Arte e Politica, il doppio standard che uccide la cultura: il caso Gergiev e l'ipocrisia europea che fa esibire artisti israeliani
Perché questo accanimento contro un artista russo quando invece gli artisti israeliani continuano a esibirsi liberamente in Europa nonostante il loro paese stia compiendo quello che molti esperti definiscono un genocidio?
Lo spettacolo disgustoso a cui abbiamo assistito in questi giorni al congresso della CISL dovrebbe farci riflettere profondamente su quanto sia ipocrita il nostro sistema culturale e l'intero mondo della politica. Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, si è scagliata contro il ministro Tajani per la presenza del direttore d'orchestra russo Valery Gergiev alla Reggia di Caserta, invitato dal governatore campano De Luca per la rassegna "Un'Estate da Re".
Gergiev è accusato di essere "un fiancheggiatore del Cremlino" e "parte di un regime criminale". Ma qui sorge spontanea una domanda che nessuno sembra voler fare: perché questo accanimento contro un artista russo quando invece gli artisti israeliani continuano a esibirsi liberamente in Europa nonostante il loro paese stia compiendo quello che molti esperti definiscono un genocidio?
- I numeri che accusano
Parliamo di cifre, perché i numeri non mentono. Secondo l'UNICEF, nella Striscia di Gaza oltre 50.000 bambini sono stati uccisi o feriti dall'ottobre 2023 dallo Stato di Israele. Lo studio pubblicato su The Lancet parla di oltre 20.000 bambini morti, definendo il bilancio "il più alto di qualsiasi conflitto degli ultimi 20 anni".
Solo nei primi sette giorni del 2025, almeno 74 bambini sono stati uccisi nella Striscia di Gaza. Dal 26 dicembre, 8 neonati sono morti per ipotermia - per il freddo, in pieno XXI secolo, mentre il mondo guarda. Questi non sono "danni collaterali" di una guerra: è un massacro sistematico di civili inermi, documentato quotidianamente sotto gli occhi del mondo intero.
- Il doppio standard culturale
Eppure, mentre Gergiev viene bandito dai teatri di tutta Europa dopo l'invasione dell'Ucraina, gli artisti israeliani continuano a esibirsi indisturbati. Sì, ci sono state proteste per escludere Israele dall'Eurovision e 12.000 artisti hanno firmato una petizione per boicottare il padiglione israeliano alla Biennale di Venezia, ma queste iniziative vengono sistematicamente ignorate dalle istituzioni.
L'ex ministro Sangiuliano ha definito "inaccettabile e vergognoso" il tentativo di boicottare Israele alla Biennale, mentre la stessa Europa che bandisce i russi per la guerra in Ucraina continua a finanziare eventi culturali che legittimano un paese accusato di genocidio.
- L'arte come confronto
De Luca ha difeso la sua scelta dicendo che "la cultura è uno dei pochi ambiti in cui può crescere il dialogo tra le persone". Ha ragione, ma allora perché questo principio vale solo per alcuni? Perché un direttore d'orchestra russo deve pagare per le colpe di Putin, mentre gli artisti israeliani non devono rispondere delle azioni del loro governo?
I Massive Attack hanno dedicato un intero concerto alla denuncia del "genocidio in corso nella Striscia di Gaza", dimostrando che è possibile usare l'arte per la giustizia. Ma questi sono gesti isolati in un panorama culturale che preferisce voltare la testa dall'altra parte quando si tratta di Israele.
- La complicità del silenzio
La Commissione europea ha dichiarato che "i palcoscenici europei non dovrebbero dare spazio ad artisti che sostengono la guerra di aggressione in Ucraina". Perfetto. Ma allora perché gli stessi palcoscenici continuano ad accogliere artisti di un Paese che sta commettendo crimini documentati contro l'umanità e un premier sulla cui testa pende un mandato internazionale di cattura, oltre ad essere sotto processo in Patria per corruzione e diversi altri gravi reati?
Come ha scritto il rapper palestinese Tamer Nafar: "Qual è il valore di una canzone che costa qualche migliaio di dollari per essere prodotta, quando si scontra con i miliardi di dollari che Israele riceve per bombardare una popolazione assediata?".
- La verità che non vogliamo vedere
Il problema non è solo culturale naturalmente, è profondamente politico. L'Europaapplica due pesi e due misure perché Israele è considerato un alleato strategico, mentre la Russia è il nemico designato. Ma l'arte, la vera arte, non dovrebbe piegarsi a questi giochi geopolitici e nemmeno al peso dei miliardi di dollari che vale il mercato di armi che continua ad essere più che florido tra Europa e Israele, come sappiamo bene tutti.
Lo Stato di Israele è accusato di genocidio da numerose organizzazioni internazionali, dalla Corte penale internazionale e da storici esperti di Olocausto. Nel novembre 2024, la CPI ha emesso mandati di arresto per Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Gallant. Eppure, nessun artista israeliano viene bandito, nessun evento culturale viene cancellato, nessuna istituzione europea prende posizione.
- Basta con l'ipocrisia!
Smettiamola di censurare chiunque e riportiamo l'arte al suo ruolo originario: quello di ponte tra i popoli, non di strumento di propaganda geopolitica. O, se proprio vogliamo usare la cultura come arma politica, almeno facciamolo con coerenza. Se un direttore d'orchestra russo deve pagare per Putin, allora anche gli artisti israeliani devono rispondere di Netanyahu e del massacro di Gaza. Ma la verità è che questo doppio standard rivela la natura profondamente ipocrita del nostro sistema culturale: pronto a indignarsi per la guerra in Ucraina ma cieco di fronte al genocidio palestinese. Pronto a bandire un musicista russo ma silenzioso davanti agli artisti di un Paese che uccide bambini ogni giorno.
- Il prezzo dell'ipocrisia
Mentre discutiamo di chi può o non può suonare nei nostri teatri, a Gaza muore "un abitante ogni trentacinque". Negli ultimi due mesi, oltre 950 bambini sono stati uccisi in attacchi nella Striscia di Gaza.
Questo è il prezzo della nostra ipocrisia culturale: mentre ci indigniamo per le presunte colpe di un direttore d'orchestra, chiudiamo gli occhi di fronte al massacro sistematico di innocenti. E lo facciamo in nome della "cultura" e della "libertà artistica".
È ora di urlare BASTA! O l'arte è libera per tutti, o non lo è per nessuno. Ma questi doppi standard stanno uccidendo non solo la credibilità delle nostre istituzioni culturali, ma anche la nostra umanità.
Di Eugenio Cardi