“Il ritratto della giornalista Sylvia von Harden”, l’opera del tedesco Otto Dix che rappresenta un’epoca

“Quindi vuoi dipingere i miei occhi spenti, le mie orecchie sporgenti, il mio naso lungo, le mie labbra sottili; vuoi dipingere le mie mani lunghe, le mie gambe corte, i miei piedi grandi, cose che possono solo spaventare la gente e non deliziare nessuno?”

“Il ritratto della giornalista Sylvia von Harden” (in tedesco: “Bildnis der Journalistin Sylvia von Harden”) è un dipinto di 121 x 89 cm del pittore tedesco Otto Dix (Gera, 2 dicembre 1891 – Singen, 25 luglio 1969) realizzato nel 1926. Il dipinto è stato realizzato in legno con una tecnica mista di olio e tempera. Il dipinto è stato acquistato direttamente dall'artista nel 1961 dal Musée National d'Art Moderne di Parigi che si trova nel Centre Pompidou al Quarto Arrondissement parigino, non lontano dal Louvre, ed è lì ancora oggi esposto.

Otto Dix fu’ un esponente di spicco della "Neue Sachlichkeit" (“Nuova oggettività”). Si tratta di un movimento artistico nato in Germania alla fine della prima guerra mondiale che coinvolse principalmente le arti visive e al quale si ispirarono anche artisti come Lucian Freud. La “Nuova oggettività” terminò con la fine della Repubblica di Weimar e con la presa del potere da parte dei nazisti, che consideravano la “Nuova oggettività” come arte degenerata: fu allora che numerosi artisti emigrarono, per lo più verso gli Stati Uniti.

Otto Dix era di origini proletarie, il padre era operaio in fonderia, nel 1909 entrò alla Scuola d'arti decorative di Dresda e più tardi all'Accademia di belle arti. La frequentazione di gallerie e mostre di pittura (sempre a Dresda, nel 1912, visitò una mostra di Vincent van Gogh, restandone fortemente colpito) fu determinante per il suo perfezionamento anche come autodidatta.

Allo scoppio della prima guerra mondiale, Dix si arruolò entusiasticamente volontario nell'esercito tedesco. In qualità di sottufficiale combatté sia sul fronte occidentale, contro l'esercito inglese e francese, che sul Fronte Orientale, contro l'esercito russo; nel corso della guerra fu ferito e decorato più volte.

L'esperienza della guerra scioccò profondamente Dix, trasformandolo in un convinto pacifista.

Al termine della Prima guerra mondiale, Dix tornò a Dresda. Nel 1919 aderì al gruppo espressionista della “Secessione di Dresda” (“Dresdner Sezession”) ma ben presto, con George Grosz, Rudolf Schlichter e John Heartfield, diede vita al gruppo dadaista tedesco, che prendeva ispirazione da quello di Zurigo, organizzando nel 1920 a Berlino la Prima fiera internazionale dada.

Nel 1925 Dix partecipò alla mostra della “Nuova oggettività” a Mannheim e nel 1927, dopo due anni di soggiorno a Berlino, fu chiamato a insegnare all'Accademia di Dresda.

Nel 1933, con la presa del potere da parte di Adolf Hitler, Dix fu considerato un artista degenerato, perse l'incarico di professore all'Accademia di Dresda e gli venne proibito di esporre le proprie opere, alcune delle quali furono esibite nella “esposizione nazista d'arte degenerata” e furono poi bruciate. Trasferitosi sul lago di Costanza, fu costretto a dedicarsi esclusivamente alla pittura di paesaggio, evitando i temi sociali.

In quanto veterano pluridecorato della Prima guerra mondiale, allo scoppio della Seconda guerra mondiale Dix fu nuovamente richiamato nell'esercito tedesco; catturato dalle truppe francesi, fu rilasciato nel 1946. Nel dopoguerra riprese l'attività artistica realizzando soprattutto allegorie religiose e scene di sofferenze legate alla guerra.

Nel dipinto Sylvia von Harden (Amburgo 28 Marzo 28 1894 – Croxley Green 4 Giugno 1963) che durante la sua carriera di giornalista scrisse per diversi giornali in Germania prima e poi, con minor successo,  in Inghilterra, indossa un monocolo sull'occhio destro. I suoi capelli castani sono molto corti, un tipico taglio a caschetto degli anni '20. Sulla sua carnagione chiara spicca la bocca leggermente socchiusa evidenziata da un rossetto rosso scuro. La donna indossa calze leggere, il cui bordo arrotolato è visibile sulla gamba destra.

I piedi della donna non sono visibili, perché il ritratto si ferma a metà polpaccio. Sul tavolo con piano in marmo bianco sono collocati un portasigarette contrassegnato con il nome “Sylvia von Harden”, una scatola di fiammiferi con l'aquila tedesca e un bicchiere conico pieno per tre quarti. Le forme rotonde dei mobili art nouveau contrastano con le forme geometriche del personaggio e degli oggetti.

Il personaggio occupa la metà sinistra del dipinto. L'assenza di elementi decorativi di sfondo accentua la sua forte "presenza", senza che nulla distragga l'occhio dello spettatore. La giornalista posa di tre quarti e guarda di traverso tra il piano del dipinto e quello perpendicolare, che collega lo spettatore al ritratto.

Il “soggetto” del ritratto ha descritto la sua genesi nel suo articolo, "Erinnerungen an Otto Dix" ("Memorie di Otto Dix"), nel 1959. Il pittore l'ha incontrata per strada per caso ed è rimasto colpito dal suo aspetto. Le ha detto:

“Devo dipingerti! Devo,  semplicemente!... Sei rappresentante di un'intera epoca!'

"Quindi vuoi dipingere i miei occhi spenti, le mie orecchie sporgenti, il mio naso lungo, le mie labbra sottili; vuoi dipingere le mie mani lunghe, le mie gambe corte, i miei piedi grandi, cose che possono solo spaventare la gente e non deliziare nessuno?'

'Sei riuscita a mettere brillantemente in evidenza il tuo carattere, e tutto ciò porterà a un ritratto rappresentativo di un'epoca interessata non alla bellezza esteriore di una donna, ma piuttosto alla sua condizione psicologica.' rispose Otto Dix.

La Von Harden accettò di posare per il pittore e si sarebbe seduta per lui durante diverse sessioni nelle settimane successive, fino a quando il ritratto non fu’ finito.

Il dipinto è stato ricreato nelle scene di apertura e chiusura del celebre film “Cabaret” (1972) di Bob Fosse con Liza Minnelli, ambientato a Berlino, nella Repubblica di Weimar.

fonte: wikipedia.org