81 anni fa la prima battaglia di El Alamein

Benito Mussolini era partito dall'aeroporto di Guidonia per poter assistere in prima persona alla battaglia: indossava la divisa di Maresciallo d'Italia ed aveva il proposito di sfilare vittorioso in Alessandria d'Egitto (o addirittura al Cairo) sopra un cavallo bianco alla testa delle truppe italiane

La rapida avanzata in Egitto delle forze dell'Asse e la imminente conquista di Marsa Matruh che avverrà il 27 giugno, le forze alleate comandate dal tenente generale Neil Ritchie avevano ripiegato fino alla Linea di El Alamein, un fronte di sessantacinque chilometri dove il deserto si restringe a formare un imbuto che va dal mare alla Depressione di Bab el Qattara. Tra El Qattara ed il mare vi sono due costoni che si ergono offrendo posizioni dominanti, e che Auchinleck decise si sfruttare per la difesa: Miteiriya (o Miteriya) e Ruweisat. Il primo è leggermente più ad ovest di El Alamein, il secondo direttamente a sud a circa 15 km. Poi si trovano vari piccoli rilievi, detti in arabo Tell, come Tell el Eisa, collinette che possono essere sfruttate per controllare il terreno e che in un deserto piatto possono essere utilizzati come riferimenti per la navigazione e l'artiglieria. Dal lato italo-tedesco, Rommel da parte tedesca e Navarini da parte italiana in ottimi rapporti reciproci, il secondo a capo di Delease (espressione del Comando Supremo Italiano in Africa Settentrionale) mentre stava per subentrargli Barbasetti, stavano organizzando il prosieguo dell'offensiva con obbiettivo il delta del Nilo. Nei primi giorni d’estate le avanguardie delle forze italo-tedesche avevano raggiunto Marsa Matruh, dove il comandante inglese Claude Auchinleck, Comandante in Capo del Middle East Command, aveva predisposto un blocco con unità del X e XIII Corpo d'armata. Una seconda postazione per rallentare la marcia dell'Asse era stata predisposta a Fuka. Le unità britanniche, anche per problemi di coordinamento, si ritirarono senza effettivamente riuscire a rallentare la marcia delle unità italo-tedesche. Le forze italo-tedesche erano logorate dalla veloce avanzata e dagli incessanti combattimenti, tanto che il XX corpo motocorazzato contava tremila uomini in tutto tra le tre divisioni, Ariete, Littorio e Trieste, che dovevano averne 7500 in organico, mentre i mezzi erano ridotti a "34 carri, 50 cannoni, 100 autocarri e 20 autoblindo", la RAF effettuava incessanti attacchi non solo su autocolonne e bersagli di rilievo ma su tutto ciò che si muovesse, e la mattina del 26 giugno una squadra di cacciabombardieri colpisce due auto su cui viaggiavano il generale Baldassarre, comandante del XX corpo, e il suo stato maggiore, mentre dirigevano la caccia alla 7ª divisione corazzata britannica; Baldassarre, che ferito aveva subito affidato il comando al generale De Stefanis, e quattro dei suoi ufficiali muoiono. Il 26 giugno Auchinleck tolse il comando a Ritchie ed assunse direttamente il comando anche dell'Ottava Armata. Le fanterie britanniche e del Commonwealth prepararono delle postazioni di difesa costituite da zone trincerate e circondate da campi minati, senza poter occupare estensivamente tutta la linea del fronte; queste postazioni vennero denominate boxes, scatole, e i loro campi minati successivamente integrati dai genieri italiani e tedeschi saranno la base della cintura minata denominata giardini del diavolo che assumerà una notevole importanza nelle fasi successive. I tre box così creati presidiavano ognuno una delle direttrici di accesso verso Alessandria, ma le forze a disposizione dei britannici il 1 luglio erano molto ridotte rispetto a quelle con cui avevano affrontato Rommel a Tobruk e Gazala. Le uniche divisioni a ranghi completi erano la 2ª di fanteria Neozelandese e la 1ª divisione corazzata britannica. Poi vi era la 1ª divisione di fanteria sudafricana del generale Pienaar, molto provata e ridotta negli effettivi, due gruppi di combattimento a livello brigata, la 9ª e la 18ª indiane, ed altri gruppi da combattimento formati partendo da divisioni in quel momento incomplete, la 7ª divisione corazzata (Desert rats, i topi del deserto), la 50ª di fanteria britannica ancora in addestramento nella zona del Delta e che arriverà nelle parti finali della battaglia e la 5ª divisione di fanteria indiana; la 9ª divisione di fanteria australiana si stava avvicinando al fronte. Precisamente, il primo box nell'area del XXX corpo d'armata era posto vicino alla stazione di El Alamein, e presidiato dalla 1ª divisione sudafricana con la 18ª brigata indiana posta a Deir El Sheyn, tra il costone di