La democrazia liberale: una trappola per topi; il popolo italiano non è sovrano, molte libertà ci sono negate

Se gli Italiani non sono liberi di autodeterminarsi è principalmente per la truffa della moneta a debito e per  l’impostura del debito pubblico, strumenti atti a ridurci in schiavitù

La Repubblica Italiana non è una democrazia e il nostro popolo non è sovrano. Molte libertà ci sono negate. Ma se gli Italiani non sono liberi di autodeterminarsi è principalmente per la truffa della moneta a debito e per  l’impostura del debito pubblico, strumenti atti a ridurci in schiavitù. Per salvarci, dovremmo “rivendicare la proprietà popolare della moneta all’atto dell’emissione, così da togliere alle Banche Centrali l’egemonia del signoraggio usurocratico e parassitario”. Fedeli alla rotta tracciata dal giurista Giacinto Auriti.

  

Nei Pensieri di Marco Aurelio Imperatore si legge:“Il parere di 10 mila uomini non ha alcun valore, se nessuno di loro sa niente sull’argomento.” Sotto un profilo squisitamente logico, e filosofico, la democrazia rappresenta in effetti un concetto ben poco solido.

Nel corso dei millenni questa forma di governo è sempre stata d’altronde più una chimera che una realtà. Basti pensare che nell’antica Atene votavano solo gli uomini liberi. Ma non certo le donne. E neppure gli schiavi. In quel caso sarebbe stato quindi forse più corretto parlare di oligarchia.

 

In fondo però anche la Repubblica italiana non è mai stata una democrazia. E il popolo italiano non è mai stato sovrano. Per molteplici ragioni che qui proverò a illustrare.

 

Già a partire dalla Seconda guerra mondiale, all’Italia è stata concessa una sovranità limitata. Gli alleati ci hanno imposto una resa incondizionata, si sono spartiti le nostre colonie e hanno mutilato il territorio della nazione. Un assoggettamento graduale e progressivo, che ha comportato la firma di trattati ignominiosi: Convegno di Casablanca (1943); Memorandum di Quebec (1943); Armistizio di Cassibile (1943); Trattato di Parigi e relative clausole segrete (1947); Memorandum di Londra (1954); Trattato di Osimo (1975). ..

 

La storiografia indipendente ha dimostrato che lo sbarco degli alleati in Sicilia, nel 1943, è stato organizzato con l’appoggio di Lucky Luciano e della mafia italiana d’Oltreoceano. Quel seme marcio ha determinato gli sviluppi politici successivi.

Falcone e Borsellino ebbero l’ardire di scoperchiare il vaso dei misteri. Perciò furono condannati a morte.

Ora la saldatura fra politica, mafia, massoneria e servizi segreti può dunque dirsi perfezionata.

 

Da oltre ottant’anni l’Italia è una colonia americana, un Paese occupato.

Fra le basi di Ghedi (Brescia) e quella di Aviano (Pordenone), la Penisola ospita oltre un centinaio di testate nucleari.

I nostri soldati, al servizio della NATO, vengono mandati a morire in guerre pretestuose, scellerate, incompatibili con gli interessi nazionali.

Come se ciò non bastasse,Trump ha già chiesto all’Europa di incrementare le spese militari, passando dal 2 al 5% del PIL

 

Le potenze atlantiche hanno importato qui la peste della demo-plutocrazia. Soltanto chi detiene ingenti capitali ha infatti accesso alle leve del potere. La volontà popolare non conta nulla. Tutto viene deciso dall’alto. Compresi i candidati inseriti nelle liste elettorali, selezionati dai segretari di partito. Di conseguenza la competizione elettorale risulta truccata.

 

Il nostro ordinamento è gravato da storture madornali.

Il logico e matematico Piergiorgio Odifreddi, nel suo saggio La democrazia non esiste, ha rimarcato come la legge elettorale del 2013, denominata Porcellum, sia stata dichiarata incostituzionale nel 2014 e, ciononostante, un Parlamento delegittimato abbia continuato allegramente a legiferare per cinque anni.

 

Nelle consultazioni elettorali, l’astensionismo ha raggiunto picchi elevatissimi. La maggioranza dei cittadini non si sente rappresentata da nessun partito. Voti nulli e schede bianche si sprecano.

