“Il deserto La notte Il mare”, Andrea Chimenti reinterpreta Eraclito per mezzo della musica d'autore
Andrea Chimenti, “Il deserto La notte Il mare” (Vrec/Audioglobe, 2021)
Come per le bottiglie di vino buono, annata 2021, ne "Il Giornale d'Italia", estate 2023, si manifesta in modo fenomenico il personale ascolto in merito a “Il deserto La notte Il mare”, ancora oggi ultima incisione di Andrea Chimenti. Album contrario ed opposto all’enunciato di Andy Warhol, dove tutti cercano visibilità, meglio se di massa, almeno per quindici minuti, Andrea Chimenti ci dona un pregevole cofanetto di note e parole di nicchia. Dagli esordi anni ’80 con i Moda, nelle sale d’incisione indipendenti a Firenze e della Toscana con una scena dark new wave che innovò l’Italia tutta, stupendo l’Europa intera, (in palchi interni al Tenax, al Casablanca e al Manila, con gruppi quali: Litfiba, Diaframma Pankow, Neon), al decennio successivo quando, nel 1992, debutta da solista con “La maschera del corvo nero ed altre storie”, Chimenti ha sempre cercato una propria identità, portando avanti con coerenza un’idea di musica che contiene incanto e mistero. Una tela che neoimpressionista e neoimpressionista. Per l’undicesima registrazione in studio, tra omaggi ed inediti, la sua voce vellutata ci offre dieci nuove canzoni pregne di pathos che non nasconde, tutt’altro, le influenze di David Bowie, Lou Reed e David Sylvian. David Jackson al sax e fiati, è piacevolmente presente in veste di ospite d’eccezione. Anche in passato Chimenti si era regalato interessanti intrusioni, ma mai si era concesso a spiragli, per così dire, progressivi, visto che Jackson è cursore della discografia: vedi Van Der Graaf Generator, ma l’illuminazione è che tra questi solchi i fiati hanno una valenza diversa, campo magnetico introspettivo mai meramente intimista. L’album, volutamente non disponibile in digitale, apprezzabile artigianato d’opposizione alla musica riservata ai “consumatori”, inizia non a caso con il capolavoro “Dove ho posto il mio amore”, perfetto manifesto del sentire solo apparentemente sentimentale in ascolto, che quasi implode delicatamente in forma e sostanza di poesia: “In eterno” e “Beatissimo”, dove il suono ad effetto di Chimenti si incunea negli accordi in modo pregevole ed essenziale. “Bimbo” è una filastrocca sinuosa, che suona terribile e notturna, ma con grazia. L’album non mostra lacune, in “Milioni” dove Jackson effettua un altro intervento di rilievo e “Allodola nera” dove fiorisce improvvisamente la voce di Ginevra Di Marco, ospite pregiata che si affianca a Saro Cosentino (chitarra), Fabio Galavotti (basso), Antonio Aiazzi (pianoforte, fisarmonica) e Francesco Magnelli (pianoforte), a registrare una trasversalità, pur nella conferma stilistica. In “Felice” dove Chimenti declama versi come se stesse leggendo uno dei suoi libri, l’altro vestito con cui è noto l’artista. Rammentiamo che la registrazione, non disponibile in digitale, è confezionata in una interessante copertina, opera di Nicola Vinci, particolare della serie “Il nodo” nella produzione di Cristiano Roversi (anche al basso, synth), ottimo musicista camaleontico, leader dei Moongarden. Ne “Oltremare”, il brano conclusivo, che echeggia di sabbia, conchiglie e di pensieri portati da onde che hanno visto maraviglie, ma anche il dolore. Con “Il deserto La notte Il mare” Andrea Chimenti, con le sue note, dipinge la bellezza della pacatezza, e gli ossimori eraclitei del silenzio dell’eccesso e il talento a tratti violento della dolcezza.