Rai, Meloni succube del PD? Può essere. Ma se invece si fossero accorti che alcuni sono impresentabili?

Dietro i casi Facci e Leonarduzzi sembra affiorare più la preoccupazione di una possibile deriva che una sudditanza psicologica: la destra sa che non può permettersi le libertà della sinistra gramsciana, sa che se non ci mette un freno la situazione diventa incontrollabile.

Dicono che la Rai targata Meloni sia ostaggio del moralismo comunista che per una parola ti fa fuori. Se arriva dalla parte sbagliata, s’intende, altrimenti può piovere di tutto e lo si rubrica alla voce: satira, che non ha padroni, non ha confini, nessuno la tocchi. Può essere, a me pare d'altra parte che questo governo, zoppicante per molti versi (cinquantamila arrivi e ventimila sbarchi nei primi sei mesi, sicurezza ai minimi storici, ritardi strutturali incolmabili, colonizzazione economica quasi completa, la sudditanza al castello degli orrori europeo), non possa permettersi pure il revanscismo isterico di quelli che certo becerume ce l’hanno dentro e adesso gli salta come un tappo impazzito. Sono quelli in astinenza da potere o da visibilità che cominciano a godere e non si tengono, da Facci con le sue uscite egolatriche sulla cacciatrice di dote di Apache la Russa ai telecronisti del nuoto che inanellano una serie imprevedibile di battute da trivio. Non è il caso di farne un dramma, faccende minime, problemi loro, imparassero a stare al mondo, i vertici del servizio pubblico hanno ritenuto di farne a meno, la questione si potrebbe chiudere qui: è grottesca la sinistra doppiopesista che vaneggia di stupro alle nuotatrici o ennesimo sfregio a tutte le donne perché un bimbominkia cresciuto vuol fare sfoggio della sua competenza in materia di stupefacenti. Ma una urgenza c’è, è diversa e va letta in controluce: la sinistra sottoacculturata dei Saviano e delle Littizzetto può permettersi di scadere nel culo per aria, nella volgarità miserabile perché camperà sempre sul mito autoindotto dei migliori, dei competenti, anche se a questo punto ridotti a macchietta; la destra non può permetterselo e lo sa, così come sa i suoi rappresentanti, ne conosce l’attitudine a certa coglionaggine machista o che si lascia volentieri fraintendere come tale.

Il telecronista che motteggiava sulle donne che distese sono tutte uguali, che la danno e non la danno, è, se è vero quanto abbiamo letto, uno che si ricorda di “fare gli auguri a Hitler” in diretta: un nazista? Ma no, un patetico, uno che si qualifica da sè. Ma di quelli pericolosi perché scatenano una pioggerella di conseguenze che ti inzuppa, ti entra nelle ossa. È il dramma esistenziale della destra, e la destra lo sa. Sa di non avere riferimenti spendibili, sa che al suo interno non esiste ovvero è composta da tribù che fra loro non hanno quasi niente da dirsi: c’è la destra nobile, liberale, dai riferimenti culturali alti e altissimi, oggi in via di estinzione, che non si è mai degnata di confrontarsi col prato basso e bassissimo dei trogloditi da sottodestra, cori da stadio, violenza per osmosi, catenone, bracciali e “onore a Diabolik”, il malavitoso spacciatore capo degli ultras laziali caduto in una faida criminale. C’è poi la destra nostalgica, che i suoi fondamenti li ha pure ma corrosi dal tempo, improbabili oggi: girano sempre i soliti quattro o cinque, stanno intorno ai sessanta, le istanze e i richiami della cultura pop non li hanno sfiorati: quando infuriavano il rock and roll, i fumetti, il cinema di evasione, la moda pop, loro stavano avvolti in un nostalgismo mussolinano tetro, di vittimismo feroce, in polemica con l’altra seriosità degli alienati di estrema sinistra. Si sono nutriti di evocazioni perdute, sempre più incazzati perché nessuno li ascoltava, hanno covato quel culturame e adesso che tocca a loro lo rovesciano fuori in ogni articolo, in ogni libro, in ogni occasione pubblica all’insegna di una monotonia ossessiva e vagamente maniacale. C’è sempre il razionalismo architettonico, c’è Piacentini, l’edilizia fascista, la moda fascista, ci sono sempre le grandi opere, le bonifiche, il vago sentore di onore e identità perduta, possono parlare di qualsiasi cosa ma è sempre quella mercanzia che gli viene fuori. Dopo un secolo. Non hanno saputo o voluto mai accettare che comunque il mondo rotolava e adesso si trovano spiazzati. Vanno a comandare o almeno nei posti del sottopotere, ma ci vanno da rabbiosi ancora, da rivendicativi contro l’egemonia gramsciana, che per tutta la vita hanno invidiato, e dal cilindro tiran fuori il solito Tolkien che sarà anche un capolavoro ma a forza di rispolverarlo, di declinarlo secondo le visioni allucinate della destra mistica e magica, finisce per rompere i coglioni.

Arrivano al potere, quantomeno culturale, nell’età della pensione e ci arrivano in clamoroso ritardo e sapendolo non resistono alle suggestioni sbagliate, non riescono a non citare, per darsi una parvenza di ecumenismo e di modernità, l’inutile Jovanotti o l’immancabile De André, sopravvalutato menestrello che la moglie, la mama Dodollari, vorrebbe inserire nei libri di testo. Lo stesso per Gaber, che solo una lettura stupida e superficiale ha collocato in fama di uomo libero, al di sopra delle distinzioni politiche: Gaber era uno che di sé diceva “non riesco ad essere di destra già fisicamente”, una cazzata di mortificante razzismo, e già nel 1970 era stato regolato come meritava dal liberale conservatore, ma còlto davvero, Enzo Tortora che però per l’occasione andò giù duro: pigli un milione a sera per salire su un palco col pugno chiuso e i testi qualunquisti di Luporini.

Oggi non è più tempo di polemiche furibonde e, potendo, di livello, si preferisce il colpo alle ginocchia, la delazione, ma, soprattutto, un amichettismo trasversale, sì, siamo di sinistra, siamo di destra, ma alla fine siamo tutti dello stesso club, gli emersi, i conosciuti, siamo un’isola dei famosi e ci scambiamo favori. Poi, ogni tanto, erutta il vecchio virilismo svaccato che se non è fascista gli si avvicina molto e allora la destra che comanda capisce che, in piena epoca woke, non può far passare di tutto e di più, specie in Rai, capisce che deve contenere i suoi clientes, deve cacciarne qualcuno, altrimenti vanno a casa tutti quanti in largo anticipo.