La «solitudine» di Emanuele Filiberto di Savoia e il sogno irrealizzabile della sepoltura di Re Umberto II e Maria Josè al Pantheon di Roma
Emanuele Filiberto spera che questa sia l’ultima commemorazione dei nonni su suolo francese e che presto possano essere sepolti al Pantheon, a Roma, coi loro avi
Emanuele Filiberto di Savoia: «Le salme dei miei nonni nel Pantheon? Ho il sì di Meloni e del Vaticano. Per mio padre in privato ho pianto molto». E’ questo il titolo di una intervista del Corriere della Sera, a firma di Candida Morvillo, di sabato 15 marzo 2025, giorno in cui si è celebrata a Hautecombe, il 42 anniversario della morte a Ginevra del’'ultimo sovrano d’Italia Umberto II. Il titolo di giornale condensa in poche righe un desiderio impossibile da realizzarsi per l’erede sabaudo. Emanuele Filiberto, nell’accurata intervista rilasciata al Corriere, afferma di avere il beneplacito di Giorgia Meloni e del Vaticano alla traslazione delle salme degli ultimi due sovrani d’Italia nel mausoleo del Pantheon, dedicato ai “Padri della Patria”, ovvero tutti i sovrani sabaudi che hanno contribuito e reso possibile l’unità nazionale. Le sepolture si fermano, non a caso, con Umberto I, padre di Re Vittorio Emanuele III, che fino al 2017 riposava in una cripta della cattedrale di Santa Carterina ad Alessandria d’Egitto, in quanto la morte del “Re di Peschiera”, che i malpensanti chiamerebbero “Re di Pescara”, era venuto a mancare il 28 dicembre 1947, solo 4 giorni prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1 gennaio 1948) che sanciva l’esilio e la confisca di tutti i beni personali per tutti gli ex re di Casa Savoia e per le loro consorti, ma che per fortuna - della ex casa regnante - salvava dalla confisca le figlie femmine, cioè le quattro figlie di Vittorio Emanuele III, le quali poterono beneficiare dell’eredità paterna, non essendo soggette a tale legge di confisca. Le sorelle di Umberto, molto carinamente, cedettero il loro quinto di eredità a Umberto che invece era stato escluso, in quanto ex sovrano. La traslazione di Vittorio Emanuele III di Savoia da Alessandria d’Egitto in Italia, per la precisione nel Santuario di Vicoforte, si era resa necessaria per le crescenti tensioni, in suolo egiziano, in particolar modo per la comunità cristiana. Lo Stato Maggiore dell’esercito aveva informato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, della pericolosità di mantenere in Egitto la salma di Vittorio Emanuele III, che avrebbe potuto essere oggetto di atti vandalici, e lo stesso Presidente aveva autorizzato la traslazione dei resti del penultimo sovrano italiano sul suolo patrio, effettuata con un aereo dell’Aeronautica Militare il 17 dicembre 2017, contestualmente alla traslazione dei resti della Regina Elena dal Cimitero di Montpellier allo stesso Santuario, ritenuta dalle autorità italiane come la migliore sepoltura per un ex capo di Stato italiano della dinastia sabauda.
Un atto strettamente “umanitario”, di salvaguarda di resti mortali di due italiani, ancorché regnanti. Di tale traslazione non furono informati né Vittorio Emanuele di Savoia né suo figlio Emanuele Filiberto, sia per ragioni di riservatezza, sia di tutela dei militari coinvolti in tale operazione. Va dato merito al Presidente Mattarella di essersi comportato da galantuomo, e di aver esercitato i suoi poteri da “buon padre di famiglia”, garante di tutti gli italiani. Fin dai primi momenti, gli eredi maschi di Vittorio Emanuele III, pur ringraziando il Presidente della Repubblica per il nobile gesto, avevano sollevato la questione della non consona sepoltura a Vicoforte, a favore della collocazione nel mausoleo del Pantheon a Roma. I tempi non erano maturi, per una diversa collocazione, fu fatto trapelare dal Colle, anche per la ferma opposizione delle Comunità ebraiche e per tutti coloro che consideravano Vittorio Emanuele III un Re “fuggiasco”. Adesso, in occasione della messa di suffragio in memoria di Umberto II, Emanuele Filiberto, che sì è presentato da solo nell’Abbazia di Hautecombe, unico rappresentante della famiglia, avendo oltretutto ufficializzato la separazione con la moglie Clotilde, ha ribadito il concetto di volere traslare i resti di Umberto II e di Maria Josè del Belgio, nel suddetto Pantheon. Sebbene gli ultimi due sovrani italiani non avessero alcuna responsabilità nei tragici fatti della Seconda Guerra Mondiale e della firma delle leggi razziali, pare del tutto evidente che essi non rientrino nella categoria di “Padri della Patria”, non certo per loro responsabilità. La favorevole posizione del governo Meloni e del Vaticano a tale traslazione, non basterà neppure questa volta a favorire la delicata questione per la mancanza di requisiti. Umberto II e Maria Josè, rimarranno per sempre due grandi signori, molto sfortunati. Sarebbero stati due grandi sovrani, molto preparati, ma la storia a loro sfavorevole gli ha consegnati all’oblio in terra straniera. La sepoltura al Pantheon deve rimanere appannaggio ai “Padri della Patria” e con Vittorio Emanuele III la questione delle sepolture sabaude in tale Basilica si renderebbe impraticabile anche per la sicura ferma opposizione, e irritazione, delle Comunità ebraiche. Una questione di cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è perfettamente a conoscenza e che, ovviamente, non vuole sollevare.