Intervista - Ippolita Di Majo sceneggiatrice del film " Fuori" in competizione a Cannes

Di Majo parla della sua esperienza con la scrittura del film

IGDI ha intervistato Cannes la sceneggiatrice Ippolita Di Majo che ha presentato con il cast il film Fuori. 

D:Per la sceneggiatura, a chi ti sei ispirata? 

R:È tratto da un romanzo di Goliarda Sapienza che si chiama Le Certezze del Dubbio, messo insieme poi con alcune cose dell'Università di Rebibbia. Quindi è un lavoro ispirato a quella scrittura. 

D:Ci hai messo qualcosa di tuo?

R:Abbiamo lavorato insieme, il mio è il soggetto, la sceneggiatura è mia, insieme con Mario Martone. Ci sono delle cose che non ci sono in sceneggiatura, una su tutte, la scena con il marito Angelo Pellegrino quando ritorna dal set, eccetera eccetera, e altre piccole cose. La cosa più sostanziosa è la presenza del marito.

D:Conoscevi questa realtà del carcere? È stato per te un colpo?

R:Sì, ti devo dire è stato un colpo ma anche in senso positivo. Cioè, capisco quando Goliarda Sapienza scrive e dice: loro lì dentro sono come noi. Se tu non lo tocchi con mano, non lo capisci. Cioè, dentro veramente ci sono persone che tu dici: ma come è possibile? Ma cosa hanno fatto? Che cosa è successo, come mai questa signora? Forse anche il carcere femminile è questa parte dove siamo stati noi. C'è pieno di un'umanità speciale dove tu vedi sicuramente che sono anche delle sociali svantaggiate. Spesso le donne hanno coperto un figlio, un marito, i mariti, i padri, quindi magari appartengono a un contesto e hanno coperto i loro familiari, ma non solo protagoniste in primo piano, almeno quelle con cui ho avuto a che fare io. Mi ha molto colpito, avevo molta paura di andarci e invece no. D:Però quando esci e loro rimangono dentro, è un'emozione, anche quella?

R:Primo ringrazio il Signore di uscire. E poi pensi anche che in molti di quei casi il contesto che a loro hanno fuori, metti un marito che ti picchia, una... Capito? Non è detto che sia... Cioè, insomma, comunque il carcere è anche un posto, almeno questa parte, di Rebibbia, dove noi abbiamo visto, hanno anche delle attività, cioè c'è un'idea di riabilitazione. Penso che se questo fosse fatto al meglio meglio, chiaramente, in tutte le carceri, non giudico questo perché non lo so, però dico se questa idea di riabilitazione fosse veramente possibile sostenerla anche economicamente, un po' funziona.

D:Sarebbe un progetto anche solo?

R:Un po'  funziona.

D:Queste donne hanno questa grandissima umanità, sei stata colpita anche da questo? R:Sì, perché Mario ha organizzato delle forme di laboratorio, per conoscerci prima, per non trovarci, poi magari le attrici che dovevano girare con le attrici delle donne del Muro Alto. E quindi ognuna si raccontava un po'. Però chiaramente quando poi loro si sono raccontate, noi eravamo con le lacrime, perché sono storie importanti, sono storie forti.

D:Questo lo porterai anche nel futuro, pensi? 

R:Dentro di me, sicuramente. 

D:Un'altra esperienza professionale, magari? 

R:Questo non lo so, però sicuramente questa è una cosa che non dimentichi che te la porti dentro, ti resta poi l'idea di potere e di volere fare qualcosa.