"Paesaggio italiano visto da un lucernario" ovvero Degas prima di diventare il pittore delle ballerine
"I cieli ti chiamano e ruotano intorno a te, mostrandoti le loro bellezze eterne, eppure il tuo occhio è ancora rivolto verso la terra"
"Paesaggio italiano visto da un lucernario" ("Paysage d'Italie vu par une lucarne") e' un dipinto di 36,7 x 32 cm realizzato nel settembre del 1856 dal maestro dell'impressionismo francese Hilaire Germain Edgar Degas (Parigi,19 luglio 1834 – Parigi, 27 settembre 1917). Il quadro è stato sempre in mani private, pur essendo di sovente esposto in mostre pubbliche di prestigiosi musei italiani, europei e statunitensi.
Fino al febbraio 2009 il dipinto ha fatto parte della collezione di Yves Saint Laurent e Pierre Bergé che lo hanno messo in vendita in quel periodo a mezzo della casa d'asta inglese -oggi di proprieta' francese- Christie's realizzando la somma di 457.000 € a fronte di una stima di 300-400.000€.
Degas viene solitamente identificato con il tema della danza, “il pittore delle ballerine”, in quanto più della metà delle sue opere raffigurano ballerini. Sebbene Degas sia considerato uno dei fondatori dell'impressionismo, egli rifiutò il termine, preferendo essere definito un realista.
Degas era un superbo disegnatore e particolarmente magistrale nel rappresentare il movimento, come si può vedere nella sua interpretazione di ballerini e di nudi femminili al bagno. Oltre a questi soggetti, dipinse cavalli da corsa e fantini, oltre a ritratti considerati, quest'ultimi, come opere notevoli per la loro complessità psicologica e per la loro rappresentazione dell'isolamento umano.
All'inizio della sua carriera, Degas voleva diventare un pittore di storia, una vocazione per la quale era ben preparato grazie alla sua rigorosa formazione accademica e ad uno studio approfondito dell'arte classica. Poco più che trentenne, cambiò strada e, applicando i metodi tradizionali di un pittore di storia a soggetti contemporanei, divenne un pittore classico della vita moderna.
Edgar Degas proveniva, dal lato paterno, da una famiglia nobile e illustre: i De Gas: era questa l'ortografia originale del cognome, che si rintraccia anche in alcuni documenti cinquecenteschi anche come «De Gast» e «De Guast». I De Gas erano una nobile famiglia della Linguadoca i cui membri erano cavalieri del prestigioso ordine degli Orleans, donde l’istrice al centro del loro stemma nobiliare. In virtù di questa affiliazione si stabilirono a Meung, nella provincia dell’Orleans, dove nacque René Hilaire, nonno del pittore. Durante i burrascosi accadimenti della rivoluzione francese René Hilaire De Gas, inviso alla fazione repubblicana, vide la sua promessa sposa condannata a morte come nemica della Nazione e grazie a una soffiata seppe di essere egli stesso, a sua volta, candidato alla ghigliottina. Per questo motivo si rifugiò a Napoli, nel Regno delle Due Sicilie, chiedendovi asilo in qualità di aristocratico e di perseguitato politico. Nella città partenopea René mantenne un atteggiamento politicamente acquiescente e si dedicò a consolidare la propria situazione economica prima come agente di cambio poi fondando un istituto bancario di successo e diventando, a suo tempo, anche banchiere personale di Gioacchino Murat. A Napoli René De Gas riuscì ad accumulare un ingente patrimonio finanziario – arrivando ad acquistare per sé l’intero palazzo Pignatelli di Monteleone, un immobile di cento stanze nel cuore del centro storico di Napoli – intrecciando e mantenendo una fitta rete di rapporti con diverse famiglie nobili napoletane, e riuscendo così a superare senza particolari conseguenze i tumultuosi avvenimenti e sovvertimenti politici che si succedettero a Napoli e nel resto della penisola italiana nel corso del secolo XIX.
René Hilaire, divenne il capostipite del ramo napoletano del casato De Gas. Nonostante la sua intensa attività bancaria, infatti, egli non trascurò la vita sentimentale, e nella città partenopea si sposò con la livornese Giovanna Teresa Freppa, generando con lei ben sette figli, tre femmine e quattro maschi fra i quali Auguste (1809-1879), futuro padre del pittore.
Designato direttore della filiale parigina della banca paterna Auguste si trasferirà nella capitale francese dove, nel 1832 si unirà in matrimonio con Célestine Musson. Appartenente a pieno titolo alla grande borghesia bancaria francese, Auguste era un uomo di raffinata cultura e si interessava all’arte e alla musica con grande sensibilità, era un assiduo frequentatore del Louvre, densissimo di capolavori dopo le ruberie e le spoliazioni napoleoniche. Più modesta, ma non priva di valore, era invece la famiglia materna: la Musson, infatti, era di origine creola, e il padre – nativo di Port-au-Prince, ad Haiti – si era poi trasferito a New Orleans, nella Louisiana, diventando un facoltoso mercante del cotone e accumulando una piccola fortuna in piantagioni.