In Parlamento, la deplorevole consuetudine del cambio di casacca imperversa.

Gli esiti dei referendum popolari non vengono rispettati, vedi acqua pubblica e finanziamento ai partiti.

Le commissioni d’inchiesta non hanno mai svelato alcuna verità, altrimenti ne sarebbe emerso l’imbarazzante coinvolgimento dei servizi segreti (CIA, Mossad, MI 6).

 

Massimo Fini, in Sudditi. Manifesto contro la democrazia, ha chiarito come la funzione primaria delle elezioni sia di legittimare il potere delle oligarchie. Ecco perché i cittadini vengono raggirati.

Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle non si erano inizialmente schierati contro l’euro, l’Europa, la NATO? Saliti in plancia di comando, hanno tuttavia voltano le spalle al proprio elettorato. Che fossero corrotti sin dal principio o siano stati cooptati lungo il percorso, mediante pressioni, ricatti o intimidazioni, poco importa.

I grandi burattinai che muovono i fili del futuro giocano su due tavoli: da un lato creano il consenso; dall’altro manovrano il dissenso. Salvo, al momento opportuno, farlo svaporare come una bolla di sapone, con l’obiettivo di fiaccare quella temibile carica di ribellione contro i soprusi che cova nel cuore delle masse. Le diverse fazioni politiche agiscono di concerto, al soldo del medesimo padrone. La recita contempla anche un’opposizione di facciata. In tal modo il teatrino del pluralismo è salvo. E l’illusione di democrazia garantita.

 

Se dunque mancano i presupposti per poter definire il nostro Paese un sistema democratico, ne consegue allora che gli Italiani non sono nemmeno così liberi di autodeterminarsi.

 

In compenso la cupola mondialista sa bene come confezionare un miraggio di libertà. Il filosofo ebreo tedesco Günther Stern, più noto con lo pseudonimo di Günther Anders, nel saggio del 1956 L’uomo è antiquato, illustra magistralmente tale meccanismo:

"Quanto più totale è un potere, tanto più muto il suo comando.

Quanto più muto un comando, tanto più naturale la nostra obbedienza.

Quanto più naturale la nostra obbedienza, tanto più assicurata l’illusione di libertà.

Quanto più assicurata l’illusione di libertà, tanto più totale il potere".

 

Noi possiamo in effetti camminare avanti e indietro all’interno di un vagone. O guardare fuori dal finestrino. Ma chi ha stabilito la direzione del treno sul quale veniamo trasportati?

 

Qualcuno si è premurato di domandarci se intendevamo aderire alla NATO, entrare in Europa, abbandonare la lira?

 

Il Trattato di Maastricht ci ha imposto la rinuncia a esercitare la sovranità monetaria.

 

Il Trattato di Schengen ha azzerato la proprietà territoriale della nazione.

 

La Costituzione italiana vieta il parere dei cittadini su questioni fondamentali, come il sistema fiscale e i rapporti con l’estero.

 

Una magistratura elefantiaca e deviata è al guinzaglio dello Stato profondo.

 

La gente comune non ha voce in capitolo neanche su temi chiave, quali il mercato del lavoro, il regime pensionistico, l’ambiente e il paesaggio, i programmi scolastici, la ricerca scientifica, i palinsesti della Tv di Stato, le grandi opere.

 

I vertici dell’Unione Europea ci infliggono obblighi assurdi, formulati dalle oligarchie massoniche e usuraie ai vertici di organismi quali WEF, ONU, NATO, OMS, Club Bilderberg, Aspen Institute…

 

Gli interventi speculativi a opera di gruppi privati hanno minato alle basi la Sanità pubblica. Soprattutto negli ospedali del Sud, curarsi è un terno al lotto. Ciò equivale a dire che lo Stato si arroga il diritto di vita e di morte sui sudditi, trattandoli alla stregua di servi della gleba.

 

Gli Italiani sono stati costretti a vaccinarsi con sieri genici sperimentali a MRNA, che hanno provocato decessi, procurato gravi effetti avversi e inquinato il DNA.

