L’iconica “Pennellata” di Roy Lichtenstein, momento cardine della “Pop Art”
L'opera trattata sul mercato dell’arte per milioni non salva l’artista dall’accusa di essere stato un appropriazionista.
Tra il 1965 e il 1966, Roy Lichtenstein (27 ottobre 1923- 29 settembre 1997 New York) completò una delle sue serie più iconiche: i dipinti “Brushstroke” (in italiano letteralmente “Pennellata”). Composta da 15 tele, la serie è considerata tra i capolavori del movimento Pop Art. Oggi, otto delle quindici opere sono conservate in collezioni museali pubbliche come l'Art Institute di Chicago, il Museo delle belle arti di Zurigo, il “Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen” di Düsseldorf e il Whitney Museum of American Art di New York, tra gli altri.
In tempi recenti, anche se pandemici, precisamente il giorno lunedì 29 giugno 2020 , una delle poche tele della serie “Brushstroke” rimaste in mani private è stata tra i protagonistI dell'asta serale di arte contemporanea “Sotheby's: White Brushstroke I” a New York. Con prezzo di aggiudicazione stimato tra i 20 ed i 30 milioni di dollari (17,8 / 26,7 milioni di €), l’opera è stata aggiudicata ad un collezionista privato - non noto al pubblico - per la non indifferente somma complessiva di 25,4 milioni dì dollari (pari a più di 23 milioni di Euro).
Completato nel 1965, “White Brushstroke I” (121.9 x 142.2 cm) è uno degli esempi più eclatanti della serie di dipinti “Brushstroke” dell'artista. La provenienza del dipinto è la seguente: dopo il suo debutto nella mostra “Brushstrokes” alla Castelli Gallery di New York nel 1965, insieme ad altri esempi chiave della serie, “White Brushstroke I” fu acquisito nello stesso anno da Irving Blum, il fondatore della Ferus Gallery di Los Angeles e rivenditore della West Coast per le opere di Lichtenstein. Dopo tre decenni nella celebre collezione personale di Blum, “White Brushstroke I” è stato acquisito da un'importante collezione privata statunitense che lo ha posto in vendita nel giugno del 2020.
Nel vedere il presente lavoro alla mostra di debutto nel 1965 a New York, il critico d'arte Dave Hickey ha osservato:
“Sono entrato nella galleria di Leo Castelli e ho scoperto che i dipinti di Lichtenstein avevano letteralmente chiarito l'aria ... Ricordo ancora il vuoto delle stanze e le superfici pulite e articolate delle tele, il loro ambiente di eloquenza senza angoscia, di difficoltà modernista senza lotta teatrale. Ricordo anche che i dipinti sembravano estremamente nuovi e non ho mai smesso di apprezzarli. ”
Lichtenstein ha dichiarato che con la realizzazione di questa serie fosse sua intenzione fare la parodia di artisti come Jackson Pollock e Willem de Kooning sottolineando che “Le pennellate in un dipinto trasmettono un senso di grande gesto ma nelle mie mani la pennellata diventa la rappresentazione di un grande gesto.”
L’artista ha anche precisato che il primo pezzo della serie “Brushstroke”, intitolato appunto “Brushstroke” è stato ispirato da un fumetto, come spesso è avvenuto nella storia delle opere di Lichtenstein. Questa “abitudine”, in tempi ancora più recenti, gli e’ valsa l’accusa di essere stato un saccheggiatore ed appropriazionista verso questa forma di arte, il fumetto, che negli anni sessanta era ancora considerata estremamente popolare e di serie “b” ma che oggi sembra non tollerare più alcuna occasione di svilimento e appropriazione da parte dell’arte cosiddetta più “elevata”.
Comunque, e più precisamente, l’ispirazione a Lichtenstein per questo famoso e molto valutato dipinto proviene da una tavola della storia a fumetti “The Painting” pubblicata nel numero di ottobre 1964 di “Strange Suspense Stories” edito dalla Charlton Comics negli USA. Il fumetto racconta la storia di Jake, un artista che è afflitto dal dubbio. Sebbene mostri talento come artista, Jake, il protagonista del fumetto, rifiuta l'offerta di organizzare una propria mostra, credendo che il suo lavoro sia semplicemente non abbastanza buono.
Forse si era sbagliato...