Villa Reale di Marlia, inaugura la mostra su Anna Laetitia Pecci Blunt
Vita, appunti e immagini in una mostra che celebra la figura di una donna raffinata e straordinaria, eclettica mecenate, che proprio nella sua residenza estiva, a Capannori (Lucca), ospitò e portò alla fama i più importanti nomi dell’arte, del teatro e della letteratura del Novecento, da Salvador Dali a Jean Cocteau a Alberto Moravia
Villa Reale di Marlia, nei pressi di Lucca, inaugura venerdì 21 luglio“Mimì. Anna Laetitia Pecci Blunt: la sua anima in un archivio. La vita, gli appunti e le immagini”, una mostra che celebra la figura di una donna raffinata e straordinaria, eclettica mecenate, che proprio qui, sua residenza estiva,ospitò e portò alla fama i più importanti nomi dell’arte, del teatro e della letteratura del Novecento, da Salvador Dali a Jean Cocteau a Alberto Moravia. L’esposizione è a cura di Roberta Martinelli, le ricerche storiche e i testi sono di Simonetta Giurlani Pardini, il progetto di allestimento è di Beatrice Speranza, il video ritratto è di Giulia Vannucci. È promossa da Henric e Marina Grönberg, proprietari di Villa Reale di Marlia, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e dall’associazione “Napoleone ed Elisa: da Parigi alla Toscana”, e rimarrà aperta fino a domenica 17 dicembre 2023. È ambientata nella nuova ala della Palazzina dell’Orologio, nella grande cucina al piano terra che era il centro di fantastiche serate e che per la prima volta viene aperta al pubblico. Documenti della vita di Mimì, come i suoi dischi, le sue riviste, la sua collezione etnografica e i cimeli appartenuti a Papa Leone XIII, sono conservati negli spazi del primo piano della palazzina. Ricorrendo il centenario dell’acquisto da parte della famiglia Pecci Blunt della Villa Reale di Marlia, i nuovi proprietari vogliono rendere omaggio a Mimì che, con determinazione, convinse il marito Cecil ad acquistarla. Dopo aver restituito alla villa l’aspetto Primo Impero reperendo arredi originali, la contessa l’ha utilizzata con lo stesso mecenatismo che aveva contraddistinto la politica di Elisa Baciocchi Bonaparte. Ma questo non è il solo trait-d’union fra le due donne che curiosamente anche a Parigi, pur a un secolo di distanza, hanno abitato nello stesso quartiere, ad appena 600 metri l’una dall’altra. Individuando il collegamento ideale e pratico tra i fasti del periodo della Principessa Elisa Bonaparte, proprietaria della villa tra il 1806 e il 1814, e la valorizzazione della villa concepita e realizzata da Mimì, l’associazione ha potuto far emergere la linea di continuità che ha caratterizzato lo straordinario complesso monumentale di Villa Reale di Marlia, segnandone il suo destino di luogo della cultura e dell’arte.
Anna Laetitia Pecci Blunt ha lasciato a Marlia un archivio creato da lei stessa, che è una vera e propria autobiografia. A partire dal suo atto di nascita, ritagli di giornale, fotografie, lettere, documenti datati e catalogati, Mimì emerge come protagonista della vita mondana internazionale, ma soprattutto come una mecenate impegnata costantemente nel diffondere le nuove tendenze culturali e nel sostenere le avanguardie artistiche. Creò nella sua dimora, tanto amata, un circolo artistico e intellettuale dove si riunivano poeti, artisti e musicisti come Dalì, Cocteau, Valery, Poulenc e Claudel, rendendo questa villa lucchese il cuore del mondo artistico e insieme luogo di grande ispirazione e di stupende amicizie. Delle sue feste si parla sulle riviste del tempo, come Vogue, che riportano i nomi degli ospiti più illustri. Dai suoi scatti fanno capolino i più grandi nomi della cultura moderna ritratti a bordo piscina o intenti in una danza o in uno spettacolo in costume nelle numerose feste dedicate all’arte e alla creatività. Ogni momento della sua vita viene fissato attraverso foto quasi sempre fatte da lei, accompagnate da date, luoghi e nomi dei presenti. Non mancano commenti ironici e acuti, scritti con la sua calligrafia minuta, molto precisa, che ci fanno capire la sua personalità complessa.