 

La partitocrazia, aggiogata al carro delle lobby anglosioniste, dilapida il patrimonio industriale pubblico, affossa la piccola e media impresa, favorisce le multinazionali a scapito della nostra economia, svende la Banca d’Italia a Istituti di credito privati.

 

Nel nostro Paese il costo dell’energia e il prezzo del carburante sono tra i più alti in Europa, con pesanti ripercussioni sui conti delle aziende e dei cittadini.

 

Demenziali politiche autolesioniste, in materia di istruzione, sicurezza, sussidi di disoccupazione, edilizia popolare e tutela della maternità, nel privilegiare gli immigrati, penalizzano noi Italiani.

 

Le ONG del banchiere e filantropo ebreo George Soros lavorano a  pieno ritmo per invadere il Bel Paese, con frotte di clandestini che siamo costretti ad accogliere. E a mantenere.

In Italia il 9% della popolazione è straniera, per oltre il 70%  cittadini non comunitari. Eppure i detenuti stranieri nelle nostre carceri sono il 31,5%. E ci costano quasi un miliardo di euro l’anno.

Malavita organizzata, baby gang e bande di latinos spadroneggiano. Orde islamiche si esibiscono in raccapriccianti spettacoli di “Tabarrush gamea”, aggressioni sessuali di gruppo.

I mezzi pubblici pullulano di borseggiatori rom.

Le baraccopoli si moltiplicano.

Le periferie sono ormai fuori controllo.

Camminare la sera nel centro delle grandi città è sempre più pericoloso.

La polizia ha le mani legate.

Nel frattempo le amministrani comunali finanziano la costruzione di nuove moschee, dove gli imam inneggiano alla jihād.

 

Nel 1993 è entrata in vigore la Legge Mancino, norma liberticida che persegue penalmente qualunque affermazione discriminatoria su questioni razziali, etniche e religiose.

Nel 2022 l’Unione Europea ha promulgato il Digital Service Act, un regolamento sui servizi digitali, concepito “per migliorare la moderazione dei contenuti sulle piattaforme dei social media”. Strumento potenzialmente censorio giacchè stabilisce che, per silenziare un contenuto, benché legittimo, sia sufficiente bollarlo con l’accusa di disinformazione.

Entrambi questi provvedimenti contraddicono l’articolo 21 della Costituzione, che sancisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

 

Nella classifica del Reporter sans Frontières del 2024, quanto a libertà di stampa l’Italia si colloca al quarantaseiesimo posto, alla stregua delle peggiori dittature.

 

La libera ricerca storica è impedita, argomenti come la shoah sono considerati tabù e chi osasse scandagliarli verrebbe subito indagato e accusato di negazionismo.

 

Il politicamente corretto, l’ideologia gender, la rivoluzione woke, la cancel culture ci imbavagliano e ci castrano, decapitano il passato, fagocitano il futuro.

 

Il circo dell’industria dell’intrattenimento, con l’ausilio di cinema, teatro, TV,  pubblicità e cartoni animati, veicola una propaganda violenta, depravata, talvolta blasfema, suscita desideri artificiali, omologa il pensiero, altera il giudizio, e la coscienza.

 

La Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II, è stato trasformata in una filiale della Massoneria, troppo assorbita da intrighi di palazzo, perversioni e traffici illeciti, per preoccuparsi di tutelare la salute spirituale dei fedeli.

 

Archiviato il principio di autorità, la famiglia agonizza.

 

L’etica è defunta.

 

La cultura è stata massacrata, la lingua imbarbarita, l’istruzione pubblica aziendalizzata. E la gramigna delle baronie soffoca le Università.

 

Tanti adolescenti sono drogati, alcolizzati, ludopatici, soffrono di depressione, dipendenza da social, disforia di genere.

Assumono sonniferi, psicofarmaci, bloccanti della pubertà.

Delinquono in un’età sempre più precoce.

Alla prima difficoltà, corrono dallo psicanalista.

Il suicidio è la seconda causa di morte fra i 15 e i 24 anni.

 

Grazie alla bufala del riscaldamento climatico, presto ci rinchiuderanno dentro la gabbia dei Credit Carbon, nel recinto delle città da 15 minuti.

 

La follia del transumanesimo bussa alla porta delle giovani generazioni.

 

L’angoscia dell’insolvenza e la tragedia dei suicidi per debiti segnano la nostra epoca.

