Il museo Langmatt di Baden in Svizzera è a rischio chiusura e mette i suoi capolavori all’asta
Per il rinnovo e la gestione del museo Langmatt di Baden in Svizzera, servivano già nel 2020, 40 milioni di euro, che ora si pensa di realizzare con la vendita di tre Cezanne, oggi stimati il doppio. Anche gli svizzeri fanno i conti con il declino
I costi di gestione dei musei sono diventati sempre più insostenibili, di fronte alle nuove teorie della museologia, che vorrebbe ruoli e attività in istituti che fino a 40 anni fa erano dei depositi spesso invisitabili o chiusi al pubblico. In Italia con un lungo processo legislativo, a partire dalla legge Ronchey del ‘93 che dava i servizi in gestione ai privati, e il successivo codice Urbani di venti anni fa, la gestione si allargava a soggetti come le fondazioni: probabilmente si è fatto il ‘massimo’, se ad oggi reggono solo le istituzioni più prestigiose nelle grandi città, mentre soffrono le province, le piccole realtà dell’Italia rurale e dell’entroterra, spesso abbandonate.
Ma ha dell’incredibile, che anche il museo svizzero di Baden, piccolo capoluogo di provincia di appena 20.000 abitanti, a 25 km da Zurigo, considerato uno dei luoghi più privilegiati e ricchi al mondo, metta all'asta tre dipinti a olio di tre diversi soggetti di Paul Cézanne, capostipite dell'arte moderna: Quatre pommes (1885 circa valutazione tra i 7 e i 10 milioni di dollari), La mer à l'Estaque (1878-79 circa quotato tra i 3 e i 5 milioni di dollari) e Fruits et pot de gengembre (1890-1893, stimato tra i 35 e i 55 milioni di dollari) saranno battuti a New York in novembre dalla Christie's. L'ultima aggiudicazione di un Cezanne, ‘Giocatori di carte’, é stata di 139 milioni di dollari, il record per un dipinto dell'800, settore 'arte moderna'. I tre dipinti, fin dal principio parte della collezione, vengono venduti a beneficio del museo a rischio chiusura, vista l’affluenza di soli 20000 visitatori annui, numeri assolutamente irrilevanti per la gestione di una location che punta sulle recenti iniziative museali, al pari di quelli metropolitani, che prevedono quote assicurative vertiginose, e un numero consistente di figure come archivisti, conservatori, curatori, nonché amministratori, guide, attività didattiche rivolte a scolaresche, costi a cui partecipa anche il municipio di Baden, ovviamente in minima parte, oltre alla fondazione che ne gestisce le mura. Il Museo Langmatt è nato dal lascito privato di John Alfred Brown, figlio di Sidney W. Brown e Jenny Brown, nel campo dell’industria ferroviaria, nella sua casa di famiglia, Villa Langmatt, nel 1987. Nel suo testamento, Brown stabilì che la casa di famiglia diventasse un museo costituito dalla collezione dei suoi genitori e che fosse istituita una fondazione per gestirlo, intitolato alla loro memoria e di curarne il lascito, volontà che quindi sotto certi aspetti risentono di una situazione d'emergenza, anche causata dalla pandemia. Dalla sua apertura nel 1990 per i successivi trenta anni, la collezione ha cercato iniziative volte alla raccolta fondi e di rimanere al passo con le politiche dei tempi: ma già dal 2020 si ipotizzava la vendita di quadri per la ristrutturazione del capitale della fondazione, fin dall’inizio troppo esiguo, finalizzata da una vendita mirata di tre opere, marginali nella collezione, costituita da altri quadri di Cézanne, Renoir, Corot, Pisarro, Monet, Degas, Fragonard, Bonnard, Sisley etc... Con i proventi della vendita di un minimo di 40 milioni di euro, la fondazione intende incassare il capitale di cui ha bisogno per garantire la sua attività a lungo termine. Anche se ad un occhio esperto l'operazione lascia qualche perplessitá, sembra dettata da un realismo più che necessario, riguardo la gestione di patrimoni di cui noi italiani, ad esempio, sappiamo qualcosa. Nel 2020 il presidente della fondazione Lukas Breunig-Hollinger sottolineava che la vendita era “un passo doloroso, ma senza alternative, che garantirà il futuro del museo”. Markus Stegmann, direttore del Langmatt Museum auspicava che “...il museo sarà conservato come un insieme storico, come luogo dell’identità di Baden e come testimone vivente della storia dell’industria, delle collezioni e dell’architettura”, con l’intenzione di assicurare l’apertura tutto l’anno, migliorare gli spazi come l’area d’ingresso, le biglietterie, bookshop e guardaroba, un ascensore per l’accesso senza barriere architettoniche e un padiglione per eventi a cui seguirá una fase successiva di pianificazione, con l’obiettivo di specificare l’accuratezza dei costi della riqualificazione della durata di due anni. (cfr. Il museo di Villa Langmat è da preservare, immo-invest.ch ottobre 2020)
I lavori di riparazione del museo potrebbero iniziare nel 2024 e concludersi sotto i migliori auspici nel 2026. Suscitano stupore, le grandi iniziative culturali di alcuni capoluoghi di provincia europei e non, quando anche i più importanti musei urbani in Italia, Germania e Francia devono fare i conti con bilanci in rosso, di decine se non centinaia di milioni di euro, a cui lo stato fa fronte con leggi finanziarie.
Francamente qualche dubbio viene se, di fronte ai costi di gestione un museo è costretto a vendere i suoi capolavori: quando finirà l’iniezione di liquidi generata dalla vendita, come si copriranno i nuovi costi? Ai posteri l’ardua sentenza.