“La Villa Reale di Marlia è uno scrigno di tesori, alcuni già conosciuti, altri svelati negli ultimi anni e chissà quanti altri ancora nascosti - scrivono nel catalogo i proprietari di Villa Reale, Marina e Henric Grönberg-: è costante lo stupore che proviamo grazie alle scoperte che animano le nostre giornate seguendo i lavori di restauro. L'imponente intervento di ripristino di tutto il complesso è partito nel 2014 quando prendemmo in consegna la grande proprietà con i suoi edifici e giardini in condizioni ormai critiche. Dopo anni di incessante lavoro e di cantieri vediamo finalmente i risultati di tanto impegno con la gioia di poter condividere con i visitatori questo grande patrimonio architettonico e paesaggistico italiano di inestimabile valore. Proprio in occasione della prima apertura degli appartamenti restaurati di Elisa Bonaparte Baciocchi, grazie all'associazione ‘Napoleone ed Elisa: da Parigi alla Toscana’, abbiamo approfondito la conoscenza di questa principessa straordinaria e appreso le sue abitudini, il suo stile di vita e le sue scelte di arredo nella Villa Reale. Adesso, attraverso questa mostra, siamo in grado di scoprire il mondo di un'altra grande protagonista della storia della proprietà: Mimì, la contessa Anna Laetizia Pecci Blunt, che nel secolo scorso fece vivere a Villa Reale di Marlia anni di gloria, mecenatismo e cultura, tra artisti, scrittori, personaggi famosi. Presentiamo oggi una importante collaborazione con l’associazione napoleonica per far conoscere una nuova ala della Palazzina dell’Orologio, dove cimeli, fotografie e video ci permettono di fare un altro viaggio nella storia, incredibilmente curioso e inaspettato”.
“Questa mostra è il felice esito di due operazioni: il recupero ed il ritorno alla sua originaria bellezza della Villa Reale, condotto con munificenza e lungimiranza dagli attuali proprietari e insieme il percorso culturale incentrato sulla valorizzazione del ruolo e della personalità di Elisa Bonaparte, principessa di Lucca - spiega la curatrice Roberta Martinelli, già direttore dei Musei Nazionali delle Residenze Napoleoniche dell’isola d’Elba e presidente dell'associazione ‘Napoleone ed Elisa: da Parigi alla Toscana’ -. Nella strategia di Elisa, indirizzata a trasferire a Lucca il brillante modo di vivere di Parigi, capitale dell’Impero, la villa di Marlia assolveva ad una funzione di assoluta importanza: era il luogo di delizia dove la principessa riuniva la sua corte che in quell’ambiente ameno ed elegante poteva provare le seducenti sensazioni della bellezza realizzata. Sicuramente era a quelle scene che ha pensato Mimì Pecci Blunt quando, divenuta proprietaria della Villa di Marlia nel 1923, ne volle fare un luogo ospitale per gli artisti e i letterati frequentati a Parigi ed a Roma. Dotata di una innata predisposizione principesca, Mimì fece rivivere alla Villa i fasti del tempo elisiano e, perché non si perdesse memoria dei nuovi incantesimi che nascevano dalle sue mani, provvide a conservarne la testimonianza affidandola ad un archivio che custodisce il segreto della sua meravigliosa vicenda. Dopo il recupero realizzato dalla proprietà, che ringraziamo per averci coinvolto come associazione offrendo una consulenza storica basata sulle attività di studio e ricerche portate avanti in questi anni, era giunto il momento giusto per alzare lo sguardo dalla villa di Elisa alla maison de campagne di Mimì. Questo centenario esigeva infatti una considerazione speciale che sapesse rimettere la contessa Anna Laetitia Pecci Blunt al centro di una storia europea d’arte e di cultura che ha avuto come scenario la splendida Villa di Marlia”.