 

Ma se i potenti della Terra hanno in serbo, per le greggi umane, un destino di abiezione e decadenza, quale miglior tattica che convincerle di essere libere, così da scongiurare il rischio di rivolte? Ebbene, la “democrazia liberale” serve appunto a questo, funge da paravento, a celare la truffa dell’usura che, associata all’altra colossale impostura del debito pubblico, consente appunto di ridurre i popoli in schiavitù.

 

I primi riferimenti documentari sull’usura risalgono all’Antico Testamento, che vieta agli Ebrei di pretendere interessi sui prestiti concessi ai propri correligionari (Esodo 22, 24 e Deuteronomio 23, 20-21). In Deuteronomio 15-6 è presente un’ulteriore specifica: “Tu farai prestiti a molte nazioni e non prenderai nulla in prestito; dominerai così molte nazioni, mentre esse non ti domineranno”.

 

A distanza di millenni, Mayer Amschel Rothschild (1744-1812), capostipite di una delle più potenti dinastie di banchieri ebrei, dichiarò: “La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo le conferenze di pace. Le guerre vanno condotte in modo che le nazioni sprofondino sempre più nei loro debiti, e risultino così sempre più soggette al nostro potere”. Un’attitudine che il filosofo Hegel definì nei seguenti termini: “Gli Ebrei vincono senza aver combattuto”.

Mayer Amschel Rothschild affermò anche: “Permettetemi di emettere e gestire la moneta di una nazione, e potrò infischiarmene di chi fa le leggi”.

 

La nascita della FED negli Stati Uniti e la creazione dell’unione monetaria europea confermano purtroppo che questo progetto è giunto infine a compimento.

 

Illuminante, a tal proposito, il commento del magistrato Bruno Tarquini contenuto nel suo saggio La banca, la moneta e l’usura: “In occasione della ratifica del Trattato di Maastricht, lo Stato ha abdicato alla propria sovranità monetaria, consegnando a un ente privato il potere dal quale dipende la politica generale dello Stato. Senza il potere monetario, la sovranità popolare è un mero concetto, vuoto di contenuto. La rinuncia alla sovranità monetaria e al potere di emettere moneta ha costretto lo Stato a chiedere in prestito alla Banca Centrale le risorse finanziarie utili al conseguimento dei fini istituzionali. E lo ha quindi indotto a contrarre debiti. Il denaro ricevuto in prestito va tuttavia restituito, e con gli interessi. Ma come fa lo Stato ad adempiere a tale obbligazione? Oltre alla vendita dei beni patrimoniali, alla dismissione del demanio, all’emissione di titoli di credito fruttiferi, lo strumento più efficace e sicuro consiste nell’imposizione fiscale a carico dei cittadini: grazie alle imposte, dirette e indirette, lo Stato riesce a introitare tutto, o quasi, il denaro da restituire all’Istituto di Emissione. Ciò significa che il pagamento del debito viene sopportato perlopiù dai cittadini, cioè dal popolo”.

 

Opinione condivisa dall’economista inglese Tim Congdom: “Il potere di emettere la propria moneta, attraverso la banca centrale nazionale, è ciò che principalmente definisce l’indipendenza di uno Stato. Se un Paese rinuncia a questo potere, o lo perde, nel migliore dei casi potrà ambire allo status di ente locale. O di colonia”.

 

Nel medesimo solco di pensiero si colloca il giurista Giacinto Auriti: “Lo Stato di diritto, nel proprio ordinamento costituzionale, riconosce tre poteri: legislativo, giurisdizionale ed esecutivo. Mentre il quarto potere, quello della sovranità monetaria, se lo sono fagocitato, nel silenzio, le banche centrali, ovvero società per azioni con scopo di lucro”. Auriti ha puntualizzato che “pagare un debito di moneta, con altra moneta emessa a debito, è impossibile, a lungo andare si pagherà con i propri beni o con il proprio lavoro non retribuito, quindi con la schiavitù”.  Auriti ha altresi sostenuto che “ Gli usurai, padroni del denaro, hanno ufficialmente e autoritativamente spacciato, per democrazia, l’usurucrazia”. […] “L’esperienza ci ha infatti insegnato – continua Auriti –  che spesso la maggioranza viene conseguita non da chi ama il popolo, ma da chi ha il denaro per comprarla”.

