L’avidità come motore del progresso: un passo obbligato per gli italiani
Riscoprirsi avidi è l’unica soluzione che abbiamo per salvare noi stessi e le future generazioni
“L’avidità, non trovo una parola migliore, è valida, l’avidità è giusta, l’avidità funziona, l’avidità chiarifica, penetra e cattura l’essenza dello spirito evolutivo. L’avidità in tutte le sue forme: l’avidità di vita, di amore, di sapere, di denaro, ha impostato lo slancio in avanti di tutta l’umanità”. Questa affermazione tratta da Wall Strett, film del 1987 con un Douglas straordinario, potrebbe sembrare provocatoria e controintuitiva in un mondo che spesso condanna l’avidità come un vizio, al contrario invita a una riflessione profonda sul valore di un desiderio insaziabile di crescita e miglioramento.
L’avidità non deve essere vista esclusivamente come un impulso negativo, ma come una forza propulsiva che può spingere l’individuo e la collettività verso nuovi orizzonti. Per gli italiani, che storicamente hanno dato tanto in termini di cultura, innovazione e bellezza, l’avidità potrebbe rappresentare la chiave per superare le sfide economiche e sociali degli ultimi decenni. Non parliamo di un’avidità materialistica, bensì di un bisogno profondo di riscoprire la passione per la vita, per l’ambizione, per la ricerca di soluzioni nuove.
Nella società moderna, troppo spesso, la tendenza è quella di accontentarsi, di “accomodarsi” su una situazione che sembra stabile, ma che in realtà non offre più la spinta evolutiva di un tempo. L’Italia, un Paese che ha visto decenni di crescita fulgida, oggi si trova ad affrontare un rallentamento, in parte dovuto alla mancanza della “fame” di successo che l’ha caratterizzata nel passato. In un mondo globalizzato, dove la competizione è sempre più agguerrita, è necessario riscoprire quella spinta, quella curiosità, quella voglia di eccellere che può derivare solo dall’avidità di migliorare.
L’avidità di sapere, per esempio, è quella che ha portato l’Italia a essere la culla del Rinascimento, il luogo dove artisti e scienziati non si accontentavano mai di quanto avevano già scoperto, ma cercavano continuamente nuove risposte, nuove verità, nuove forme d’arte. L’avidità di innovare, di spingersi oltre i limiti, è quella che potrebbe restituire agli italiani il ruolo di pionieri in settori come la tecnologia, la sostenibilità e l’industria del futuro. L’avidità di denaro, sebbene spesso demonizzata, può essere reinterpretata come il desiderio di crearsi opportunità, di crescere, di dare un futuro migliore alle nuove generazioni.
Ma l’avidità non si ferma solo alla sfera individuale. Ha anche una dimensione collettiva. Gli italiani devono riscoprire il bisogno di una crescita economica che non si limiti al piccolo orticello domestico, ma che abbracci l’idea di un paese che investe, che rischia, che sfida il sistema con idee audaci. È la sfida per riconquistare un posto da protagonista nell’economia globale, nella scienza, nell’arte e nella cultura.
In definitiva, l’avidità che proponiamo non è la semplice brama sfrenata, ma una forma sana di desiderio insaziabile che spinge l’individuo e la società verso un costante miglioramento. Non si tratta solo di accumulare ricchezze, ma di arricchirsi di esperienze, di conoscenze, di opportunità. Riscoprire l’avidità, per gli italiani, potrebbe significare ritrovare la spinta evolutiva che ha fatto grande il Paese e trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di speranza e di ambizione. Un’Italia che ha fame di futuro è un’Italia che può riscoprire il suo spirito innovativo e vincente.