"I like America and America likes me” di Beuys: il sogno americano degli anni 70 visto dal pittore e scultore tedesco

Il suo lavoro includeva spesso feltro e grasso animale, secondo l’artista a causa del fatto che quando aveva militato nella Luftwaffe lo Stuka di cui era il mitragliere/trasmittente sul fronte orientale nel 1944 si era schiantato in Crimea e una tribù nomade di Tartari lo aveva trovato e lo aveva avvolto in grasso animale per riscaldarlo e salvarlo, racconto che però poi si rivelò totalmente inventato

"I like America and America likes me” (“Mi piace l’America e all’America piaccio”) è una “scultura sociale” realizzata nel 1974 dal pittore e scultore tedesco Joseph Beuys (Krefeld, 12 maggio 1921 – Düsseldorf, 23 gennaio 1986) di cui nel 2021 è stato ricordato il centenario della nascita.

"Ogni essere umano è un artista, un essere libero, chiamato a partecipare alla trasformazione e al rimodellamento delle condizioni, del pensiero e delle strutture che modellano e informano le nostre vite". 

Ai tempi di questa "scultura sociale" del 1974, come la chiamava, Beuys era ampiamente considerato come uno degli artisti tedeschi più noti e provocatori. Il suo lavoro includeva spesso feltro e grasso animale, secondo l’artista a causa del fatto che quando aveva militato nella Luftwaffe lo Stuka di cui era il mitragliere/trasmittente sul fronte orientale nel 1944 si era schiantato in Crimea e una tribù nomade di Tartari lo aveva trovato e lo aveva avvolto in grasso animale per riscaldarlo (racconto che però poi si rivelò inventato di sana pianta essendo egli stato salvato da una missione di soccorso dei suoi stessi commilitoni tedeschi). Beuys ha comunque utilizzato il feltro e il grasso animale come strumenti sciamanici, con i quali ha tentato di guarire e rigenerare le ferite nella società attraverso gesti artistici e comunicazione. Con le sue cosiddette "sculture sociali", Beuys mirava a migliorare la società. La sua filosofia era che ognuno fosse un artista, che ha il potenziale per cambiare il mondo che li circonda. Beuys credeva che l'insegnamento fosse la sua più grande opera d'arte e portò la sua filosofia sull'arte in classe abolendo tutti i requisiti di accesso alla sua classe presso la Scuola d’Arte (Kunstakademie) di Düsseldorf dove insegnò a partire dal 1961. Ha anche incoraggiato i suoi studenti a esplorare i propri interessi e le proprie idee ed è stato molto attento a non imporre il proprio stile artistico o le proprie tecniche ai suoi studenti. Fu’ anche grande amico di Andy Warhol ( se questo può essere ritenuto un merito).

Era il 1974 quando Beuys arrivò a New York City, pronto ad affrontare una sfida tutta nuova e creare quella che sarebbe diventata una delle opere d'arte più famose dell'epoca. All'arrivo, i suoi assistenti lo hanno avvolto in un grande pezzo di feltro e lo hanno trasportato, in ambulanza, alla “René Block Gallery” di SoHo. Là, in attesa dell'artista, c'era un coyote vivo. Beuys ha trascorso tre giorni consecutivi, otto ore alla volta, rinchiuso con l'animale selvatico. Si sedeva o stava in piedi, avvolto dalla testa ai piedi nella sua grande fodera di feltro e teneva un bastone storto, che spuntava dalla parte superiore del feltro (vedi foto).

Tra i materiali che lo accompagnavano nella stanza  c'erano mucchi di paglia, una pila di copie del Wall Street Journal del giorno e un vecchio cappello logoro del miglior negozio di cappelli di Londra. Poi, ovviamente, c'era il suo co-protagonista, il coyote.

L'idea di Beuys alla base di “I Like America e America Likes Me” era di avviare un dialogo nazionale negli USA. L'America degli anni '70, presa dagli orrori della guerra del Vietnam e divisa dall'oppressione delle minoranze, della popolazione indigena e degli immigrati, era lontana dall'accogliente sogno americano che il titolo di questa performance suggerisce. 

Il coyote simboleggiava una varietà di cose per Beuys: Innanzitutto, ci sono alcuni miti dei nativi americani che suggeriscono che il coyote rappresenti la possibilità di trasformazione, oltre che un archetipo dell’imbroglione. Poi, ci sono alcuni miti della creazione in cui il coyote insegna agli esseri umani come sopravvivere. E mentre la maggior parte dei coloni europei e dei loro discendenti americani di oggi generalmente consideravano il coyote un predatore aggressivo e pericoloso, Beuys vedeva l'animale come qualcosa di completamente diverso: per lui, era l'animale spirituale dell'America.

Durante i tre giorni dello spettacolo, Beuys ha tentato di stabilire un contatto visivo con il coyote, eseguendo gesti simbolici. Lanciava i suoi guanti di pelle all'animale o lo gesticolava selvaggiamente. Il coyote, a sua volta, era perlopiù curioso, a volte ostile e spesso abbastanza calmo. Una volta, ha strappato un pezzo dei guanti di Beuys; un'altra volta, ha cercato di strappare la copertura di feltro di Beuys, stringendola saldamente tra le mascelle. Ma ha anche permesso a Beuys di abbracciarlo brevemente. Beuys è rimasto in contatto diretto e in comunicazione con il coyote fino alla fine della sua esibizione. Quando tutto fu finito, fu di nuovo impacchettato, tornato all'ambulanza e ricondotto direttamente all'aeroporto. Non ha mai messo piede sul suolo americano, tranne che per lo spazio della galleria. Voleva che l'unico terreno che toccava in America fosse quello che condivideva con il coyote.

Con questa performance intensa, Beuys ha voluto dimostrare che la società americana poteva solo iniziare a guarire i suoi problemi sociali attraverso la comunicazione, la connessione e la comprensione reciproca tra tutti i gruppi sociali ampiamente diversi dell'America. Oggi forse questa soluzione miracolosa dovrebbe applicarsi al mondo intero. 

Di Giovanni Conticelli.