“Il progetto di approfondire la vita di Mimì è nato a Villa Reale di Marlia, nel momento in cui abbiamo potuto sfogliare un suo album privato- racconta Simonetta Giurlani Pardini, autrice dei testi del catalogo -. Sotto ogni scatto, con la sua calligrafia piccola e ordinata, c’era la descrizione del luogo e i nomi dei protagonisti di quelle immagini. Quell’album era datato 1926, nelle prime pagine, Mimì aveva immortalato nel giardino della villa, Sergej Diaghilev, Boris Kochno e Serge Lifar, tre fra i più importanti componenti dell’avanguardia artistica degli anni Venti: i Balletti Russi. Da quell’album la ricerca è andata avanti, grazie al privilegio di poter consultare l’archivio creato e organizzato dalla stessa Mimì che aveva raccolto e catalogato fascicoli di scritti e documenti. È stato emozionante toccare quelle pagine che lei stessa aveva avuto tra le mani, sentire l’odore dei suoi quaderni fatto d’inchiostro, di carta ma soprattutto di polvere, quella che si posa sulle cose del passato e che è in attesa di essere spazzata via per far riaffiorare ricordi lontani. Inserito in una cartellina, di un azzurro ormai sbiadito, era custodito il suo atto di nascita, l’inizio del suo percorso in questa vita. E poi, nella lunga fila di scaffali, erano raggruppati in ordine cronologico i segni dei momenti più significativi della sua vita: quaderni, lettere, fotografie, ritagli di giornali, riviste e i suoi taccuini dove ad ogni lettera dell’alfabeto corrisponde l’indirizzo di personaggi del jet set internazionale ma soprattutto di pittori, musicisti, scrittori, attori fra i più importanti del Novecento e che lei definiva i “miei parenti illustri”. Mimì ci ha lasciato una vera e propria autobiografia, la narrazione di una donna che ha saputo realizzare il suo proposito di una vita dedicata all’arte, ma la vita stessa di Mimì è stata un’opera d’arte”. Il progetto della mostra, del catalogo e la grafica, sono di Beatrice Speranza, fotografa e architetto. “In questo progetto espositivo, che ha comportato un grande studio, vogliamo raccontare la storia di Mimì attraverso le immagini che lei stessa ci ha lasciato, i suoi appunti, i suoi documenti e lettere, tutto organizzato e archiviato con una precisone tale da sembrare proprio che questi nastri che raccolgono i suoi documenti siano stati preservati per essere sciolti e svelati – scrive nell’introduzione al catalogo -. E noi con grande emozione e rispetto ci siamo avvicinate sfogliando pagine di una vita intensa, che siamo qui a raccontarvi non solo tramite questa narrazione studiata attraverso i testi e i libri di chi l’ha conosciuta, ma anche con la presentazione di un’istallazione temporanea realizzata proprio nelle ex-cucine dove Mimì e suo marito Cecil organizzavano le loro feste. Punto focale un video ritratto realizzato da Giulia Vannucci, giovane autrice da me scelta per la sua sensibilità, che ho conosciuto e apprezzato durante il suo progetto sulle biografie di fotografi”.
La mostra e l’allestimento
Un’installazione collocata nelle ex-cucine, dove i Pecci Blunt organizzavano le loro feste, dà inizio al percorso espositivo con tre pannelli luminosi, come i giochi di luce da lei stessa ideati per questa sala: il primo porta sullo sfondo lo stemma araldico di Papa Leone XIII ed evidenzia le principali tappe della vita di Mimì con i ritratti di lei e degli amici; il secondo presenta parte della sua raccolta della rivista Vogue e gli articoli che parlano di lei e le sue feste; il terzo mette a confronto l’influenza della cultura e della “mondanità” dell’epoca, dai rivoluzionari Balletti Russi alle spettacolari feste di Mimì, inclusi i giochi e gli eventi privati. In questa sala è possibile affacciarsi nell’angolo bar con gli originali collage a parete che lei tanto amava. La sala messa a disposizione da Villa Reale è proprio una delle sale in cui Mimì organizzava le feste e le messe in scena teatrali: la cucina all’interno della Palazzina dell’Orologio. Per questa sala, Mimì aveva studiato dei giochi di luce e utilizzato dei collage realizzati con le sue foto per rivestire le pareti dell’angolo bar adiacente alla sala. Qui, tre totem luminosi con stampe su stoffe realizzati da Allestend di Alessandro Cattani, riassumono la sua vita, i suoi amici, le sue passioni. Punto focale della mostra è il video ritratto realizzato da Giulia Vannucci. Nella palazzina si trova anche una ricca collezione di bambole etniche, acquistate da Mimì durante i suoi viaggi, che fanno intuire il suo interesse per l‘etnografia, scienza in pieno sviluppo in quegli anni. Una seconda parte del racconto è un vero approfondimento delle tappe principali della vita di questa straordinaria mecenate: un libro ricco di immagini e grafiche colorate e accattivanti sottolinea lo spirito giocoso e il dinamismo di questa donna straordinaria. Tutte le immagini storiche sono tratte dagli album fotografici di Mimì, conservati nell’archivio di villa Reale di Marlia e nell’archivio Pecci Blunt. All’interno del libro nella pagina del colophon un qr code rimanda direttamente, on line, al video su Mimì.
