Il massacro di Giulia Cecchettin. Tutti i danni della familiarità indotta e del perdonismo
La signorina Giulia Cecchettin è stata massacrata dal signor Filippo Turetta reo confesso in corso di estradizione in Italia.
L'ennesimo atto di violenza su una donna (cosiddetti femminicidi) ha trovato un'enorme reazione emotiva, empatica ed anche di rivendicazione rabbiosa di diritti negati da parte della popolazione femminile e di gran parte di quella maschile.
La genesi storica, sociale e psicologica dei femminicidi ed il loro rapporto con il cosiddetto "patriarcato" e con il maschilismo in genere nel perimetro delineato dall'emancipazione femminile del mondo occidentale ormai compiuta sono tutti argomenti oggetto di riflessione e di approfondimento.
E, sicuramente, non si tratterà della solita fiammata emotiva destinata in breve tempo a disperdersi nell'oblio.
C'è un dato però non sufficientemente valorizzato che riguarda il comportamento dei media sia televisivi che dei giornali cartacei ed on line.
E' il fenomeno della familiarità indiretta o indotta idonea a creare, a livello subliminale, empatia con il soggetto nominato.
Un esempio sono i giornali di sinistra che per valorizzare la Schlein (tuttora non stabilizzata all'interno del suo partito, il PD) la chiamano semplicemente "Elly" (che è il suo nome di battesimo) non solo come se ogni giornalista televisivo o di giornale abbia con la medesima "comunione di tetto e di mensa" in senso familistico - l'unico che giustificherebbe l'utilizzo del nome proprio invece che del cognome - per creare nei confronti della stessa un sentimento di empatia e di familiarità indotto.
Ma si tratta di tecniche ben conosciute alla propaganda politica ed in fin dei conti, quindi, di un "dolus bonus".
Quando tale familiarità indiretta od indotta viene applicata invece, come nel caso in esame, su un massacratore reo confesso il procedimento della chiamata confidenziale per nome (per cui il signor Turetta diventa semplicemente Filippo - come se chi scrive di lui o chi ne legge avesse con il medesimo comunione di tetto e di mensa - ) rischia di creare un ingiustificato moto se non di empatia (allo stato certo impossibile) ma quantomeno di non estraneità.
Puoi essere estraneo al signor Turetta ma certo non puoi essere estraneo a Filippo.
Tale familiarità indiretta od indotta in un paese come l'Italia di risalente matrice cattolica fondata sul perdonismo rischia di essere devastante.
Spesso ci chiediamo perchè in paesi europei e negli anglosassoni (USA e Regno Unito) vi sia meno indulgenza con i colpevoli e certezza sulla effettiva durata della pena.
Uno dei motivi, non certo il solo ma non il meno importante, è la forte presenza del protestantesimo in senso calvinistico meno incline del cattolicesimo romano ad empatie pauperistiche ed a perdonismo generalizzato sia in sede sociale che penale.
Il punto è che in un paese come l'Italia il passaggio dalla familiarità indiretta od indotta al perdonismo è brevissimo.
La morta ammazzata o trucidata fa appena in tempo ad essere seppellita che, inesorabile come la morte, arriva l'esortazione del laico o del religioso portatore sano del virus del "buonismo a spese altrui" che invoca il perdono.
Potremmo, se fossimo coerenti, metterlo addirittura in costituzione e dire, finalmente, la verità: che l'Italia è una repubblica fondata sul perdono.
Di qualsiasi cosa.
Certo non subito, non nell'immediato clamore dello "strepitum fori" ma con calma facendo acquietare l'opinione pubblica, aspettando che il tempo, inevitabilmente, sfumi i contorni della vicenda (come il padre provinciale nei Promessi Sposi "...sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire").
Nella consapevolezza che nell'immediato potrà anche arrivare l'ergastolo o la pena a 30 o 40 anni.
Poi il tempo, il buonismo, il perdonismo faranno il resto.
Perchè la signorina Cecchettin è morta ma Filippo è vivo.
E come si dice: il morto giace ed il vivo si dà pace.
E poi il perdonismo arruolerà le immancabili truppe ascare di psicologi, psichiatri, sociologi che ci spiegheranno che la colpa non è di Filippo ma di tutta la società: e si sa se la colpa è di tutti alla fine finisce per non essere di nessuno.
E poi se Filippo ci è diventato familiare (sia pure in senso indiretto ed indotto) tra qualche anno saremmo così duri di cuore da non consentirgli un percorso di riabilitazione e di reintroduzione nella società?
E questo è "dolus malus".
Il problema non è nell'immediato. Nell'immediato il massacratore reo confesso difficilmente riuscirà, a mio avviso, ad evitare l'ergastolo.
Ma un conto è inserirlo in un processo con diritto di difesa: anche i criminali nazisti a Norimberga ebbero un processo ed un avvocato in difesa e lo stesso fu per Adolf Eichmann processato in Israele per essere uno dei maggiori responsabili operativi nello sterminio degli ebrei.
Un conto è attraverso la familiarità indiretta od indotta mettere le radici che cresceranno negli anni per il "perdonismo giudiziario" sfruttando la conclamata familiarità del soggetto con l'intera opinione pubblica.
Garantismo e perdonismo non sono sinonimi: sono termini antitetici.
Il garantismo è tecnica giudiziaria di uno stato laico: il perdonismo è sentimento religioso di uno stato etico (come lo è l'Iran, come fu per il Regno della Chiesa ai tempi del Papa Re).
Mi auguro quindi che il signor Turetta sia processato all'interno di un procedimento fino alla fine garantista e laico.
Ma niente perdonismo per favore.