 

Ne La Dittatura europea, l’antropologa Ida Magli ha magistralmente inquadrato la questione: “Due sono i pilastri che reggono la costruzione del Nuovo Ordine in vista del governo mondiale: il primo è l’accentramento del potere nelle mani dei banchieri, con la produzione del denaro e la creazione del debito pubblico; il secondo è la rete di associazioni create dagli uomini più ricchi e potenti per preparare e realizzare, con l’omogenizzazione di tutti i popoli, un sistema di governo unico, con una moneta unica, una lingua unica, una religione unica”.

 

In passato, l’usura era giudicata una piaga sociale. Coloro che la esercitavano, ossia gli Ebrei, erano visti con diffidenza. E ostracizzati.

 

Nel Corano gli Ebrei sono accusati di “illecita venalità”, (V. 42), “di seminare corruzione sulla Terra” (V. 64), di essere contaminati dall’usura come “chi è reso epilettico dal contatto con Satana” (II, 275).

 

I padri della Chiesa hanno dedicato intere opere a stigmatizzare la pratica del prestito a interesse.

 

Per secoli, in Europa, si sono susseguite le espulsioni di Ebrei, promosse e condotte dalle autorità civili e religiose, allo scopo di sradicare la piaga dell’usura e contrastare l’eccessiva concentrazione di capitali.

 

Nel 1543 Martin Lutero pubblica il libello Degli Ebrei e delle loro menzogne dove, a più riprese, si scaglia contro l’usura. Ecco lo stralcio di una sua invettiva: “In realtà sono gli Ebrei a tenere prigionieri noi cristiani nella nostra Terra […] vivono comodamente di ciò che noi abbiamo guadagnato con il lavoro. Tengono prigionieri noi e i nostri beni con la loro maledetta usura […]. Sono dunque i nostri padroni e noi i loro servi”.

 

Napoleone proclamò: “Quando, per il denaro, un governo non dipende dai capi dell’esecutivo ma dai banchieri, sono costoro a controllare la situazione, perché la mano che dà è al di sopra della mano che riceve […] Il denaro non ha madrepatria e i finanzieri non hanno patriottismo né decenza: il loro unico obiettivo è il profitto”.

 

Gli fa eco Thomas Jefferson, in una lettera del 1816 indirizzata a James Madison: “Se il popolo americano permetterà alle banche private di gestire l’emissione della sua moneta, allora, alternando inflazione e deflazione, le banche e le società finanziarie che cresceranno intorno a esse spoglieranno il popolo di ogni proprietà, finché i suoi figli si sveglieranno senza un tetto nel continente che i loro padri conquistarono. […] Credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti. […] Il potere di emissione deve essere tolto alle banche e restituito al popolo, cui appartiene”.

 

Il reato di usura era contemplato dal Codice Penale del 1859.

Ma fu stralciato dal Codice Penale Italiano del 1889, che si ispirava a principi economici liberisti. D’altronde, se la massoneria ha finanziato l’Unità d’Italia, è perché si aspettava di ricavarne un tornaconto.

 

Lo storico della massoneria Silvano Danesi, in un’intervista rilasciata al giornalista Ferruccio Pinotti e confluita nel suo dossier Potere massonico, ci ricorda che “a favorire e proteggere lo sbarco dei Mille c’erano, al largo, le navi della Marina inglese; e si sa che il Gran Maestro della massoneria inglese è il re”. “Se oggi c’è l’Italia unita” – continua Danesi − “lo si deve in gran parte alla massoneria”. Del resto, prosegue: “l’incipit dell’inno nazionale è “Fratelli d’Italia”: vorrà pur dire qualcosa”. Un sospetto che, a mio modesto parere, sarebbe legittimo estendere anche al nome del partito di Giorgia Meloni.

