Dante e il pensiero di destra: una storia di riappropriazione culturale
Il retroscena dell'affermazione di Sangiuliano che vuole Dante "fondatore del pensiero della destra in Italia"
L’anno è il 1301, autunno, un autunno che sapeva d’autunno nel bel tempo in cui c’erano ancora le mezze stagioni, il protagonista è un Dante che in una precoce mezza età si ritrova esiliato dalla propria alma mater e costretto a saltare di casa in casa cercando l’ospitalità di vecchie conoscenze, giurando di fermarsi solo per qualche giorno, mi metto sul divano e non mi vedete neanche.
D’altronde non avrebbe mai potuto avere vita facile il primo vero precursore del pensiero della destra italiana, una Rosa Parks del liberal-conservatorismo. Finalmente, e mi sento di fare un respiro di sollievo, il partito di maggioranza ha sfoderato la propria anima alla Pietro Savastano e con il pugno chiuso riporta a casa le grandi menti della letteratura italiana al grido di “Ce ripigliamm' tutt' chell che è 'o nuost’”.
E così abbiamo un Dante dei Comuni eretto - a ragione!- al ruolo di paladino dal nostro Ministro della Cultura. A ragione sì, basti pensare al piccolo screzio dell’Alighieri col Papa, quel Bonifacio VIII che come ogni vero comunista che si rispetti non poteva che finire tra i simoniaci - i Papi, lo sappiamo, se li è presi la sinistra e non li molla più da anni.
Sarà forse il profilo, il “viso antico” â la Carmelo bene che pone il fiorentino padre della lingua sul piedistallo di autorevolezza nel pensiero dell’onorevole Sangiuliano? Un naso importante, si sa, in uomo è sinonimo di polso, di carattere.
Federico da Montefeltro, Dante, Machiavelli, La Russa. Di quante altre prove, di quante altre dimostrazioni abbiamo bisogno per vincere questa lotteria?
E allora perché non cominciare davvero a ritroso e fare una bella scorpacciata dall’Impero in poi? La quarta egloga di un giovane Virgilio che già profetizzava la discesa in campo del ’94, Boccaccio nel De casibus virorum illustrium che nel capitolo In superbos reges non fa altro che descrivere pedissequamente la caduta di Craxi, con tanto di lancio delle monetine.
Grandi menti, grandi nasi.
E se poi ci impegoliamo in un roveto di anacronismi, di decontestualizzazioni, di contraddizioni storiche, filosofiche, letterarie e semantiche, cosa ci interessa? Non possiamo permetterci di focalizzarci su quelle minuzie di significato e significante quando per anni la sinistra italiana ha combattuto una subdola battaglia di appropriazione culturale - servono pilastri e pilastri autorevoli, servono tutti gli assi per vincere questa briscola che si gioca a Montecitorio.
Pierpaolo, tu sei il prossimo.