LA TERRA DELLA TALPA di Giacomo Maria Prati, 30 sguardi d’ermeneutica trans-estatica da Leonardo a Woody Allen - INTERVISTA
La gnosi gioca un ruolo importante a livello di élite culturali e di potere dal Quattrocento neoplatonico italiano in poi ma si tratta di un fiume carsico che si nasconde durante il “secondo Rinascimento” proprio del Barocco e poi ritorna con più forza.
Partiamo dal titolo. Perché la “terra della talpa”? Che cos'è “l'ermeneutica trans-estatica”?
Al di là della mia miopia mi ha sempre affascinato il paradosso di una terra scavata nel nascondimento ma che poi rivela la presenza dell’animaletto perché viene espulsa verso l’alto. “Espellere verso l’alto” mi sembra una bella metafora di un certo tipo di lavoro interpretativo che accomuna chi ama l’arte, la storia e la letteratura e nel contempo vuole tendere al significato, all’essenza, muovendosi “verso l’alto”. Sempre questo in una logica spirituale, anti-ideologica. “Trans-estatica” è un gioco di parole per dire che l’interpretazione può scendere nel profondo grazie ad una lucidità ripresa dopo i vari “appassionamenti” e “innamoramenti”. In parole povere: prima la passione ma poi il Logos deve riprendere il controllo, per comprendere il reale in modo ampio e profondo. Per la talpa vuoto ed elevazione sono speculari.
Nella sinossi, hai scritto che il fine di questo libro è quello di «captare il filo rosso, il fuoco, il logos che serpeggia tra arte, letteratura, linguaggi, simbolismi, mitologie antiche e recenti». Che cosa è questo filo rosso, questo logos serpeggiante?
Il mio “metodo”, per molti anni istintivo e non teorizzato, muove guardando l’antico nel contemporaneo e l’attuale nell’antico. Nel contempo si muove in modo immersivo, centripeto, focalizzante. Prima di farmi prendere dal “demone dell’analogia” (spesso riduzionistico) voglio comprendere che “bestia sia” quello che sto analizzando, sia un testo o un’immagine, o un’opera o un dipinto. “Comprendere” in latino significa appunto “tastare tutt’attorno”, come in un abbraccio nel buio. Qualunque sia l’oggetto della nostra interpretazione sento urgente l’istanza strutturale-morfologica, ma individualizzante e non omologante, perché penso che ogni oggetto di conoscenza sia un organismo e il nostro conoscere un atto amplessivo. Oggi invece molti interpreti riducono l’antico alla mentalità di massa odierna oppure pensano che l’odierno non abbia radici o, ancora, riducono l’ignoto al già presuntamente conosciuto. Così l’ignoto resta ignoto, e rischiamo di perderlo.
Nel tuo libro parli spesso di gnosi, di "Arte gnostica del No". Che ruolo gioca la gnosi nell'arte e nella filosofia?
Un ruolo importante a livello di élites culturali e di potere dal Quattrocento neoplatonico italiano in poi ma si tratta di un fiume carsico che si nasconde durante il “secondo Rinascimento” proprio del Barocco e poi ritorna con più forza e organizzazione con l’allegorismo filosofico del Neoclassicismo settecentesco e, apertamente, dopo il trauma della rivoluzione francese, con il “mito della realtà” e del “progresso” che in realtà veicola un’istanza rivoluzionaria del reale. Ho dedicato due interventi specifici a questo tema nella mia raccolta cogliendo dei carismi gnostici nell’opera di Nanni Moretti quanto nella comicità di Angelo Duro.
Che cosa accomuna Carmelo Bene a Woody Allen?
Nella mia opera, che raccoglie trenta tra saggi e focus culturali, procedo ad accostamenti che appaiono bizzarri come quello tra Woody Allen e Tiepolo e fra Achille, Pascoli e Carmelo Bene (e Pinocchio e l’Ultima Cena di Leonardo). In realtà dietro c’è un po’ di “metodo” in questa mia follia ossessiva di tipo ermeneutico. Carmelo Bene e Woody Allen hanno molto in comune: lo spirito corrosivo e selvatico, l’anarchismo non ideologico alla Max Stirner, il gusto del paradosso e dell’estremizzazione, lo speriementalismo linguistico e il senso lirico-tragico dietro i veli della commedia e l’apparenza della finzione. Sono figure radicali che colloco quali emblemi della fase più matura e ultima dello spirito borghese. Una fase in cui questo spirito erratico dissolve anche se stesso. Non a caso entrambi amano appunto l’essenza tragica senza tempo dell’antica Grecia. Avverto infine un forte influsso culturale e spirituale ebraico anche in Carmelo Bene, ad esempio nella sua posizione anti-iconica, avversa all’arte figurativa di cui salva solo gli esiti borderline, eccessivi come le estasi marmoree di Bernini e la dinamica dissolvente di Francis Bacon. Carmelo e Woody sono sileni, amanti della musica.
