Il "fattore K" nell'opera di Giovanni Fattori. In margine alla mostra di Piacenza
La "rivoluzione del bianco" che ha influenzato tutto il Novecento fino a Giorgio Morandi
Una mostra intrigante quella in corso nella sede espositiva del centro culturale XNL di Piacenza, in sinergia con l'ottima contigua G.A.M. Ricci-Oddi, mostra dedicata al maestro Giovanni Fattori, il più celebre tra gli artisti macchiaioli. Il primo fattore d'interesse è l'attenzione dei curatori e organizzatori a mantenere un clima di maggior silenzio fra i fruitori della mostra che sono invitati a tenere la voce bassa. Facile adeguarsi quindi ad un ambiente così indotto, che favorisce la poeticità e l'espressività delle opere di Fattori che vengono articolate su due piani: uno dedicato ai temi militari, l'altro ai ritratti e ai temi agresti dei butteri maremmani. Molto bello il video patchwork di scene pittoriche e filmiche militari dove per alcuni secondi si vedono dettagli delle battaglie dipinte da Fattori contestualmente a suoni e rumori bellici. E' quello che accade normalmente contemplando queste sue opere: si sente l'atmosfera, le sonorità, le voci della vita estremizzata e intensificata delle manovre militari e del fronte, come poi sarà con Plinio Nomellini e già con Giuseppe de Nittis. Paradosso terribile ma fertile per le potenzialità espressive artistiche. E' il senso della rivoluzione macchiaiola, la versione toscana delle istanze della Scapigliatura lombarda: vitalismo, slancio, anti-accademismo, emozionalità pura, oggi diremmo: efficacia performativa. Fattori realizza una "rivoluzione dentro la rivoluzione": il suo uso strutturante e folgorante del bianco, alternando il bianco di piombo all'allora recente bianco di zinco. Un bianco, quello di Fattori che ricorda la riflessione di Michel Pastoureau su questo "non colore" così importante per gli ultimi due secoli di pittura europea. Ma in Fattori questo speciale bianco non è tanto di sottrazione ma opera come una lama, un varco, un'illuminazione dentro la vita. Una sorta di splendore pindareo che assolutizza l'istante, una specie di trascendenza immanente, che non sfugge. Nel celebre "In vedetta" il muro bianco quadrangolare, liscio e secco appare di un bianco differente da quello più incandescente dei berretti dei soldati. Un bianco rigoroso che rinvia ad un paradosso: una "vedetta oziosa", persa in un non-luogo aionico senza punti di riferimenti se non l'attenzione vuota dei cavalieri. Un bianco mentale, alchemico. Un dipinto che tempo fa accostai al magnifico "Deserto dei Tartari" di Dino Buzzati. In un altra opera emblematica, "Strada bianca", è appunto la strada la protagonista, non la contadina dipinta di schiena. Un bianco contemplativo ma pure reagente e che sostiene ogni altro colore, rendendolo vivo e possibile. Un'ulteriore merito di questa mostra di Piacenza è l'utile sinergia con la ricchissima Galleria di Arte Moderna Ricci-Oddi, a pochi metri di distanza. Una Galleria ricca di opere e di grande piacevolezza nella sua fruizione sia per la sua struttura panottica che per il funzionamento dei lucernai del soffitto. La luce così, come nei grandi musei fino a sessant'anni fa, varia, pulsa e conversa con la luce pittorica delle opere rendendo lo spazio museale vivo, stimolante, organico. E poi c'è Piacenza, città d'arte che mai delude nella sua asciutta signorilità. Prima della mostra su Fattori appare utile visitare il Museo del Risorgimento all'interno dei Musei Civici di Palazzo Farnese. Il "fuoco" di Giovanni sarà percepibile in maggior profondità.