Biografia di Anna Laetitia Pecci Blunt
Anna Laetitia Pecci Blunt nacque il 15 marzo 1885 a Roma. Sua madre era una nobildonna spagnola, la marchesa Sylvia Bueno y Garzòn, suo padre il Conte Camillo Pecci, eracapo della Guardia Palatina Pontificia e nipote di Papa Leone XIII. Anna Laetitia ebbe tutti i privilegi di chi nasce in una famiglia aristocratica e colta: venne educata a parlare quattro lingue, spagnolo, francese, tedesco e inglese, a suonare il pianoforte,a dipingere e disegnare. Aveva solo quattro anni al momento del suo ingresso in un collegioromano scelto da Papa Leone XIII in persona: il collegio dell’Assunzione, in cui viveva durante le lunghe assenze dei suoi genitori. Fu suor Maria Mercedes, una suora spagnola di nobili origini, a seguire la piccola Mimì, questoera il nome con cui tutti la chiamavano e che la descrive come una bimba intelligente, curiosa,vivace e vanitosa, perché molto attenta al suo abbigliamento.Tratti della personalità che definirono il suo modo di essere durante tutta la sua esistenza. Il Papa era molto affezionato a quella sua piccola nipote, spesso la riceveva in Vaticano e fu luistesso ad impartirle la Prima Comunione. Un affetto che fu ricambiato, tanto che Mimì raccolse documenti e costudì gelosamente cimeli di quel Papa che fu l’artefice di grandi trasformazioniin seno alla Chiesa. Nonostante il suo amore per lo studio non le fu concesso di laurearsi, come raccontò lei stessa:“Non mi hanno mai lasciata andare all’università ma a Parigi ho incontrato dei ragazzi che erano Gide, Cocteau, Claudel e così la mia università è stata la Nouvelle Revue Française”. Mimì però non trascorreva il suo tempo solo dedicandosi allo studio, era infatti una ragazza sportiva, pronta a cimentarsi nel tennis, nello sci, nell’equitazione ma che soprattutto amava viaggiare. Nella foto del suo passaporto sembra guardarci con uno sguardo deciso e conl’elegante distacco di chi sa come raggiungere la sua meta. Viaggiare era per lei un mezzo perampliare la sua visione del mondo e il desiderio di conoscere nuove culture, nuovi linguaggiartistici che fu una costante di tutta la sua vita. È nell’eccitante atmosfera parigina che Mimì conobbe Cecil Blumenthal, l’uomo che sarebbe diventato suo marito nel 1919. Il matrimonio fra la giovane nobildonna italiana e ilricco uomo d’affari americano fu annunciato dalla stampa internazionale che dedicò all’evento molti articoli sia su quotidiani che su riviste di moda e costume. Cecil era un ricchissimo banchiere di origini ebraiche, nato a New York, proprietario di una meravigliosa collezione di pittura francese dell’Ottocento ereditata dal padre Ferdinand. La madre, Cecilia Ulman aveva sposato in seconde nozze Louis de Talleyrand Périgord duca di Montmorency. I loro caratteri erano completamente differenti, Mimì era dinamica, piena di vitae di volontà, Cecil era un uomo riservato e tranquillo. Ma in comune avevano l’amore per l’arte contemporanea e lui sostennesempre l’attività di mecenate di Mimì che, con il suo gusto artistico raffinato, dettevoce ad artisti che lasciarono un segno decisivo nell’arte del Novecento. Questo matrimonio fu l’inizio di una nuova vita per Mimì e di un grande affettuoso sodalizioche si interruppe solo con la morte diCecil, avvenuta nel 1965.A Parigi vissero all’Hotel al 32 di Rue de Babylon, all’Hotel Cassini, ribattezzato Hotel Pecci-Blunt dopo il loro acquisto, una dimora settecentesca impreziosita da un bellissimo parco. Qui nasceranno i loro cinque figli: Letizia, Dino, Viviana, Camilla