Quando l'editoria torna a farsi visione, artigianato di lusso, eleganza e arte. Il caso anomalo: "De Piante Editore"

Conversazione con la manager ed editrice Cristina De Piante. ll segreto per vincere una sfida coraggiosa e difficile

Cara Cristina, in un mondo da una parte saturo di editoria, e di un editoria in crisi, e dall'altro afflitto dall'omologazione sub-televisiva, nel 2016 fondi la "De Piante Editore": una mossa audace, sia culturalmente che imprenditorialmente. Ci puoi raccontare i carismi di questa scelta fondante?

Mi piacciono le sfide e sono determinata a far accadere le cose. Da giovanissima ho ereditato una piccola officina meccanica che costruiva macchinari da stampa. Pur non essendo competente di progettazione industriale avevo deciso che quell’azienda avrebbe giocato un ruolo importante tra i costruttori di quel settore. Il duro lavoro, la curiosità e l’apertura alla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi hanno portato, in meno di 20 anni, quella azienda a posizionarsi tra le 5 aziende leader al mondo di quel settore. Dopo il discreto successo nel settore industriale volevo ripartire da zero con un nuovo progetto imprenditoriale in tutt’altro settore. Una piccola realtà che si potesse aggiungere alla lista delle maison italiane note a livello globale per la propria creatività e per la qualità indiscutibile dei propri prodotti.

Fondare una casa editrice in un settore fortemente in crisi era una vera sfida.

Apprezzo molto lo stile grafico e il taglio che hai impresso in questa tua creatura. Mi trasmette un senso di freschezza e innovazione ma pure di stabilità. Il logo dell'albero mi piace molto. Mi ricorda il logo dei Plantageneti ma nel contempo sembra pure un albero-sole, una mappa, un volto di donna...

Dare il proprio nome a una casa editrice è anche un modo per lasciare una traccia: una forma di testamento culturale. Alcune case editrici continuano a operare secondo i principi del fondatore anche dopo la sua scomparsa. Grazie al mio cognome (De Piante) è stato semplice individuare un’immagine per un grafismo da collegare al nostro logo, appunto un albero. Il pittogramma è stato disegnato con l’idea di un unico tratto continuo che va a comporre l’albero in ogni sua parte, dal tronco alle foglie. Il disegno è perfettamente iscritto in un cerchio ed è caratterizzato da linee curve che richiamano la classica forma che assumono le pagine di un libro quando vengono sfogliate. La simmetricità verticale del logo esprime cura, precisione e qualità, valori che rispecchiano De Piante. I tratti che formano l’albero partono dal basso per finire, congiunti, verso il punto più in alto, per rappresentare la crescita culturale delle persone a cui l’editore aspira.  

L’idea di De Piante Editore è quella di preferire autori del passato anziché lanciare nuovi esordienti. Il passato è dunque un tempo importantissimo per noi e il logo De Piante vuole rendere omaggio ai suoi autori. Il passato di un albero sono le radici da dove tutto nasce e cresce

Nelle tue narrazioni di presentazione utilizzi un lessico creativo e attrattivo che trovo molto stimolante; parli di "sartoria editoriale", di libri "come gioielli" e di pubblicazioni come opere "inutili" ma di grande qualità

De Piante Editore vuole essere una reazione al mercato editoriale di oggi fatto per lo più di fast book, di libri facili e facilmente dimenticabili, inutilmente diffusi su larghissima scala. Può sembrare snob, ma non è così, la nostra è una reazione al dilagare della stupidità, preferendo la vera cultura, la bellezza e la cura maniacale dei dettagli in fase di progettazione di un libro.

Ci piace considerarci una sartoria editoriale, una piccola realtà orientata al futuro ma con il saper fare dei vecchi artigiani italiani. Un’organizzazione competente, giovane, snella e flessibile. Una piccola eccellenza italiana, magari che possa essere ricordata negli anni a venire.  Non ci rivolgiamo ad un cliente ben definito. Spaziamo dai cosiddetti lettori forti, collezionisti e bibliofili, ma anche al professionista o all’imprenditore che fosse alla ricerca di un regalo speciale per la propria clientela o a scrittori che vorrebbero pubblicare un testo.

Il tuo nucleo di base è la grande letteratura nazionale e internazionale, captata e rivissuta con uno spirito libero e vitale di cui rilanci alcuni focus oppure degli inediti. Avverti un'esigenza storica di ri-consolidare la conoscenza del nostro grande patrimonio europeo otto-novecentesco in tempi di dispersività e banalizzazione?

In un tempo dominato dalla velocità, dalla sintesi e dalla distrazione, la letteratura dell’Ottocento e del Novecento può apparire, a prima vista, lontana o persino superata. Eppure, leggere i grandi autori di questi due secoli è oggi più che mai un atto essenziale: per comprendere il nostro presente, per abitare meglio la complessità del reale, e per non smarrire la profondità del pensiero e dell’emozione. L’Ottocento e il Novecento sono stati secoli di enormi trasformazioni: rivoluzioni politiche e sociali, nascita delle ideologie moderne, progresso scientifico, due guerre mondiali. I romanzi e le poesie di quegli anni raccontano tutto questo non come un manuale di storia, ma attraverso lo sguardo vivo e personale degli individui che quei cambiamenti li hanno attraversati o subiti.   Leggere Dostoevskij, Tolstoj, Manzoni, Zola, Pirandello, Kafka, Woolf, Camus significa entrare nel cuore di un’epoca che ha gettato le fondamenta del mondo in cui viviamo. Significa capire da dove vengono le nostre paure, le nostre contraddizioni, le nostre domande ancora irrisolte.

