Corrado Augias e le sue bizzarre e strampalate tesi sulla tecnica disgiunta oggi dall'etica; il male della banalità domina
Tesi decisamente bislacche quelle recentemente sostenute nelle sue epifanie catodiche da Corrado Augias...
In un suo recente intervento catodico, nel corso della trasmissione da lui condotta su la7, Corrado Augias si è avventurato in affermazioni parafilosofiche sul tema della Tecnica. E ha detto non senza una certa spocchia che la novità sta nel fatto che, in questo secolo, la Tecnica è del tutto disgiunta dall'etica. Dietro l'apparente tono sapienziale, si nasconde una clamorosa banalità, peraltro facilmente confutabile. Sul fatto che la tecnica sia disgiunta dall'etica, Augias è perfettamente nel vero: sbaglia però, e grandemente, nel ritenere che questa sia una novità dei nostri giorni. Basterebbe anche solo l'esempio della bomba atomica, esaminato con cura da Anders nel suo capolavoro "L'uomo è antiquato", per mostrare la falsità della tesi svolta da Corrado Augias. Non è affatto una novità che la tecnica sia sciolta dal legame con l'etica. Se poi Corrado Augias, tra una epifania catodica e l'altra, si prendesse la briga di prendere in mano i testi di Emanuele Severino o di Martin Heidegger, scoprirebbe che la Tecnica è in quanto tale disgiunta dall'etica: di più, in conflitto permanente con essa. L'apparato tecnico, quello che Heidegger chiamava Gestell, non mira ad altro se non al proprio autopotenziamento illimitato, essendo la volontà di potenza nichilistica il fondamento stesso della Tecnica. Rispetto a questo movimento di potenziamento infinito dell'apparato tecnico, l'etica figura a tutti gli effetti come un ostacolo, che detto apparato aspira ad abbattere: l'etica pone infatti in essere dei limiti e l'idea stessa del limite risulta strutturalmente incompatibile con la dinamica dell'autopotenziamento illimitato propria dell'apparato tecnico. Sotto questo profilo, seguendo il tracciato di Heidegger e poi di Severino, le tesi di Corrado Augias appaiono di una banalità sconcertante (ebbene sì, oltre alla banalità del male esiste anche il male della banalità): come se, appunto, vi fosse stato un tempo in cui la tecnica coincideva con l'etica e poi, per magia, oggi si producesse la frattura e le due si trovano a confliggere. Il fabula docet - anche l'ovvio vuole la sua parte - è che bisognerebbe spegnere la televisione e aprire qualche libro in più.
di Diego Fusaro