Edgar Degas era il primogenito di Auguste Degas e di Célestine Musson. Addolorato dalla precoce morte della madre, scomparsa nel 1847, iniziò gli studi classici al prestigioso liceo parigino Louis-le-Grand, dove strinse amicizia con Henri Rouart e con Paul Valpinçon, figlio di un famoso collezionista proprietario di un’importante raccolta di dipinti fra i quali anche la celebre Bagnante di Ingres. Conseguito il baccalauréat il 27 marzo 1853, Edgar decise tra molti dubbi di avviarsi agli studi di giurisprudenza alla Sorbona, ai quali dedicò però un impegno molto discontinuo. Non provò mai un forte interesse per la disciplina – studiata più che altro per assecondare le volontà paterne – e, anzi, ben presto manifestò una sincera vocazione per le belle arti. L'ambiente accademico non faceva proprio per lui, e l'abbandonò dopo appena sei mesi di corsi. Il padre, che sperava di avviare Edgar alla carriera di magistrato, inizialmente osteggiò la sua vocazione artistica, ma in breve tempo mutò atteggiamento e l'assecondò con calore ed energia, a patto che vi si dedicasse con impegno. Degas non poteva sperare di meglio, e trascorreva lunghi pomeriggi al museo del Louvre per ammirare i maestri del Rinascimento italiano.
"Paesaggio italiano visto da un lucernario" è il più grande dei tredici paesaggi conosciuti che Degas dipinse a Napoli e a Roma nei primi anni del suo lungo viaggio di studio in Italia nel 1856-59. Tutti eseguiti ad olio su carta e successivamente fissati su tela o tavola, materiali consueti in una tradizione di pittura a plein air che risale alla metà del Settecento. È anche uno dei primi paesaggi di Degas, datato settembre 1856, poco dopo il suo arrivo a Napoli, dove soggiornò presso i parenti napoletani del padre. Può essere datato sulla base di un meticoloso studio del quaderno di appunti dell'artista in cui è inscritto "Capodimonte 10 7bre [settembre]" (T. Reff, I quaderni di Edgar Degas: A Catalogue of the Thirty-eight Notebooks in the Bibliothèque Nationale and other Collections, Oxford, 1976, vol. I, carnet 7, p. 19). Sicuramente è stato disegnato, così come sicuramente è stata dipinta la veduta della finestra, nella soffitta della casa di campagna di René Hilaire Degas, il nonno dell'artista. Dalla stessa posizione, e senza dubbio allo stesso tempo, Degas dipinse anche una visione più ravvicinata della scena, eliminando la finestra ad arco e concentrandosi sulla fortezza e sul pendio sottostante (Brame e Reff, n. 16).
Sotto lo studio nel taccuino, c'è una citazione di mano di Degas da Dante, che stava leggendo e illustrando attivamente in quel momento. È dal Purgatorio, XIV, 148-50: "Chiamavi il cielo, e intorno vi si gira, mostrandovi le sue bellezze etterne, e locchio vostro pur a terra mira". ("I cieli ti chiamano e ruotano intorno a te, mostrandoti le loro bellezze eterne, eppure il tuo occhio è ancora rivolto verso la terra.") Indipendentemente dal fatto che questo testo fosse inteso come tale esso può essere visto come un commento al disegno e ancor più al dipinto, la cui ampia distesa di collina verde scuro domina sia il cielo azzurro e rosato che la lievemente sfumata cornice in muratura color ocra.
"Paysage d'Italie vu par une lucarne" è anche il primo di molti quadri in cui Degas esplora il fascino visivo della finestra e delle sue varianti, del portale, dello specchio e del quadro, come apertura incorniciata, reale o illusoria, in cui lo spazio dell'interno si contrappone allo spazio diversamente scalato e configurato di un esterno, un altro interno, o lo stesso interno, ridotto e capovolto.
Se "Paysage d'Italie vu par une lucarne" attende con impazienza l'interesse di Degas per le possibilità pittoriche della veduta della finestra nel suo lavoro successivo, guarda anche all'uso metaforico della finestra aperta nell'arte romantica all'inizio del secolo. Motivo frequente nell'arte nordeuropea e francese dal 1810 circa in poi, tali opere spesso includono in primo piano il cavalletto o il tavolo da lavoro dell'artista come segni della sua presenza, sebbene lui stesso sia assente. Il critico Lorenz Eitner, che per primo ha riconosciuto l'importanza del motivo, scrive che "La finestra è come una soglia e allo stesso tempo una barriera. Attraverso di essa, la natura, il mondo, la vita attiva richiamano, ma l'artista rimane imprigionato, non spiacevolmente , in intimità domestica. L'immagine della finestra illustra così perfettamente i temi del desiderio frustrato, della brama di viaggio o di fuga che percorrono la letteratura romantica... la giustapposizione del molto vicino e del lontano aggiunge una peculiare tensione al senso di distanza, più toccante di quella che si potrebbe raggiungere nel puro paesaggio» (Bollettino d'arte, dicembre 1955, pp. 285-86). Questo deve aver provato anche Degas nel contemplare la lontana fortezza di Capodimonte dall'attico della villa del nonno: una minuscola sagoma all'orizzonte, le cui pareti alternavano luce solare e ombra che riflettevano gli ultimi raggi del sole al tramonto in quel momento più romanticamente malinconico della giornata.