L'occhio ermetico del Fauno tra i veli chiaroscurali di Cibele: cioè l'opera fotografica neoclassica-barocca di Gabriele Germano

Come la fotografia artistica possa triangolare tra tecnica, arte e natura tramite salti di scala e uno sguardo trasparente-trasfigurante

Nato a La Spezia cresciuto a Riomaggiore e attualmente operante a Levanto, da sempre è stato affascinato dal mondo della fotografia e dell’arte contemporanea. Da ragazzo sentiva il bisogno di fotografare le cose più disparate e frequentava gli studi dei fotografi della sua città e di quelle in cui si trovava per lavoro. Le prime foto le ha fatte con una Olympus Trip 35 di suo padre, che anni dopo gli regalò una reflex Nikon con la quale ha iniziato ad approcciarmi più seriamente al mondo della fotografia. Attraverso la contemporanea lettura di riviste specializzate e libri di grandi fotografi, tra cui, “Il negativo” di Ansel Adams e “Il libro della fotografia a colori” di Feininger, gli si è aperto un mondo su quella che è la fotografia analogica, sia in bianco che a colori; illuminante è stata, inoltre, per l’artista la lettura del saggio “La camera chiara” di Roland Barthes. A metà degli anni Novanta ha vissuto per cinque anni a Fasano, in Puglia, dove ho incrociato il maestro Nicola Brunetti, che lo ha introdotto, nella sua camera oscura, al processo di sviluppo e stampa delle pellicole in bianco e nero. Grazie al suo impulso, ritornato nella sua Liguria, tutt’ora si dedica alla fotografia analogica in bianco e nero e allo sviluppo della pellicola. Con l’avvento del digitale si è approcciato a un nuovo modo di fare fotografia. Ascoltiamo le sue parole: “ritengo che la fotografia digitale, benché più immediata, pratica e performante, abbia bisogno anch’essa di studio e che, essendo essi processi creativi diversi, non potrà mai sostituire la fotografia analogica….nell’ultimo decennio la mia attività fotografica ha avuto una decisiva svolta grazie al mio crescente interesse per la macrofotografia che mi permette di documentare la bellezza della natura, esplorandola con la luce, fino a rappresentarne gli aspetti più intimi. In questo mio percorso ho avuto la fortuna di aver incontrato il maestro Renzo Bighetti, scultore, e da lui essere stato ispirato e spronato ad andare sempre “più dentro” ai soggetti, alle loro forme e alla loro essenza.” Un artista che mi ha sorpreso per lo sguardo trasparente e l’illusione di immediatezza che conferisce con le sue opere (e l’illusione è componente importante dell’arte) oltre che per il senso di silenzio meditativo e di concentrazione noetica che si accompagna alla percezione artistica dei suoi lavori. Per questo ho usato l’immagine del “fauno-sileno” (simbolo filosofico-iniziatico) dentro le dinamiche basiche di Cibele, cioè della Natura, applicando ai lavori sulle conchiglie di Germano la struttura archetipale pittorica del satiro che osserva la Donna dormiente, captandole le bellezze occulte. Capiamone di più parlando direttamente con l’artista…

La tua opera fotografica mi stupisce per l'essenzialità: fotografie di conchiglie, piume, radici, come a seguire un'ossessione conoscitiva-rappresentativa, che già fu del maturo Junger. Come e quando sorge questo "sguardo"?

Sono ligure e la natura, fin da subito, si è imposta prepotentemente nella mia vita: il vento salmastro e sferzante, il mare in tempesta, le coste scoscese e la verde vegetazione. Solo in età matura il mio sguardo non si è più rivolto esclusivamente a ciò che mi era immediato, ma ho cominciato a cercare qualcosa di più intimo. La mia attenzione nei confronti dell’essenzialità nasce da uno studio approfondito della realtà e dalla natura che mi circonda; infatti, agli inizi la mia attività fotografica era volta a catturarne gli elementi più vari e disparati; pian piano, attraverso la continua sperimentazione, ho deciso di indirizzare le mie ricerche verso elementi più specifici cercando di approfondire determinati aspetti che mi permettessero di estrapolarne l’essenza.

Mi hanno affascinato specialmente le tue "conchiglie artistiche" che in realtà, come sempre nell'arte, diventano qualcos'altro. Una natura oltre la natura?

Si, precisamente. Una natura oltre la natura; forme all’interno di forme, dimensioni all’interno di dimensioni. La natura che muta attraverso lo sguardo o meglio attraverso l’obbiettivo.

Noto anche una componente concettuale-mentale nei tuoi lavori. Il tuo sguardo che si concentra su microcosmi visivi sembra donarci forme assolute, mentali. Ti riconosci in questa dimensione filosofico-meditativa?

Si, mi riconosco in questa dimensione. La mia è una ricerca visiva e mentale continua, una vera e propria meditazione verso ciò che ci circonda e che non è immediato al nostro sguardo.

Una tua opera mostra un dettaglio di una conchiglia che ricorda una colonna tortile barocca. L'arte è già dentro la natura? Tu ne sei ostetrico?

Assolutamente, l’arte è già dentro la natura e le mie ricerche sono indirizzate a rivelarne i suoi aspetti più intimi. Lungi da me fare paragoni troppo alti, ma ricordiamo che lo pensava saggiamente anche Michelangelo nel sostenere che l’opera fosse già all’interno del blocco di marmo, e che fosse compito dell’autore farla uscire.

Cosa possiamo imparare dalla contemplazione della natura quale oggetto e quale sguardo?

Dalla contemplazione della natura possiamo renderci conto della sua perfezione che non cessa mai di meravigliarci con la bellezza assoluta. Si tratta di uno scambio reciproco, l’artista non è altro che medium attraverso cui l’arte si manifesta.

Il bianco e nero e la luce. Quale è la tua esperienza artistica della luce e dei colori?

La fotografia in bianco e nero e quella a colori sono due mezzi espressivi ben distinti: fotografo a colori specie quando voglio riprodurre un soggetto in modo realistico; mentre quando voglio indagare a fondo il soggetto e coglierne l’essenza, fotografo in bianco e nero. L’uso della luce e dell’ombra mi permette di tradurre la realtà in una forma che contiene ed esprime l’essenza del soggetto creando elementi plastici indissolubili ed essenziali.

Tutti cercano o sembrano cercare l'estremo, l'assoluto, l'indeterminato invece la tua opera si concentra sul minuscolo, sui dettagli. E' una scelta etica o estetica? Cosa possiamo trovare nel profondo delle tue scelte?

La mia è una ricerca in un primo momento etica, poiché ritengo che nella semplicità delle piccole cose sia racchiusa la vera grandezza. Questa ricerca si traduce inevitabilmente in estetica, cercando di eliminare tutto ciò che risulta superfluo per far affiorare ciò che è nascosto.

Grazie Germano. Ho messo in copertina quel dettaglio di una tua conchiglia (perchè l'arte ricrea il senso del reale) in quanto sembra una colonna tortile barocca e di quel barocco che include in se stesso il neo-classico. Calasso e Carmelo Bene definivano il "neo-classico" quale sintesi di selvaggio e di una ripresa del "senza-tempo" del classico. Come dici tu bene l'arte è già in natura e questa tua deliziosa opera lo conferma e lo irradia in quelle forme curve perfette che superano i limiti angusti dello spazio e del tempo trasfigurandoli in matrici vive e spiritualizzanti.