Burri e Fontana alle Galleria d’Italia di Napoli: il rapporto pesantezza-leggerezza e la dialettica tra invisibile e il visibile

Burri e Fontana, appartengono all’immaginario alto della nostra attualità, perché hanno segnato e continuano a segnare le due questioni di fondo di tutta la fenomenologia dell’arte, il rapporto pesantezza leggerezza e la dialettica tra invisibile e il visibile

L’intuizione di mettere insieme due maestri “fenomenicamente” e “matericamente” opposti come Burri e Fontana, non poteva che nascere dalla fervida e preziosa attività delle Gallerie d’Italia di Napoli, che si sono fatte conoscere per l’arditezza delle loro scelte e la spettacolarità delle loro proposte. Burri e Fontana, appartengono all’immaginario alto della nostra attualità, perché hanno segnato e continuano a segnare le due questioni di fondo di tutta la fenomenologia dell’arte, il rapporto pesantezza leggerezza e la dialettica tra invisibile e il visibile.

Metterli insieme in una sala con Manzoni, Boetti e Castellani nella collezione permanente, è come immaginare un grande specchio in cui terra e cielo si mandano dei messaggi, non sempre comprensibili, come non sempre comprensibile è stato il tempo che li ha visti protagonisti, interruttori fenomenali di una grande corrente energetica che ha attraversato grandi tragedie, cercando nell’analisi storica e critica, le ragioni per comprenderle profondamente e nell’arditezza poetica delle scelte e delle pratiche immaginarie e plastiche, una sorta di grande verifica. Come a dire, che bisogna sempre collegare l’intelligenza e la testa, dello studium, con l’emozione e il cuore del punctum, perché mancare dell’uno o dell’altro, sarebbe come rimanere in un grande poema incompiuto, in cui tutto il sospeso, si sarebbe mangiata sia la forma che il contenuto, di una esplorazione profonda delle grandi caverne dell’essere, delle intuizioni spaziali del desiderio.

Burri e Fontana, sembrano essere fatti apposta per un necessario confronto tra il pieno e il vuoto, obbligando l’uno a sfuggire alla pesantezza, per diventare metafora del creato che è con noi, che ostacola, ma nello stesso tempo permette la nostra vita, con le sfuggenti intuizioni spaziali che non hanno direzioni in cui procedere, perché le possediamo tutte e con esse, la negazione del movimento reale, per affermarne uno speciale, totalmente virtuale.

Eppure il paradosso è, che le due vite, quella di Burri e quella di Fontana scorrono del tutto parallele, senza momenti di intersezione, né analogie, né confronti, come in due universi che si sono ignorati a tal punto da presentarsi a noi come diversità assolute, ma poi come sempre avviene, l’inconciliabile si converte nel suo opposto, in una sorta di inscindibile nesso tra la fisica di rapporti molecolari, resi visibili dalla loro consistenza e la metafisica di rapporti analoghi, diventati trasparenti e impalpabili.

Burri ha affondato nella materia la sua mano chirurgica di suturatore, di distruttore, di trasformatore, che parte da una materialità povera, residuale, quella dei sacchi di juta, per procedere alla bruciatura delle plastiche e approdare alle crettature, che segnano l’unità e la fanno diventare moltiplicazione e pluralità codificando una sorta di enciclopedia del farsi e disfarsi del linguaggio, come metafore della vita e della morte.

Fontana si è infilato nel buco dell’indeterminatezza, nella dialettica di un uno-tutto, che sconfina con lo stesso concetto di Dio, per cui i suoi tagli, le sue ferite delle superfici immacolate, i suoi buchi, sono diventati i segni di una meccanica della contaminazione del pensiero con l’azione, arrivando al colore come suprema astrazione del concetto spaziale, che non è dipinto, ma è ricavato all’inconsistenza che si ribalta nel suo opposto, in una forte realtà del pensiero.

Comunque, il paradosso dei paradossi, è la forte popolarità di questi due artisti difficili, un pittore di formazione e un medico pentito, che hanno scalato i vertici del mercato internazionale, a conferma che il mercato dell’arte è del tutto speciale, tira fuori una grande intelligenza, scarta la banalità e la decorazione, s’infila nel difficile e lo fa diventare realtà!

di Pasquale Lettieri