Le linee linee editoriali e di marketing culturale si articolano anche su produzioni ad hoc, quasi personalizzate. Parli anche di "libri-amuleti". Puoi spiegarci meglio questo "lavoro culturale" su commissione, come operavano gli artisti antichi?

La pubblicazione di un libro non è solo per scrittori. È per chi vuole diffondere un messaggio, condividere un sapere, costruire autorevolezza. Per le aziende, è uno strumento di branding potente, Per i privati, è un’opportunità di trasformare idee in eredità. Oggi è semplicissimo pubblicare un libro rispetto al passato grazie a nuovi meccanismi che sono entrati a far parte del mondo editoriale dando a tutti la possibilità di uscire con un proprio libro (mi riferisco soprattutto al self-publishing)

Tuttavia, io penso che le case editrici abbiano ancora una forte responsabilità non solo nel filtrare e valutare contenuti di qualità da proporre ai lettori ma anche nel supportare scrittori improvvisati.  Per questo con la nostra collana “Variazioni” siamo a disposizione di tutti coloro che vogliano raccontare la propria storia, le proprie passioni, la propria visione, sempre animati dall’idea che un libro sia il miglior veicolo di testimonianza. Volumi curati e stampati con l’attenzione artigianale che contraddistingue tutte le nostre edizioni, per lasciare un segno e contrastare lo spirito volatile della nostra epoca.

Affidarsi a una casa editrice seria e professionale fa ancora la differenza.  Chi ignora i meccanismi dell’editoria e sceglie il self publishing o editori commerciali per «saltare le regole» spesso scopre troppo tardi perché quelle regole esistono.

Trovo stimolanti i nomi delle tue collane, che richiamano il simbolismo monetario quanto quello esplorativo.

Tutti i nomi delle nostre collane si riferiscono a una parola o espressione che ha due significati diversi, ma entrambi neutri o letterali. I Solidi, Gli Aurei, I Talenti e i Quadranti sono per primo nomi di antiche monete ma nello stesso tempo possono avere un altro significato (Solidi) corpo che mantiene forma e volume proprio (Aurei) prezioso, ideale, perfetto, dorato (Talenti) una parola che esprime capacità naturale, predisposizione, dono ricevuto che va valorizzato. (Quadranti) definizioni geometriche. Invece, il titolo della collana “Pochi libri per pochi” può sembrare una provocazione un po' snob in quanto i nostri contenuti potrebbero essere capiti da pochi ma in realtà i libri sono pochi perché in questa collana stampiamo piccolissime tirature in edizione limitata e numerata pertanto chi non si affretta ad acquistarli potrebbe non trovarli più perché non è prevista una ristampa.

Come riesci a definire il prodotto editoriale trasformandolo in un'esperienza di qualità di vita, in un fenomeno di eleganza e nel contempo che si anche incontro e sosta intellettuale?

Il prodotto editoriale, quando elevato a espressione di ricerca e cura, smette di essere un semplice contenitore di testi per diventare un gesto di eleganza culturale: un oggetto che invita alla lentezza, al raccoglimento, all’ascolto interiore. È un’esperienza che incide sulla qualità della vita perché propone una fruizione non rapida né superficiale, ma meditativa e duratura, capace di nutrire l'immaginario, affinare il gusto e affinare il pensiero.

In questo senso, il libro non è solo un mezzo di comunicazione, ma un luogo di incontro e di sosta intellettuale, dove il lettore si concede il tempo della riflessione, del dialogo silenzioso con l’autore, e del confronto con se stesso. La qualità editoriale — dalla scelta dei materiali alla composizione grafica, dal tono della voce autoriale alla coerenza del progetto — diventa una dichiarazione estetica e etica, in cui la bellezza è funzionale alla profondità.

I libri De Piante non inseguono il tempo, ma lo sospendono. Sono ogni volta dei piccoli eventi, un’offerta di senso in un mondo affollato di rumori. La nostra vuole essere una proposta alternativa alla frenesia e alla distrazione, affermando il diritto alla complessità, alla delicatezza, alla qualità.

La tua operazione culturale-editoriale mi sembra molto vasta e ambiziosa. Come si intreccia la tua attenzione all'italianità del patrimonio letterario e ideale con il respiro europeo delle tue produzioni?

Il nostro progetto è nato all’inizio da una matrice culturale italiana, che consideriamo un patrimonio vivo e mobile: dalla lingua come laboratorio di precisione, alla lezione della misura, della complessità, della riflessione. Ma questa italianità non è mai chiusura: è una soglia. Ci interessa esplorare le affinità elettive tra voci italiane e internazionali, tra la memoria culturale del nostro Paese e i linguaggi dell’Europa contemporanea. Cerchiamo il punto in cui la tradizione si fa tensione, apertura, dialogo.

L'editoria può divenire un'arte e un linguaggio universale, come sosteneva Roberto Calasso in rapporto all'opera di Aldo Manuzio a Venezia? Ogni libro è un nesso di una composizione più ampia e in divenire?

Sì, l’editoria può e deve aspirare a diventare un’arte e un linguaggio universale. Fare libri non è solo stampare testi, ma costruire un mondo: un sistema di segni, forme, ritmi e visioni in cui ogni titolo è parte di una più vasta architettura invisibile.