le operazioni di consolidamento delle murature, che il progetto aveva previsto ma che nell’esecuzione sono state precedute dai pericolosi smontaggi"

Volevo che mi raccontasse un po' la storia di sua figlia e del discorso che ha avuto tre vite.

"Il numero 3 ricorre nella storia di mia figlia e anche nell'intervista di oggi, perché il crollo della Torre dei Conti è avvenuto il 3 novembre, che erano esattamente 5 anni da quando nostra figlia è deceduta. E poi 3 sono le vite che Lisa ha avuto, come abbiamo raccontato nel libro.

Una vita è stata quella breve con la madre naturale, poi ha avuto una seconda vita durante la sua istituzionalizzazione, perché in Ucraina è stata in istituto per quasi 3 anni (un altro 3). La storia di mia figlia, in un certo senso, fa il paio con il crollo della Torre. Una delle probabili motivazioni del danno fatto è sempre quella della fretta, dell'interventismo. La volontà di praticare in maniera frettolosa una serie di azioni, spesso troppo avventate.

Andando con ordine, la malattia di Lisa si è manifestata in modo occasionale a giugno 2020, quando è caduta da un monopattino elettrico. Il grosso e brutto livido che le è comparso è stato il primo e unico sintomo visibile della sua malattia, quello che mi ha insospettito sulla possibile presenza di una patologia ematologica"


Lisa pochi giorni prima della caduta in monopattino

Il trapianto non avrebbe dovuto essere l'ultima scelta in questo caso?

"C'erano delle terapie di primo livello per la patologia che le hanno diagnosticato, che aveva una causa ignota; aveva un disordine ematologico di natura non oncologica, forse una manifestazione autoimmune, forse causata da un virus che Lisa ha contratto, o comunque una forma di autoimmunità che durante la crescita può svilupparsi nei ragazzi. Il corpo medico dell’ospedale Bambino Gesù non ha voluto curare Lisa con cautela somministrandole terapie farmacologiche, ovvero rispettando – in analogia con il mondo del restauro – il principio del minimo intervento.

Sui monumenti che mostrano segni di degrado si interviene sempre facendo prima piccole azioni e modifiche, nel rispetto dell’autenticità del bene culturale, e perché si presuppone che le forti manomissioni producano danni peggiori.

La stessa cosa dovrebbe avvenire con le persone che manifestano sintomi di qualsiasi malattia: prima si deve capire da cosa derivano i sintomi, con attenzione verso il paziente, ed evitando di sequestrarlo come invece fatto con mia figlia, che si sentiva bene e non c’era motivo di tenerla ricoverata per 52 giorni; poi si deve praticare la terapia meno invasiva possibile, perché così vorrebbe il famoso principio “primum non nocere” che dovrebbe guidare l'azione di ogni medico.

Tenendo nostra figlia ricoverata per 52 giorni hanno impedito a noi familiari di praticare ogni alternativa, di consultare altri specialisti. E l’hanno fatta soffrire. Tenere un’adolescente che si sente bene rinchiusa tra le mura di un ospedale, essendoci la possibilità dell’assistenza in day hospital, è una scelta ingiustificata e un abuso della persona stessa. La nostra sensazione è che il lungo ricovero avesse lo scopo di non perdere un paziente per l'ospedale, il Bambino Gesù, interessato a fare ricerca e volumi di attività. Di scegliere, e farci condividere, le terapie più complesse e remunerative

C’è stata infatti la scelta del trapianto come prima opzione terapeutica, che è stata praticata in maniera “criminale”, perché non hanno minimamente valutato – al momento dell’infusione (il trapianto di midollo è una infusione in vena di una donazione liquida, di cellule staminali ematopoietiche prelevate con il sangue ad un donatore vivo), le conseguenze di un trapianto che si presentava come una condanna a morte, visto che hanno infuso a Lisa, con il “midollo”, un sangue di gruppo incompatibile in una quantità assolutamente fuori da ogni parametro di tolleranza. Lisa aveva sviluppato abbondanti anticorpi avverso il gruppo della donatrice, per un paio di infusioni di piastrine fatte da donatore di quel gruppo, comunque incompatibile con il suo. Ed ecco cosa è successo: ha avuto un'emolisi massiva, e peraltro, avendole dato per mesi una quantità smisurata di antibiotici, somministrati in assenza di infezione, a solo scopo profilattico, nella lunga e ingiustificata degenza, i medici hanno creato tutte le premesse perché arrivasse un batterio, a fare ufficialmente da killer. Hanno fatto tutto ciò che dovevano per praticare la terapia più interessante per l'azienda ospedaliera, più interessante per i loro trial, più remunerativa per le loro casse, e naturalmente quella che più li cautelava dal punto di vista giudiziario penale. Hanno voluto infatti farla morire di infezione, … anzi “con” l'infezione, perché non sappiamo nemmeno se nostra figlia è morta di infezione oppure per le conseguenze dell'emolisi massiva, ovvero per la crisi multiorgano. E comunque l’infezione è diretta conseguenza di entrambe le procedure, quella profilattica antibiotica (ingiustificata), e quella del trapianto di midollo (scriteriato), della “cura” praticata eludendo ogni parametro di protocollo e senza un piano B in caso di donazione di midollo insufficiente”

Ad oggi non avete una causa di morte definitiva?