A proposito di banche, massoneria e genesi del Regno d’Italia va poi sottolineato che, fra i protagonisti delle speculazioni finanziare legate all’impresa dei Mille, figurano i banchieri israeliti Pietro Augusto Adami e suo cognato Adriano Lemmi. L’Adami fornì le vettovaglie per la spedizione e, con denaro massonico, pagò sottobanco i vapori “trafugati” Piemonte e Lombardo. Garibaldi lo ricompensò con una concessione per la costruzione delle ferrovie nel Mezzogiorno, ove lo Stato si impegnava ad accollarsi ogni perdita di gestione. Al Lemmi, insignito nel 1885 con la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, toccò il monopolio dei tabacchi.

 

Il 9 luglio 1919 in un discorso agli Aviatori di Centocelle, Gabriele d’Annunzio dichiarò: “Separiamoci dall’Occidente degenere che […] è diventato un’immensa banca giudea in servizio della spietata plutocrazia transatlantica”.

 

Sotto il fascismo, il Codice Penale del 1930 reintrodusse il delitto di usura.

 

Papa Pio XI, nellEnciclica Quadragesimo anno del 1931 sentenziò: “Ai nostri tempi non vi è solo la concentrazione della ricchezza, ma anche l’accumularsi di una potenza enorme, un’egemonia dell’economia nelle mani di pochi. Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il denaro, la fanno da padroni: onde  sono in qualche modo i distributori del sangue stesso di cui vive l’organismo economico e hanno in pugno, per così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe respirare”.

 

Il poeta americano Ezra Pound pagò cara la sua battaglia contro l’usura. Aveva sessant’anni quando, nel maggio 1945, dopo settimane di interrogatori presso il Centro di formazione disciplinare vicino a Pisa, gli Americani lo rinchiusero per tre settimane in una gabbia di ferro, esposta al sole e, la notte, a riflettori accecanti. L’inumano trattamento gli procurò un collasso. In seguito, sottoposto a una perizia psichiatrica che lo definì “infermo di mente”, fu internato per dodici anni nel manicomio criminale di St. Elizabeths a Washington.

 

Marco Pizzuti, in Rivelazioni non autorizzate, ricostruisce due scenari che aiutano a comprendere come mai qualunque azione concreta in difesa della sovranità monetaria sia destinata a naufragare. Li riportiamo qui, in sequenza cronologica.

 

Abraham Lincoln, per finanziare la Guerra di secessione americana, anziché indebitare il suo Paese con i banchieri internazionali che pretendevano tassi d’interesse tra il 24 e il 36%, nel 1865 firmò un provvedimento che consentì di mettere in circolazione quattrocento milioni di dollari non gravati da debito né da interessi, i cosiddetti green bucks.

Il 14 aprile 1865 fu freddato con un colpo di rivoltella alla nuca, mentre dal palco presidenziale assisteva a uno spettacolo presso il Ford Theatre di Washington. E la legge da lui emanata fu revocata di lì a poco.

Lincoln aveva idee chiare, senso della giustizia, amore per il popolo e coraggio da vendere. Questo suo scritto ne è una testimonianza: “Il governo dovrebbe creare, stampare e mettere in circolazione tutta la moneta e tutto il credito necessario per soddisfare la capacità d’acquisto del governo e il potere d’acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare e stampare moneta non è soltanto la prerogativa suprema del governo, ma è la più grande opportunità creativa del governo. Attraverso l’adozione di questi principi, i contribuenti risparmieranno immense somme di interesse. Il denaro cesserà di essere il padrone e diverrà il servo dell’umanità.” Ecco perché fu brutalmente giustiziato.

 

Dopo quasi un secolo, il 4 giugno 1963, J.F. Kennedy firmò l’ordine esecutivo numero 11110, per impedire alla Federal Reserve Bank di continuare a prestare al governo degli Stati Uniti soldi gravati da interesse. Quando il 22 novembre dello stesso anno fu assassinato a Dallas, la circolazione dei quattro miliardi di dollari, che nel frattempo

il Dipartimento del Tesoro aveva provveduto a stampare, fu bruscamente interrotta.

 

La nostra memoria corre quindi al 1966. Con Aldo Moro, Presidente del Consiglio dei Ministri, intenzionato a finanziare spese statali per 500 miliardi di lire. La Banca d’Italia non si rese disponibile a soddisfare la sua richiesta. Egli decise allora di emettere biglietti di Stato a corso legale, carta moneta da 500 lire. E dimostrò così che si poteva creare denaro senza indebitare il Paese. Il 9 maggio 1978 fu

barbaramente eliminato. La cartamoneta da 500 lire venne subito tolta dalla circolazione. L’ipotesi di emettere moneta non a debito cadde nel dimenticatoio.

