A Padova un festival sull'acqua nasce inclusivo per scoprire i nuovi talenti del cinema
Il festival di cortometraggi padovano, arrivato alla 18° edizione, continua il suo ruolo di ricerca e valorizzazione di nuovi talenti e cinematografie poco conosciute.
Intervista doppia a Emilio Della Chiesa Presidente Researching Movie e Romina Zanon Direttrice Artistica del RIFF di Padova
Quali sono le origini del River International Film Festival?
Emilio Della Chiesa
Le origini del River Film Festival si sintetizzano in una frase molto semplice, anche perché oggi, nel 2024, a distanza di vent'anni di festival, abbiamo avuto conferma di quello che sto per dirvi. Il River ha origine in quella modalità, in uno spazio libero che è il fiume, elemento fondativo della polis urbana. Spazio libero, metto l'accento su spazio libero, perché viene creato da un'associazione culturale indipendente, perché è quasi impossibile avere a disposizione spazi fisici dove poter attivare un progetto culturale sia esso un festival internazionale di cinema, di danza, di musica, di teatro, o altro. Ne abbiamo avuto conferma oggi, a distanza di vent'anni, perché il cambiamento climatico in atto ci obbliga in qualche modo garantire un “cover set”. Oggi ci siamo nuovamente scontrati con la burocrazia che in una maniera o nell'altra ci ha negato gli spazi. Dunque il River nasce sul letto di un fiume, su una zattera che galleggia, in un contesto bellissimo, storico, valorizzato dal grande Canaletto, proprio perché è luogo libero. Ecco, questo è il motivo. Nasce anche come esigenza di proseguire un percorso artistico e professionale, del fondatore, Emilio Della Chiesa, che si è sempre occupato di cinema dall'età di nove anni.
Romina Zanon
Come anticipato già da Emilio della Chiesa, il River nasce e si fa portavoce di una necessità sociale e urbana, cioè la riqualificazione di un'area che nell'anno in cui è stato fondato versava in una situazione di degrado. Quindi attraverso le suggestioni di Emilio, la cultura, in quel caso, è servita da strumento utile per la riqualificazione sociale e urbana di una zona della città che adesso è, forse, una delle più suggestive, non solo per l'importanza storico-artistica, ma anche per una serie di iniziative che sono nate e che hanno attratto numerosi studenti facendone un punto di ritrovo e di incontro. Quindi oggi il quartiere Portello, a distanza di quasi vent'anni dalla fondazione del Festival, rappresenta uno spazio di aggregazione sociale e culturale della città, forse uno degli spazi privilegiati. Penso che il festival, sia grazie alla sua natura, ma anche poi a tutte le evoluzioni che gli sono state in qualche modo garantite, abbia svolto un ruolo fondamentale in questo processo di rigenerazione urbana e sociale. Penso che questo ruolo lo stia giocando tutt'oggi, nonostante comunque abbia cambiato volto. Lo sta giocando perché comunque continua a funzionare come presidio culturale della zona, perché di fatto il Portello non ha delle iniziative culturali di richiamo territoriale, nazionale e internazionale come il River. Quindi in qualche modo funge anche da catalizzatore degli eventi culturali di respiro internazionale, permettendo anche a numerose generazioni di studenti di cinema e di arti visive di poter fruire di prodotti multimediali che diversamente non avrebbero modo di vedere. Penso che questo sia un momento fondamentale per la formazione di uno studente. Il River film Festival si fa interprete dell'evoluzione del linguaggio audiovisivo mondiale e lo fa conoscere al pubblico patavino
Come convincereste uno spettatore a venire al River? Quali punti forti utilizzereste per captare il pubblico?
