Con la pellicola “Black Phone” si ritorna all'horror vecchio stile, ma in modo originale e non prevedibile
E' un film che tiene alto il ritmo e la tensione, non permettendo pause agli occhi
Scott Derrickson e il suo collaboratore C. Robert Cargill alla sceneggiatura hanno riportato in alto il livello della pellicola di genere strutturata, matura e crudele. Il duo è riuscito a trasporre una trama di fantasia in una realtà dettagliata, violenta come quella della provincia americana degli anni Settanta. Tratto dal racconto omonimo del 2004, inserito da Joe Hill nella raccolta Ghosts del 2007, Derrickson costruisce una pellicola che riprende, in modo originale, le atmosfere degli horror influenzati dagli scritti di Stephen King degli ultimi anni del secolo scorso e dello scorso millennio. Black Phone è infatti un film vecchio stile, che racconta una violenza realistica, ritraendo gli Stati Uniti d’America ancora in modo attuale, mai estinta, che oggi riemerge in tutta la sua reale crudeltà nelle stragi di giovani e giovanissimi a colpi di arma da fuoco. Joe Hill affianca al tema soprannaturale elementi tratti dalla cronaca. Nel dicembre del 1978, sotto la casa dell'insospettabile buon cittadino John Wayne Gacy, titolare di un’azienda di costruzioni con buoni rapporti coi politici, che alle feste amava vestirsi da Pogo il clown, vennero scoperti oltre trenta cadaveri di adolescenti, che in una stanza segreta e insonorizzata l'uomo aveva rapito, drogato, torturato e ucciso. Impossibile non pensare a lui quando entra in scena in Black Phone il sadico The Grabber, il clown con una orribile maschera sul volto a caccia di adolescenti (i palloncini, qui neri, sono un omaggio di Hill al capolavoro del padre, It) in una città del Colorado. Cinque sono le vittime dello sfuggente rapitore e nessuno ha idea di chi le abbia rapite, se non la sorellina dell'amico di uno di loro, che vede nei suoi sogni quello che succede. I protagonisti sono orfani di madre e il padre diviene alcolista per il dolore per la morte della moglie, che ha trasmesso alla ragazzina il suo “dono”. È un mondo degradato e brutale, dove l'adolescenza è un periodo difficile da affrontare ed attraversare, tra bullismo e risse: la cinghia è lo strumento punitivo usato e abusato (una delle scene più commoventi e strazianti della pellicola vede la piccola protagonista vittima). Si gioca a baseball e si va in bicicletta tra le villette a schiera: la vita, i sogni, i primi amori e l'innocenza vanno in pezzi nello spazio di un incontro casuale e fatale, lasciando dietro di sé dolore e terrore. Proprio per questo il protagonista, Finney, ultimo ragazzo rapito dal mostro, viene aiutato dalla furia di chi l'ha preceduto nella sua lotta per sfuggirgli e quindi vendicarli. Black Phone è un film che tiene alto il ritmo e la tensione, non permettendo pause agli occhi. Scott Derrickson riesce a tenere in equilibrio e senza esagerare o strafare in un senso o nell'altro toni che potrebbero sconfinare nel grottesco, rovinando in negativo la pellicola. Trova posto anche l'umorismo (affidato a Max, personaggio fuori di senno del suo attore feticcio James Ransone). Abili gli attori in scena, per un cast ben assortito sul set: dai giovani che interpretano le vittime, alla brava Madeleine McGraw, che interpreta la sorellina di Finney, un Mason Thames intenso, fragile e forte allo stesso tempo, che racchiude in sé le contrastanti energie e desideri di un adolescente. Sì, c’è un ottimo Ethan Hawke, che sotto una maschera da demone orribile (abile creazione di Tom Savini e del suo collaboratore Jason Baker), col suo sguardo crudele e il modo stesso di parlare, anticipa quasi sempre l’accadere del suo “gioco” mortale, orrida incarnazione del Male, probabile segmento riveduto e corretto (ventiquattro anni dopo) de “The Clown at Midnight”, pellicola slasher canadese diretta da Jean Pellerin e interpretata da Sarah Lassez, James Duvall, Tatyana Ali, Christopher Plummer e Margot Kidder. Con Black Phone, tratto da un racconto di Joe Hill, che nella direzione di Scott Derrickson risulta un horror vecchia maniera, maturo, crudele, ad alta tensione; come nella fase REM, per chi è alla visione della pellicola, il corpo è costretto a lavorare a un ritmo più intenso: l'attività cerebrale, la respirazione, il battito cardiaco e la pressione sanguigna arrivano a toccare picchi simili allo stato di veglia: Il sonno della “Ragione” ha infatti sempre creato e creerà ancora mostri. Self-control.