e Graziella. Nella Francia fra le due guerre, il compito di aiutare e scoprire nuovi talenti era soprattutto affidato ai privati e il salotto di Mimì Pecci Blunt divenne un luogo di scambio e confrontoculturale come quelli della principessa di Polignac, Marie-Laure de Noailles o Eugenia Huicide Errazuriz, che, nella Parigi degli “Anni Folli”, seppero riconoscere e sostenere il talento deigiovani artisti delle avanguardie. I loro ricevimenti erano una combinazione di alta societàe artisti dove l’incontrarsi aveva come finalità il divulgare e sperimentare ogni aspetto dellacreazione artistica: pittura, moda, musica, ballo, cinema, fotografia, letteratura erano la ricettaper creare atmosfere in cui potersi integrare senza tenere conto delle origini dei partecipanti,ma solo del loro genio. I Pecci Blunt e il loro esclusivo gruppo di amici trascorrevano insieme anche i giorni di vacanza: Venezia, appena lanciata nel mondo del turismo internazionale da Elsa Maxwell, Montecarlo o St Moritz, erano le esclusive località in cui si ritrovavano i protagonisti del jet setinternazionale. Incontri che diventavano amicizie fra persone che avevano il comune interesseper ogni forma d’arte e in quell’atmosfera di affinità culturale si creavano contatti e strategieper promuovere nuovi artisti e nuove idee.
Nel 1923 Mimì convinse suo marito ad acquistare la Villa Reale di Marlia, un tempo appartenuta alla sorella di Napoleone, Elisa Bonaparte Baciocchi, che divenne il luogo ideale per ricrearequel tipo di vacanza in cui lo svago si univa ad interessi comuni.Il restauro della villa fu realizzato mantenendo intatto lo spirito originario del periodo Impero, come se Mimì si trovasse a suo agio nelle stanze in cui affreschi, colori, marmi,arredamenti riproponevano le atmosfere vissute da Elisa Bonaparte. In effetti sono molti i punti in comune fra Elisa e Mimì: erano due donne colte, prontea confrontarsi con le novità delle loro epoche. Due donne instancabilmente attive che,seppur in ruoli differenti, avevano coscienza di quale fosse il loro potere, sapendolo sfruttare al meglio. Diffondendo la cultura e proponendo nuovi e innovativi punti divista modificarono il gusto e il modo di pensare dei loro tempi.Ambedue fecero cambiamenti nel parco senza intaccare la bellezza delle parti piùantiche, ma includendo le evoluzioni e lo stile di vita legato ai giardini e dettato dallenovità proposte dai tempi in cui vivevano. Elisa, acquistò nuovi terreni in cui far crescere le novità botaniche dell’epoca, come Mimose e Magnolie, mai viste sul territorio fino ad allora e trasformò il giardino in unparco all’inglese assecondando lo stile creato a Malmaison, da sua cognata Josephine de Beauharnais. Mimì affidò i lavori del parco ancora una volta a Greber che fece un restauroconservativo delle parti antiche e che inserì nuovi elementi inspirati all’Art Déco, come la zona della piscina, il campo da tennis e il Giardino Spagnolo. Elisa e Mimì avevano in comune l’amore per la musica, il disegno e l’arte in generale,ambedue vissero la villa come un luogo dove trascorrere il tempo in compagnia diamici ed artisti. Curiosamente anche a Parigi le vite di Mimì Pecci Blunt ed Elisa Bonaparte si incrociano:infatti partendo dal 32 di Rue de Babylon dopo solo seicento metri si arriva al l’hotelde Maurepas al numero 7 di Rue de la Chaise, la residenza parigina di Elisa Bonaparte,dove nel suo salotto riceveva personalità di spicco della cultura parigina esattamentecome farà Mimì poco più di cento anni dopo.