"Ad oggi, in realtà, hanno semplicemente scagionato i medici che erano stati imputati per omicidio colposo, perché secondo il perito del tribunale hanno fatto tutto ciò che dovevano fare. Questa è, in realtà, la loro conclusione. Di diverso avviso invece è – oltre ai nostri periti - il perito del Pubblico Ministero, che ha sempre evidenziato gli errori commessi sia nella gestione di Lisa durante il ricovero lungo di 52 giorni, sia durante la pratica del trapianto di midollo. Sono stati ignorati tutta una serie di parametri anche in fase trapiantologica, esponendo Lisa non solo a un rischio, ma praticamente alla certezza sia del rigetto sia delle conseguenze dell’emolisi massiva".

Era partita poi una sorta di raccolta firme per cambiare questa procedura di trapianti, giusto?

"Noi abbiamo fatto prima una petizione e poi siamo riusciti ad ottenere, grazie ai rapporti personali di mio marito con alcuni componenti del Centro Nazionale Trapianti e del Ministero della Salute, una modifica nel protocollo per i trapianti di midollo non urgenti. Il trapianto di Lisa non era urgente, è stato programmato. Siamo rientrate in ospedale il 7 ottobre 2020, a due mesi dalle dimissioni dal primo  lungo ricovero. Il nuovo protocollo in questi casi prevede di compilare la scheda del donatore di riserva, una precauzione che nei centri trapiantologici seri, dove si pensa a far vivere il malato piuttosto che a fare numeri, veniva già adottata, e soprattutto, in epoca Covid (quando Lisa è stata trapiantata), e con l’intenzione di evitare contagi, già esistevano delle circolari che dicevano di allertare un donatore di riserva, o in alternativa di congelare la donazione del midollo quando arrivava, e di iniziare a preparare il malato da trapiantare solo una volta verificata l'idoneità del midollo arrivato.

Lisa invece è stata preparata a ricevere il trapianto di midollo prima che il midollo arrivasse, con un forte condizionamento farmacologico. La preparazione le ha abbassato le difese immunitarie a zero perché doveva ricevere un midollo da donatrice non familiare. Una volta arrivata questa donazione, così clamorosamente insufficiente, non avevano un piano B pronto e non hanno voluto neppure chiamare il fratello, che era stato esaminato tre mesi prima quando avevano iniziato la ricerca del donatore ed era risultato aploidentico. Il fratello, il piano B, quello che avrebbe dato un midollo che non l’avrebbe fatta morire, non è stato chiamato, nel momento del bisogno, a causa della fretta nelle procedure, per voler fare tante cose in poco tempo, in un ospedale che “macina” numeri senza pensare alle possibili conseguenze mortali. Sempre il rischio della fretta, per la volontà di fare tante cose, avendo già a monte scelto di fare le cose più impegnative. E’ la stessa cosa che succede oggi nel restauro dei monumenti. Si vogliono fare tanti interventi, spendere tanti soldi (anche per far lavorare le imprese), tagliare tanti nastri per avere consenso, avere tanta visibilità per essere “attrattivi”. Basterebbe il minimo intervento per conservare i nostri beni culturali. Ed una valorizzazione meno aggressiva dei nostri monumenti.

Tutto questo produce forti rischi, e nel caso di Lisa il rischio è diventato certezza di danno gravissimo, quando è arrivato dalla Germania il midollo, inadeguato, e loro hanno deciso di infonderlo comunque, accontentandosi di fare a Lisa una plasmaferesi per abbassarle gli anticorpi. Una sola, per la fretta e la superficialità, tanto lì dentro sono coperti dalla narrazione dei media allineati, che riferisce di un ospedale che vanta le eccellenze italiane in questo campo.

Il risultato è che Lisa, già durante l'infusione (durata 13 ore), ha sofferto atroci dolori fino allo svenimento, che si sono protratti tra alti e bassi fino al giorno della morte. Il suo sistema era ormai squilibrato, il suo cuore è andato in tilt, con i reni, il fegato e i polmoni.

Come quando, volendo consolidare un monumento, si facevano una serie di azioni “a casaccio”,  provocando danni ancora maggiori. Consolidare un monumento è come curare un malato: bisogna prima vedere tutti i sintomi che manifesta, bisogna prima capire come e quanto è meglio agire, e dove è meglio intervenire per evitare che si creino danni peggiori"

La storia della Torre dei Conti e la resilienza degli organismi

La Torre dei Conti è un edificio eterogeneo e frequentemente rimaneggiato. La torre fu costruita intorno all'anno 858 da Pietro dei Conti di Anagni e ingloba un manufatto di età imperiale, facente parte dei Fori imperiali, precisamente una parte dell’ala laterale del Foro della Pace risalente all’epoca di Vespasiano (71-75 d.C.). Nel 1203 Riccardo dei Conti di Segni, fratello di Innocenzo III, fece rialzare e quasi ricostruire la torre, che all’epoca raggiungeva un’altezza superiore ai 60 metri.

Nel 1348 la torre subì un crollo parziale dovuto a un forte terremoto che colpì Roma, come riportato anche da Petrarca che la descrisse come "decapitata". La torre, che un tempo era rivestita da marmi e travertini provenienti dai monumenti romani, conserva oggi solo la parte inferiore, ma con un nucleo murario solido, seppur eterogeneo, che presenta alcune fragilità. 

"Nulla di irreparabile, le fragilità della Torre dei Conti. E per contro sarebbe irreparabile il danno, la perdita di un pezzo di storia di Roma, se qualche mente scellerata volesse sostituire la Torre con altro manufatto, cosa peraltro impossibile per le leggi di tutela.

Sostituirla sarebbe una perdita di identità, per Roma. La perdita di quello spirito che fa ancora vivere - soccorrendole, supportandole, rivestendole - le vestigia del nostro augusto passato, capaci di quella resilienza che ogni organismo, materiale o animato, sa sviluppare… se non incontra la mano aggressiva degli INTERESSI."