La ballata dei bambini senza nome di Silvana De Mari è un libro speciale, fra san Paolo e Harry Potter, fra dr House e Tom Waits; si protende oltre le pagine, ha una missione
Come fai a sferrare un attacco senza quartiere contro il woke nelle sue innumerevoli sfumature? Ma Silvana ci riesce cantando la disperata crudele struggente volontà di vita dei piccoli loser che finisci per adottare.
Non avevo mai capito davvero lo sprofondo che ci avvolge fino a quando un'amica musicista non mi ha raccontato la sua esperienza da supplente in una scuola media. La didattica i professori non la decidono, la subiscono dagli allievi ed è il contrario della didattica, dell'idea stessa di scuola. Per musica si intende niente più che guardare su youtube i video dei maranza tra pistole e bestemmie e l'insegnante non può rifiutare, non può obiettare se no parte il consiglio d'istituto con le rappresaglie e poi sciamano le famiglie in assetto di guerra. Come pratica sullo strumento, una tastierina giocattolo virtuale da strimpellare con una sola mano: meglio niente! Così la musica, come ogni altra materia, non ha senso, si risolve nella negazione di ogni nozione, di ogni pensiero critico. Studenti afasici, impediti alla comprensione, analfabeti non di ritorno ma conclamati, dall'intelligenza puramente visiva; se sbattono contro un concetto astratto vanno in confusione e possono risolverla con la violenza dei primitivi, di quelli privi di linguaggio. Bel lavoro hanno fatto in trenta, quarant'anni di politiche criminali e non si torna indietro, la sinistra lo sfascio lo teorizza e appena può lo impone, tutti clandestini, tutti migranti, la parola come facoltà esclusiva del potere leninista, ma cosa è stata la Controriforma cattolica se non il divieto di pensare imparando le lettere? La destra lo sfascio non osa risolverlo, finge di correggerlo in modi miserabili, pretendendo di dar da leggere Omero a gente cresciuta senza saper leggere. Silvana De Mari è medico, ancorché radiato per aver detto la verità sui vaccini – ha un caratteraccio -, ed è giornalista: quei suoi pezzi durissimi, dalla paratassi martellante, le parole davvero come pietre, sassaiole d'inchiostro perché non sono leciti equivoci, perché le cose stanno come stanno e stanno orrende: alla fine di ogni suo articolo si arriva appagati e distrutti, perché qualcuno ti parla senza veli di Maya ma quello che ti spiega è atroce. Silvana è anche scrittrice, e alle prese coi suoi romanzi, con la fiction per giovani, si trasfigura: qui sgorgano le invenzioni lessicali, il divertimento del racconto, la leggerezza e la densità, qui ogni riga è tesoro polemico, quei “giochi educativi, una roba tristissima, fatta di legno, corda e mesti colori naturali” ricordano tanto dr House che se la prende coi pupazzi biologici delle mammine biologiche, “così noiosi, quack quack”.
“La ballata dei bambini senza nome” (distribuito da e con la Verità/Panorama), che ho appena letto, è così terribile e bello. Le vite immaginarie, ma poi chissà, dei piccoli loser, dei cani randagi, un po' dr House e un po' Tom Waits, anche se Silvana non sa chi sia, non sa che è il cantore di catrame dell'umanità dal lato sbagliato. Qui ci sono bambini dal lato sbagliatissimo, i disadattati di “About a boy”, che a scuola li pestano perché sono come sono, con le mamme sciamannate che gli negano la contemporaneità dei simili, c'è Fiamma prima ed ultima nella vita, c'è Joseph senza una gamba, storpio/bionico che scopre gli orrori su internet. E Umberto è tonto ma non tanto. Leila è figlia della palude e sogna feste di compleanno mai avute, Ursula la scema del villaggio, questo libro fa piangere e non sai se di disperazione o consolazione. Perché nel terribile squaderna una insopprimibile volontà di vita, come i personaggi nelle canzoni rugose di Tom Waits. Silvana si dedica a scrivere incubi di realtà e gli incubi sono l'attacco forsennato narrativo, favolistico, crudo, tenero, sanguinoso, spietato, infernale, divino, al woke in tutte le sue fottutissime sfumature, il gender; la modernità reclusoria che sotto l'egida democratica ti spedisce a tso se devii dal pensiero unico; la tecnologia del controllo; l'inclusione che emargina, che figlia solitudine; l'aborto di sistema; la tutela, che è lager, mi diceva la mia amica supplente musicista che a scuola quasi tutti, tutti sono considerati in disagio, bisognevoli di tutela ed io capisco: è un business che non finisce più, arrivano gli insegnanti di sostegno, che se no non si sa dove metterli, gli assistenti sociali che poi magari sono orchi o almeno kapò e smembrano famiglie per fanatismo; specchi di noi, che possiamo ritrovarci senza nome, inerti come bambini in un momento, ma Joseph lo storpio ha una cagnetta Josephine che lo adora con gli occhi e ditemi voi se tutto questo non spunta da un disco di Waits.
Una insopprimibile volontà di vita: da san Paolo a Harry Potter, e “fino a che anche la morte sarà sconfitta”. Adesso capisco perché Silvana è diffusa nel mondo coi suoi libri per ragazzi, dappertutto anche in America. I piccoli perdenti crescono, incontrano il sesso, hanno altre disgrazie. Dovranno combattere. Dovranno scegliere tra la vita, la nuova vita, e la morte, la vecchia morte, la solita morte. Ma non saranno loro a scegliere. Qui c'è il libro. Una difesa accorata della vita, quale che sia, contro la sua sconfitta. Silvana offre questo libro, i suoi libri, a prezzo irrisorio per sostenere iniziative di vita, contro l'aborto di sistema, modaiolo, contro lo spegnimento di un bimbo che ancora si chiama feto; ed io ricordo il coraggio di Renato Zero che a 23 anni, nel 1973, osava fare una canzone, la sua prima, “Sogni nel buio”, contro l'aborto leggero, spensierato, ed è una canzone immensa, fa venire da piangere, fa star male ma ringrazi di averla ascoltata.
Lo stesso di questa “Ballata dei bambini senza nome” che di consolatorio, di catartico, ha niente. Si protende non verso un lieto fine, ma verso una speranza di gioia. Si apre, ed è significativo, con la dedica al cardinale Robert Sarah, il papa nero che non sarà mai, il francese venuto dalla Guinea, fuggito dalla Guinea comunista che dice: un albero senza radici muore, ed è perciò che l'Europa muore. Silvana non fa libri puttaneschi, non consola mentendo, non vuole vendere, vuole diffondere. Denuncia dalla prima parola all'ultima. Avvince. Vuoi sapere che ne sarà dei piccoli loser che crescono e non ti va di lasciarli lì, sulla pagina, alla mercé dell'ignoto. Leggendo li hai un po' adottati. È un libro di bambini, ma per adulti, o per bambini adulti. Silvana non è una mezza sega, non è una femminuccia. Il caratteraccio è un dono di Dio.