Romina Zanon
Questa domanda meriterebbe più risposte a seconda del target d'utenza. Il nostro target principale sono gli studenti e per convincerli della bontà del progetto userei diversi termini chiave. Il primo è “i nuovi talenti”, nel senso che il River è sempre stato molto attento a captare le forme del cambiamento del linguaggio audiovisivo contemporaneo e di conseguenza a valorizzarne i nuovi sguardi offrendo a questi giovani registi la possibilità di promuovere le proprie opere. Questo lo si fa attraverso un'operazione di scouting molto attenta nei vari mercati, cercando anche di favorire le cinematografie meno conosciute ed emergenti. Un altro termine chiave è “internazionalismo”, proprio per la capacità di muoversi nei grandi palchi internazionali e di promuovere i talenti non solo locali ma anche internazionali. Il terzo termine chiave è “inclusione” proprio perché il programma ospita delle sezioni tematiche dedicate ad argomenti di grande interesse socio-politico. Il programma di quest'anno è iniziato con un approfondimento sul tema degli aiuti umanitari. Abbiamo poi due sezioni sui cambiamenti climatici e i diritti umani. L'uomo nella sua dimensione sociale, è un po' il fil rouge di tutta la programmazione. Non ultimo il fatto che il River, anche se è stato privato del suo momento di aggregazione post-proiezioni, continua comunque a rappresentare un luogo di incontro per giovani interessati al cinema.
Emilio Della Chiesa
Direi al nostro pubblico che venire al River merita per molteplici aspetti. Già li ha elencati Romina Zanon e vorrei aggiungere una cosa molto importante: i giovani di oggi. La maggior parte del nostro pubblico è giovanile, universitario, però non mancano anche gli anziani, non mancano anche gli abitanti del quartiere e gli ospiti internazionali che vengono perché abbagliati dalla bellezza della nostra location. Vale pena venire al river per vari aspetti: Il primo: sempre più le tecnologie attuali dei media costringono i soggetti a socializzare con l'altro attraverso la rete e i device, ma sempre meno attraverso la presenza fisica dell'altro. Questo sta creando grossi complessi e problemi di ordine relazionale e psicologico nei giovani che ora hanno difficoltà a parlare a una persona viva che hanno davanti. Dunque il River è una bella occasione per relazionarsi all'altro fisicamente in un bellissimo luogo, divertendosi e potendo anche visionare lavori di grande pregio artistico. Questi lavori raccontano storie molto interessanti perché frutto di un'attenta e accurata programmazione attraverso le piattaforme, ma attraverso anche lo scouting porta a porta, durante i grandi festival internazionali. Questa è la prima indicazione, venite pure, perché il River dà ai giovani di oggi l'opportunità di poter relazionarsi all'altro fisicamente, in presenza. Questo è sempre più importante anche per capire la velocità del dialogo. Faccio un esempio, io faccio fatica spesso ad ascoltare un giovane perché è abituato con i device ad ascoltare l'altro in velocità tripla, quadrupla. Spesso si mangiano le parole, spesso si fa fatica a capire cosa dicono. Dunque questo è un esercizio utile quello di relazionarsi all'altro fisicamente. Altra cosa attraente del River, è che è un festival sempre attento, da quando è nato, all'innovazione della comunicazione, all'innovazione tecnologica del linguaggio cinematografico. Il cinema è un linguaggio che ha circa 100 anni, ma tecnologicamente è sempre rimasto con 24 fotogrammi, rapporto di proiezioni 1/37 o 16/9. Ora si stanno affacciando sempre più sulla scena cinematografica nuove tecnologie come la realtà virtuale, di cui la grande Mostra del Cinema a Venezia è stata la prima di questo settore, inaugurando una sezione concorso della VR, presso l'Isola di San Lazzaro sul Lazzaretto Nuovo. Noi siamo venuti un anno dopo la Mostra del Cinema, sono già sei anni che abbiamo una sezione VR in concorso, competitiva, dove anno dopo anno rinnoviamo anche il parco macchine e i device. Ora abbiamo aggiunto anche gli Oculus Quest 3, interattivi. Non siamo più a prodotti immersivi 360, abbiamo anche a prodotti 360 interattivi, dove il soggetto interagisce nella storia scegliendo come vedere e come percorrere un'esperienza. Il River è sempre stato un festival molto curioso delle novità tecnologiche e le ha sempre sposate e affrontate. Altro motivo importante per venirci. Terzo, e non ultimo, la bellezza del luogo che non ha paragoni, in estate fa molto caldo e il fiume è sempre il luogo più fresco e anche più romantico della città.
