Storia de Roma Antica - Capitolo XXII - GIULIO CESARE - Approfondimento storico
APPROFONDIMENTO STORICO AL CAPITOLO XXII - GIULIO CESARE
Gaio Giulio Cesare (Roma, 13 luglio 101 o 100 a.C. – Roma, 15 marzo 44 a.C.) fu un eccellente stratega militare ed ebbe un ruolo cruciale nella transizione del sistema di governo dalla forma repubblicana a quella imperiale. Fu dittatore alla fine del 49 a.C., nel 47 a.C., nel 46 a.C. con carica decennale e dal 44 a.C. come dittatore perpetuo. Con la conquista della Gallia estese il dominio di Roma fino all’oceano Atlantico e al Reno; portò gli eserciti romani ad invadere per la prima volta la Britannia e la Germania e a combattere in Spagna, Grecia, Egitto, Africa e Ponto, dove annunciò la straordinaria vittoria riportata il 2 agosto del 47 a.C. contro l’esercito di Farnace II a Zela con la celeberrima frase: “Veni, vidi, vici” (Venni, vidi, vinsi). Il primo triumvirato, una sorta di accordo privato per la spartizione del potere con Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso, segnò l’inizio della sua ascesa. Dopo la morte di Crasso (Carre, 53 a.C.), Cesare si scontrò con Pompeo e la fazione degli Optimates per il controllo dello Stato. Nel 49 a.C., di ritorno dalla Gallia, guidò le sue legioni attraverso il Rubicone, occasione in cui pronunciò il celebre “Alea iacta est” (il dado è tratto), scatenando la II guerra civile alla fine della quale divenne capo indiscusso di Roma sconfiggendo Pompeo a Farsalo (48 a.C.) e successivamente gli altri Optimates, tra cui Catone Uticense, in Africa e in Spagna. Con l’assunzione della dittatura a vita diede inizio a un processo di radicale riforma della società e del governo, riorganizzando e centralizzando la burocrazia repubblicana. Il suo operato provocò la reazione dei conservatori, finché un gruppo di senatori, capeggiati da Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino, cospirò contro di lui uccidendolo alle Idi di marzo del 44 a.C.. Nel 42 a.C., appena due anni dopo il suo assassinio, il senato lo deificò ufficialmente, elevandolo a divinità. L’eredità riformatrice e storica di Giulio Cesare fu quindi raccolta da Ottaviano, suo pronipote e figlio adottivo.
“Morte di Giulio Cesare”, di V. Camuccini, Museo di Capodimonte