 

Solo una catena di strane coincidenze? Oppure tre lezioni esemplari, dotate di una formidabile carica deterrente a lungo termine, che potrebbero aver dunque contribuito a dissuadere gli amministratori della cosa pubblica dal coltivare qualsivoglia velleità patriottica in materia di moneta?

 

Per certi versi il declino e l’assoggettamento dell’Occidente sono insomma il risultato di una strategia millenaria, imperniata sull’usura, ossia sul “prezzo per l’uso della moneta”. La marcia forzata verso il mondialismo parte difatti proprio da qui . Una cartabasi scandita da alcuni passaggi-chiave: la fondazione della Banca d’Inghilterra nel 1694; la nascita a Londra della massoneria moderna, nel 1717; il Federal Reserve Act del 1913, prodromico all’istituzione della Federal Reserve Bank; gli Accordi di Bretton Woods del luglio 1944; la fine della convertibilità in oro del dollaro, annunciata da Nixon il 5 agosto 1971. E, più di recente, l’imposizione dei Fiscal compact, del PNRR e via dicendo.

 

Oggi i partiti si spacciano per paladini del popolo.

Eppure mai nemmeno un politico che sfiori questo tasto spinoso e rivendichi il sacrosanto diritto dello Stato a battere la propria moneta.

Neanche un giudice disposto a denunciare l’illegittimità dei trattati europei, incompatibili con la Costituzione Italiana.

Nessun giornalista di regime pronto a informare il pubblico sulla circostanza che tutte le banche centrali sono società per azioni in mano a privati, speculatori senza scrupoli che gestiscono e manipolano a proprio vantaggio i cicli del mercato, della Borsa e della politica, gonfiando inflazione, debito pubblico e tassi d’interesse. Pirati che si muovono in ambito sovra-nazionale, godono di privilegi e totale immunità, indicono riunioni a porte chiuse e deliberano nella massima segretezza.

I singoli governi non possono dunque interferire in alcun modo con le decisioni assunte dalla Banca Centrale Europea.

 

Giacinto Auriti, in una raccolta di suoi brevi saggi intitolata Il Paese dell’utopia, ha spiegato bene dove si cela la radice del grande inganno. Cediamo a lui la parola: “Il cittadino pensa, in buona fede, che il prelievo fiscale sia destinato al pagamento delle spese necessarie a scopi di pubblica utilità. Niente di più falso. Come è noto, e inconfutabile, la gran parte dei prelievi va a finire nelle tasche degli azionisti della Banca Centrale ( S.p.A., società privata con scopo di lucro), perché la Banca centrale emette moneta solo prestandola. E poiché prestare denaro è prerogativa del proprietario, e il proprietario deve essere chi crea il valore della moneta – e cioè chi l’accetta e non chi lo stampa – il corrispettivo dovuto alla banca centrale andrebbe commisurato a quello normalmente dovuto a una tipografia. Pertanto qui lo “spreco fiscale” è pari alla differenza tra costo tipografico e valore nominale della moneta”.

 

In conclusione, tutti noi siamo ostaggio di una banda di miliardari delinquenti che hanno costruito una gabbia di menzogne, ci tengono in catene, soffocano le nazioni. Le élite finanziarie cosmopolite hanno architettato un trucco geniale: se le sbarre della prigione si chiamano” libertà e democrazia”, “uguaglianza e giustizia”, probabile allora che i detenuti non provino nemmeno la tentazione di fuggire. Ecco perché a noi adesso non resta che un’unica via di salvezza: scatenare una rivoluzione planetaria che rivendichi la proprietà popolare della moneta all’atto dell’emissione, così da togliere alle Banche Centrali l’egemonia del signoraggio usurocratico e parassitario. Allo scopo di spezzare finalmente il cappio che ci hanno stretto attorno al collo. Per affrontare di nuovo il futuro a testa alta, con fierezza, da uomini liberi.

La lezione di Giacinto Auriti sarà il nostro faro nella tempesta.

Di Lidia Sella