Miteriya e quello di Ruweisat; la 1ª divisione corazzata fulcro del X corpo era subito dietro vicino alle propaggini est di Ruweisat; il secondo box di competenza del XIII corpo d'armata era ad est di Bab el Qattara, presidiato dalla 6ª brigata neozelandese in posizione avanzata rispetto al resto della divisione che era scaglionato a una quindicina di km ad est; la 9ª brigata della 5ª divisione indiana era nel terzo box a Naqb Abu Dweis, all'estremità nord della depressione di Qattara, e la 5ª brigata motorizzata pattugliava lo spazio tra secondo e terzo box. La 9ª divisione australiana era ben fornita in uomini ma sotto organico in mezzi: carri vecchi e in numero insufficiente, pezzi anticarro solo da 2 libbre, ma nessuno da 6 libbre, pochi camion; la divisione faceva parte dapprima delle forze di difesa del Cairo, poi della Delta Force, le unità a difesa del Delta, che i britannici ritenevano in pericolo tanto da iniziare a predisporre la partenza delle unità della Mediterranean Fleet verso porti più sicuri mentre al Cairo come raccontato dal generale De Guingand si bruciavano documenti e il 30 giugno secondo il generale australiano Morshead si predisponeva lo spostamento del Middle East Headquarters verso luoghi più sicuri. Arrivata al Delta, la 24ª brigata e la 26ª brigata si disponevano a cavallo del lago Maryut a pochi km da Alessandria tra la costa e la località di El Amiriya, preparando postazioni difensive nel caso che la linea di El Alamein venisse superata e predisponendo anche piani di inondazione selettiva per ridurre l'area da difendere. I pareri dei comandanti britannici erano variegati ed andavano da quello del generale Norrie del XXX corpo che riteneva El Alamein l'ultima spiaggia ("Do or Die" letteralmente) anche se in seguito scrisse al generale Pienaar che avrebbe preferito trincerarsi dietro il Canale di Suez a quello di altri come quello del generale Gott che avrebbe preferito salvare l'Ottava Armata a scapito di Suez e dell'Egitto. In Marsa Matruh entrarono i battaglioni X e XI del 7º Reggimento bersaglieri del colonnello Ugo Scirocco, e una compagnia del XXXII Battaglione genio guastatori, facendo quasi 7.000 prigionieri. Il 1º luglio l'Afrika Korps passò all’offensiva: la linea alleata nei pressi di El Alamein non venne travolta fino a sera, e questa resistenza mise in stallo l'avanzata delle forze dell'Asse. Il quartier generale di Rommel era a Marsa Matruh. Il 2 luglio Rommel concentrò le sue forze a nord, intendendo sfondare nei pressi di El Alamein. Auchinleck ordinò un contrattacco al centro delle linee dell'Asse, ma l'attacco fallì. Gli Alleati attaccarono a sud le truppe italiane, che però tennero le posizioni. Come risultato della resistenza Alleata Rommel decise di riorganizzarsi e di consolidare la linea conquistata. L’attacco nemico che pose fine alla prima battaglia di El Alamein si concretizzò tra il 26 ed il 27 luglio, risolvendosi ancora una volta in un completo insuccesso per i britannici. L'attacco della 9ª Divisione australiana si arenò davanti alla forte resistenza dei reparti del 61º Reggimento Fanteria della Divisione "Trento", che riuscirono a respingere le puntate offensive del nemico infliggendogli notevoli perdite. Il /28º Battaglione, colto di sorpresa, si trincerò ai piedi della collina di El Ruweisat, da dove l'ufficiale comandante, il maggiore Lew McCarter, chiese più volte l'appoggio dell'artiglieria, senza tuttavia ottenere risposta. L'Ottava Armata era ormai esausta e per il 31 luglio Auchinleck ordinò la fine dell'offensiva e il rafforzamento delle difese per contrastare una massiccia controffensiva, che riteneva ormai imminente. La battaglia finì in stallo, ma fu decisiva per fermare l'avanzata dell'Asse verso Alessandria d'Egitto. Un secondo tentativo di sfondare le linee Alleate venne sventato dalle forze del Commonwealth nella Battaglia di Alam Halfa in agosto, e in ottobre, l'8ª Armata britannica, con il nuovo comandante Bernard Montgomery, riportò una netta vittoria contro le forze dell'Asse nella Seconda battaglia di El Alamein. Il 29 giugno Benito Mussolini era partito dall'aeroporto di Guidonia per poter assistere in prima persona alla battaglia: indossava la divisa di Maresciallo d'Italia ed aveva il proposito di sfilare vittorioso in Alessandria d'Egitto (o addirittura al Cairo) sopra un cavallo bianco alla testa delle truppe italiane. Il Duce si stabilì in prossimità del fronte e, il 20 luglio, quando si rese conto che il successo non arrivava, lasciò l'Africa per tornare in patria: Stallo nell'offensiva italo-tedesca e fallimento del contrattacco britannico.