Tax Credit: Un Aiuto alla Cultura o un Sussidio agli Abusi?

Godessero altri rami della nostra economia dei vantaggi del cinema, saremmo seduti a capotavola al G7, altro che fiction di cartone e attori incapaci che si atteggiano a star dei poveri

Mi credete se vi dico che quando parliamo di cinema in Italia facciamo riferimento più a un sistema economico riconducibile alla vecchia URSS che non a quello dell’impresa privata, come dovrebbe essere? Andiamo ai fatti. Il tax credit di cui si nutre il nostro cinema è uno strumento di agevolazione fiscale introdotto per sostenere le produzioni nostrane. La misura, che risale al 2008, in teoria mira a incentivare gli investimenti nel settore cinematografico, favorendo l'incremento della produzione di film e serie televisive.

In altre parole, il tax credit consente ai produttori di ottenere un rimborso fiscale fino al 40% delle spese sostenute per la realizzazione di quella che troppo spesso è una mezza fetecchia, coprendo vari costi, inclusi quelli tecnici, logistici e del personale. Parafrasando Totó “…e noi paghiamo!”.

Il sistema del tax credit si basa su un meccanismo machiavellico e, per certi versi perverso, di detrazioni fiscali, un giochino che riduce direttamente le imposte. In tal senso, esistono diverse categorie di agevolazione: il credito d’imposta per le imprese di produzione, per gli investitori esterni al settore (come banche o finanziatori privati), e per i distributori: è un gioca jouer di “futti futti”, direbbero i più maliziosi. Questo strumento si applica non solo alle produzioni italiane, ma anche alle coproduzioni internazionali, purché una parte del lavoro venga realizzata in Italia. In altre parole, per invogliare gli investitori gli regaliamo i piccioli, che è un po’ come pensare che la Apple per vendere i suoi smartphone includesse un massaggio della commessa thailandese con tanto di happy ending

Siamo in Italia e siamo italiani, potevamo non gabbare il sistema? Senza fare nomi, cognomi e soprannomi, molti produttori hanno trovato il modo di sfruttare il sistema a proprio vantaggio, utilizzandolo per massimizzare i profitti a discapito della qualità dei prodotti e della trasparenza nelle produzioni. Magia o truffetta, decidete voi, uno degli abusi più comuni riguarda la sovrastima dei costi di produzione. In pratica, alcuni produttori gonfiano artificialmente le spese per ottenere crediti fiscali più elevati, senza che vi sia un reale incremento dei costi. Questo fenomeno provoca inevitabilmente un danno alle finanze pubbliche, poiché lo Stato finisce per finanziare progetti di dubbia qualità o, nella peggiore delle perculate, che non avrebbero mai avuto bisogno di tali agevolazioni.

Film che spesso non arrivano neanche nelle sale o, semmai ci arrivano, incassano quanto basta per comprare un panino e una bibita dal kebabbaro sotto casa, quando fa gli sconti.

Non sono pochi gli addetti ai lavori che  accusano il sistema di avere incentivato una proliferazione di produzioni di facciata, ossia film e serie realizzati più per approfittare del tax credit che per motivazioni artistiche o culturali. Alla luce di questi abusi, è legittimo chiedersi se il tax credit sia davvero uno strumento utile per il cinema italiano o se, invece, stia producendo più danni che benefici.

Diversi esperti e analisti del settore hanno sollevato l'idea che lo Stato farebbe meglio a eliminare o riformare profondamente questo sistema di incentivi. Uno dei principali motivi a favore dell'eliminazione del tax credit è il suo costo per i cittadini.

In un momento storico in cui le risorse sono limitate e vi sono molte altre priorità sociali ed economiche, continuare a finanziare progetti cinematografici appare uno spreco di denaro senza senso. Inoltre, siamo sinceri, è ridicolo che manchi una vera supervisione sui meccanismi di spesa. Un altro motivo riguarda l'effetto negativo sulla qualità. Il tax credit, incentivando la produzione di massa, ha portato a un'eccessiva focalizzazione sulla quantità piuttosto che sulla qualità dei contenuti. L'industria cinematografica italiana, già in difficoltà nel competere a livello internazionale, rischia così di rimanere intrappolata in una spirale di mediocrità, ma finanziati dal denaro pubblico.

Infine, non ultimo, c'è il rischio che il sistema diventi un sussidio per pochi, favorendo le grandi case di produzione a discapito dei piccoli produttori indipendenti. In qualsiasi sistema economico sano, lo Stato investe soldi se ha un ritorno, o se indirettamente crea un vantaggio per la comunità. Pensate agli incentivi sul fotovoltaico. Lo Stato agevola l’acquisto di pannelli solari per incrementare la produzione di energia pulita creando un vantaggio reale per i cittadini.

Cosa diversa è investire per il nuovo film di tale x, che probabilmente non vedrà nessuno, e che anche se vince un Oscar non porta vantaggi reali a nessuno, esclusi il regista e gli attori che si farebbero una passeggiata sul red carpet.