Romina Zanon
Vorrei aggiungere solo due elementi rispetto a quanto detto da Emilio. Per quanto riguarda il tema dell'aggregazione sociale, cioè del festival come piattaforma di incontro, diciamo che abbiamo ribadito questa necessità anche in periodo Covid, quando ci siamo opposti a trasferire online la programmazione. Ci siamo sforzati di trovare una soluzione e salvare le attività in presenza. Penso che anche questa sia stata una scelta indicativa dell'importanza che riveste per il River la relazione umana. E poi, per quanto riguarda le nuove tecnologie, dal Festival del 2019 è anche nato un convegno di cinque giorni sulla realtà virtuale che di fatto ha rappresentato il primo momento di riflessione teorica importante a livello nazionale, questo ci viene riconosciuto oggi anche quando ci muoviamo nei vari festival. Quindi anche questo, secondo me, è stato un momento fondamentale per il River e per l'associazione che ci ha permesso di farci portavoce della necessità di fare anche un punto teorico, di interrogarsi sullo stato dell'arte dell'evoluzione della realtà virtuale con una serie di ospiti di rilevanza sia nazionale che internazionale.
Quando si segue un festival bisogna fare una scelta tra cortometraggi di ricerca o cortometraggi per il grande pubblico, magari più commerciale. Oppure si può dire faccio 50/50 o vado più sul cortometraggio politico. Qual è la strada che secondo voi bisogna seguire in questo momento?
Emilio Della Chiesa
Diciamo che il festival segue come orientamento dalla nascita e percorre i suoi valori fondanti. Siamo nati sul concetto di etnicità e diaspore proprio perché il progetto culturale si poneva come presidio per riqualificare un'area di degrado sociale. Dunque era senz'altro l'unico modo per poter conoscere il diverso, la sua fantasia, la sua narrazione onirica che è rappresentata dal cinema. È un grande linguaggio e medium per conoscere l'altro. Dunque l'elemento fondante era la tecnicità e la diaspora per una politica di accoglienza. Il festival si e' poi sempre rivolto all'internazionalizzazione e soprattutto, oggi a maggior ragione la valenza, dev'essere un momento di pace, che promuove il dialogo tra le diverse culture e promuove un dialogo di pace. Questo è un momento storico in cui stiamo attraversando conflitti sempre più pericolosi. Andiamo verso una terza guerra mondiale. Dunque ogni forma d'arte ha l'obbligo morale, di impegnarsi a diffondere valori di dialogo, accoglienza, conoscenza degli altri, unico modo per rispettare la natura di ogni essere umano che ha diritto di stare in pace.
Romina Zanon
Io mi sento di rispondere per quanto riguarda soprattutto la programmazione di quest'anno che ovviamente segue i principi cardine del festival e quindi cerca di incanalarsi in questa strada che è stata tracciata già durante le origini. All'interno della strutturazione tematica del programma, che si articola in otto sezioni in concorso e in due con premiate dal pubblico, la scelta è stata dettata da tre prerogative. Come si diceva poc'anzi, scovare nuovi talenti, soprattutto appartenenti a cinematografie emergenti. Di conseguenza avere il maggior numero di prime possibili, nazionali, europee e mondiali. Quest'anno abbiamo ben 30 prime nazionali, 11 mondiali e 9 europee. In terza battuta, anche la scelta di inserire nella programmazione cortometraggi che sono già riusciti a ricavarsi uno spazio nei grandi festival. Infatti abbiamo circa una decina di corti che sono stati presentati a Cannes, Venezia, Locarno e Berlino. Quindi un programma attento sia ai nuovi talenti, alla ricerca di nuove cinematografie, ma anche attento a ospitare cortometraggi che si sono già ricavati una fama, e un certo prestigio.