Dal 1926 la famiglia Pecci Blunt trascorse le vacanze estive a Marlia come documentano inumerosi album di fotografie scattate dalla stessa Mimì. Mimì aveva una vera passione per la fotografia, faceva infatti parte dell’Unione Società Italiane Arte Fotografica e partecipò a molte mostre sia in Italia che all’estero. “Tra le tante attività culturali di Mimì, la fotografia figurava come un’arte che lei coltivava conentusiasmo e una sagace immaginazione. Ebbe importanti esposizioni delle sue fotografie alla UnioneSocietà Italiane Arte Fotografica, che includevano ritratti, paesaggi, nature morte scene di genere. I suoi quaderni di appunti sul Romanico Toscano erano generosamente illustrati dalle sue stesse foto, ed ellaregistrava con la sua macchina fotografica – generalmente una Rolleiflex – i luoghi visitati durantei suoi viaggi in Europa e negli Stati Uniti. Era anche abile con una video camera e produsse più diquaranta film che documentavano la sua famiglia e i suoi amici”, scrive di lei il fotografo e critico d’arte statunitense Milton Gendel. Nei suoi album fotografici ogni scatto è accompagnato da notazioni scritte di suo pugno.Un‘autobiografia perfetta fatta di immagini, meticolosamente curata e catalogata, come le suevarie collezioni di periodici e almanacchi, di dischi di ogni genere musicale, e la sorprendenteraccolta di oggetti dedicata a Papa Leone XIII. Questa eredità culturale è ora custodita nelle stanze della palazzina dell’Orologio a Marlia, dovesi trova anche una ricca collezione di bambole etniche, acquistate da Mimì durante i suoi viaggi, che fanno intuire il suo interesse per l‘etnografia. Nei primi anni del Novecento l’etnografia eraancora una scienza in pieno sviluppo, che in Francia aveva mosso i suoi primi passi durante ilperiodo Napoleonico. Mimì rivolgeva la sua attenzione anche ai territori più vicini, per lei l’esperienza interiore del viaggio nonera legata alla distanza ma alla conoscenza e alla ricerca del bello che si può ritrovare ovunque se si ha uno sguardo curioso sul mondo. L’arte di saper ricevere ha come obbiettivo il far sentire a proprio agio gli ospiti ma dai Pecci Blunt si faceva di più, ci si divertiva: nella bellissima scenografia del parco o nelle eleganti saledella villa, gli ospiti assecondavano con piacere Mimì che organizzava gli svaghi della giornata,allestendo teatrini domestici, partite a bridge, giochi in giardino o piccole gite nei dintornidi Lucca. Non mancavano le feste in maschera in cui la preparazione e la riuscita non erano affidate all’organizzazione di artisti, scenografi o sarti famosi ma alla creatività degli ospiti che traducevano il tema proposto dalla padrona di casa con i mezzi più fantasiosi ed ironici.
Mimì fece di Villa Reale un luogo in cui il connubio fra jet set internazionale ed artisti si svolgesse in totale libertà e ognuno, a Marlia, abbandonava quella formalità richiesta nei salotti cittadini.Gli scatti di Mimì e i suoi divertenti commenti sono la prova di questa intimità allegra di cui tutti facevano parte. Negli anni a seguire le estati di Marlia videro fra gli ospiti Mario Praz, Alberto Moravia, Vittorio Rieti, Petrolini, Malaparte, Gala, Salvador Dalì, Afro, Bontempelli. Con tutti loro c’era un legame profondo fatto non solo di amicizia, ma anche di uno scambio continuo di progetti volti a diffondere l’arte italiana all’estero e contemporaneamente l’arte internazionale in Italia. Prima dell’inizio della guerra Mimì lasciò l’Italia facendo ritorno a Marlia solo nel 1947 e immediatamente si dedicò al ripristino della Villa che aveva subito l’insediamento di un comando tedesco e in seguito delle truppe alleate.Le sue estati furono nuovamente trascorse come nei giorni prima della guerra: artisti epersonaggi della mondanità internazionale si trovarono come un tempo a condividere le loro giornate a Villa Reale. Nel 1929 i Pecci Blunt, a seguito della vendita dell’hotel di Montmorecy ereditato dalla madre di Cecil, acquistarono il palazzo Ruspoli-Malatesta, nel cuore dell’antica Roma. Anche qui, come a Parigi, i suoi salotti furono frequentati dalla nobiltà romana e internazionale e da musicisti, pittori e scrittori. Nel palazzo si