“Moloch”, poesia tratta dalla silloge del 2018, “Occhio e assenza”, edita da Raffaelli editore e ancora molto attuale, purtroppo

Poesia ancora attuale vista la situazione a Gaza

Un balzano mambo d’insecchite membra.

Cenci di carni tirate a pelle di tamburo,

che agitano spasmose, atroci sofferenze,

nell’aria fumida di esiziali rimedi,

cristalli di neve non fanno mezza colomba

per i bimbi la cui paura ossida le celesti sfere,

e bimbi figli del Nazareno dormono tranquilli,

agli altri una lettiga di spini di ferro.

E come si poteva non rispondere solleciti e inacerbati

alla fandonia della “pandemia sionista”

senza un mantello avvelenato grande come

il priapismo di una Nazione?

Pure qualcuno vi trovò di che rallegrarsi

e gettar la razza eletta nell’apogeo delle stelle,

mentre l’uomo in bianco affettava i sermoni

sotto le sonnolente alcove dorate della nuova Pietas.

Il cielo di Palestina, oggi, non è cielo –

e vedo Lorca rammaricarsi d’aver pianto

nel cuore della propria linfa,

e vedo Levi irrigidirsi in un novello dubbio.

E Hannah Arendt?

La banalità del Male le è sopravvissuta,

e giganteggia ben oltre le sue previsioni,

ma ciò che allora era moloch elefantiaco,

è oggi piccolo grano di sangue

nella macina di un ethos netto e democratico.

Colossi d’argilla vergata con le lettere E-m-e-t,

cui sempre incombeva di veder defalcata la prima

per piombare in un vuoto di volontà 

e nell’oblio di sé che la parola monca dichiarava –

ancora portatrice di senso ma mutila di luce –,

per i ghetti praghesi,

si favoleggiava che molti infelici avessero sottratto

alla persecuzione,

simili a quegli angeli d’argilla, oggi,

sono i falchi che rondano una libertà automa a sé,

all’ombra di un muro, sembra,

che non è quello del Pianto.

Di Massimo Triolo