Partiamo dal titolo. Perché la “terra della talpa”? Che cos'è “l'ermeneutica trans-estatica”?
Al di là della mia miopia mi ha sempre affascinato il paradosso di una terra scavata nel nascondimento ma che poi rivela la presenza dell’animaletto perché viene espulsa verso l’alto. “Espellere verso l’alto” mi sembra una bella metafora di un certo tipo di lavoro interpretativo che accomuna chi ama l’arte, la storia e la letteratura e nel contempo vuole tendere al significato, all’essenza, muovendosi “verso l’alto”. Sempre questo in una logica spirituale, anti-ideologica. “Trans-estatica” è un gioco di parole per dire che l’interpretazione può scendere nel profondo grazie ad una lucidità ripresa dopo i vari “appassionamenti” e “innamoramenti”. In parole povere: prima la passione ma poi il Logos deve riprendere il controllo, per comprendere il reale in modo ampio e profondo. Per la talpa vuoto ed elevazione sono speculari.
Nella sinossi, hai scritto che il fine di questo libro è quello di «captare il filo rosso, il fuoco, il logos che serpeggia tra arte, letteratura, linguaggi, simbolismi, mitologie antiche e recenti». Che cosa è questo filo rosso, questo logos serpeggiante?
Il mio “metodo”, per molti anni istintivo e non teorizzato, muove guardando l’antico nel contemporaneo e l’attuale nell’antico. Nel contempo si muove in modo immersivo, centripeto, focalizzante. Prima di farmi prendere dal “demone dell’analogia” (spesso riduzionistico) voglio comprendere che “bestia sia” quello che sto analizzando, sia un testo o un’immagine, o un’opera o un dipinto. “Comprendere” in latino significa appunto “tastare tutt’attorno”, come in un abbraccio nel buio. Qualunque sia l’oggetto della nostra interpretazione sento urgente l’istanza strutturale-morfologica, ma individualizzante e non omologante, perché penso che ogni oggetto di conoscenza sia un organismo e il nostro conoscere un atto amplessivo. Oggi invece molti interpreti riducono l’antico alla mentalità di massa odierna oppure pensano che l’odierno non abbia radici o, ancora, riducono l’ignoto al già presuntamente conosciuto. Così l’ignoto resta ignoto, e rischiamo di perderlo.
Nel tuo libro parli spesso di gnosi, di "Arte gnostica del No". Che ruolo gioca la gnosi nell'arte e nella filosofia?
Un ruolo importante a livello di élites culturali e di potere dal Quattrocento neoplatonico italiano in poi ma si tratta di un fiume carsico che si nasconde durante il “secondo Rinascimento” proprio del Barocco e poi ritorna con più forza e organizzazione con l’allegorismo filosofico del Neoclassicismo settecentesco e, apertamente, dopo il trauma della rivoluzione francese, con il “mito della realtà” e del “progresso” che in realtà veicola un’istanza rivoluzionaria del reale. Ho dedicato due interventi specifici a questo tema nella mia raccolta cogliendo dei carismi gnostici nell’opera di Nanni Moretti quanto nella comicità di Angelo Duro.
Che cosa accomuna Carmelo Bene a Woody Allen?
Nella mia opera, che raccoglie trenta tra saggi e focus culturali, procedo ad accostamenti che appaiono bizzarri come quello tra Woody Allen e Tiepolo e fra Achille, Pascoli e Carmelo Bene (e Pinocchio e l’Ultima Cena di Leonardo). In realtà dietro c’è un po’ di “metodo” in questa mia follia ossessiva di tipo ermeneutico. Carmelo Bene e Woody Allen hanno molto in comune: lo spirito corrosivo e selvatico, l’anarchismo non ideologico alla Max Stirner, il gusto del paradosso e dell’estremizzazione, lo speriementalismo linguistico e il senso lirico-tragico dietro i veli della commedia e l’apparenza della finzione. Sono figure radicali che colloco quali emblemi della fase più matura e ultima dello spirito borghese. Una fase in cui questo spirito erratico dissolve anche se stesso. Non a caso entrambi amano appunto l’essenza tragica senza tempo dell’antica Grecia. Avverto infine un forte influsso culturale e spirituale ebraico anche in Carmelo Bene, ad esempio nella sua posizione anti-iconica, avversa all’arte figurativa di cui salva solo gli esiti borderline, eccessivi come le estasi marmoree di Bernini e la dinamica dissolvente di Francis Bacon. Carmelo e Woody sono sileni, amanti della musica.