svolsero eventi di grande valore culturale come i “Concerti di Primavera”,che Mimì organizzò dal 1933, coadiuvata dai musicisti Goffredo Petrassi, Vittorio Rieti, MarioLabroca. Vennero presentate musiche di autori contemporanei come Igor Stravinsky, Goffredo Petrassi, Darius Milhaud, Francis Poulenc, Georges Auric, ma anche programmi di musica classica. Ai concerti si alternavano conferenze in cui i relatori furono, fra gli altri Paul Valéry, François Mauriac, Giuseppe Ungaretti, Trilussa, Alberto Moravia e poi saggisti e archeologi di ogni parte del mondo. Nel 1935 Mimi incaricò il poeta, critico d'arte e narratore italiano Libero de Libero di organizzare una galleria di arte moderna che venne chiamata La Cometa, uno dei simboli presenti nello stemma della famiglia Pecci. Fu un raro caso di mecenatismo artistico di quegli anni, di cui parlò anche la giornalista Irene Brin. Alla Cometa esponevano pittori come Afro, Cagli, Guttuso, Severini, De Chirico, Carlo Levi con presentazioni di letterati come De Libero, Bontempelli, Moravia, Montale. Nel 1939 un’altra iniziativa, voluta e diretta da Mimì Pecci Blunt e Libero de Libero, nacque sotto il nome della Cometa, una casa editrice. Mimì e il suo gruppo di amici diventano il riferimento fra le differenti voci culturali di Roma e le ultime novità artistiche di Parigi, dove Mimì torna per diversi mesi l’anno. Nel 1938 il direttore del quotidiano Il Tevere, Telesio Interlandi, e Giuseppe Pensabene dal settimanale Quadrivio, furono artefici di una insistente campagna antisemita contro l’attività culturale della Cometa: la galleria fu costretta a chiudere quello stesso anno per incidenti razziali. “Mi dispiace che certa gente così ignorante del modo di servire la patria non venga pregata di stare zitta”, scrisse Mimì al Ministro della Cultura.
Nel 1937 Mimì Pecci Blunt aveva fondato a New York la succursale de La Cometa. La galleria fu inaugurata con un’antologia di artisti italiani e continuò ad esporre pittori come Cagli, Mirko, Carrà, De Pisis, Severini, Levi, Afro, De Chirico, Campigli, Casorati, Morandi. L’apertura di questa galleria era stata l’espressione di una concreta azione volta divulgare l’arte moderna italiana fino ad allora sconosciuta negli Stati Uniti. Nonostante il grandissimo interesse suscitato, la galleria ebbe una breve esistenza e chiuse nell’estate del 1938, ma il valore dell’impresa fu riconosciuto dalla critica americana. Con l’inizio della guerra tutta la famiglia Pecci Blunt si trasferisce a New York, al 9 East, 84 St, dove riceveranno amici, artisti italiani ed esuli europei. Mimì in quegli anni impegnerà le sue energie a sostenere i comitati per gli aiuti umanitari a favore dell’Italia e nel fare lunghi e interessanti viaggi alla scoperta dei nativi americani. Mimì, con la sua famiglia, tornò in Italia nel 1947 e riprese con slancio la sua attività culturale. Nel 1948 fu promotrice della nascita dell’associazione “Amici dei Musei”. La prima riunione di questa associazione si tenne a palazzo Pecci Blunt. Nel 1958 il marito Cecil, per il loro anniversario di nozze, le regalò un teatro che lei volle annesso al loro palazzo in Piazza Ara Coeli e chiamato Teatro La Cometa. Divenne sin da subito un luogo d’incontro di poeti e scrittori e sotto l’attenta guida di Mimì si esibirono su quel palcoscenico artisti come Monica Vitti, Gianni Santuccio, Lila Brignone, Laura Adani ma anche Bice Valori, un giovanissimo Jannacci e registi come Streheler e Missiroli. Franca Valeri vi interpretò “La signorina Snob” e “La Sora Cecioni” due delle sue più applaudite interpretazioni. Nel 1960 per la sua attività a favore della cultura Anna Laetitia Pecci Blunt ricevette la medaglia d’oro per l’Arte e la Cultura dal Governo italiano e nel 1964 la prestigiosa Légion d’Honneurdal Governo francese. Mimì Pecci Blunt morì a Marlia il 29 ottobre 1971, nel luogo che aveva tanto amato e che fino all’ultimo ha ospitato artisti e amici di ogni parte del mondo.
Mimì. Anna Laetitia Pecci Blunt: la sua anima in un archivio. La vita gli appunti e le immagini”.
Mostra e catalogo a cura di Roberta Martinelli
Villa Reale di Marlia (Capannori, LU), 21 luglio – 17 dicembre 2023