"Funeral" degli Arcade Fire compie 18 anni: ricordando lo struggente capolavoro degli anni 2000

Un disco che è un inno generazionale, e simbolizza quel misto di disperazione, malinconia ed entusiasmo con cui sono cresciuti gli adolescenti del terzo millennio.

Alcuni dischi accompagnano la tua adolescenza, finché a un tratto non ti giri e accorgi che sono diventati adulti anche loroFuneral, il disco d'esordio degli Arcade Fire, l'ormai leggendario complesso alternative rock canadese, compie oggi 18 anni, e suona ancora come se fosse uscito ieri. Passerà alla storia non tanto per il triplo disco di platino che guadagnò alla band (successo mostruoso, considerato che è uscito pe runa etichetta indipendente), e neanche per il tono magniloquentela strumentazione barocca (un complesso di 15 musicisti, tra cui fisarmonica, viola e violoncello, xilofono, percurssioni), bensì per avere incarnato l'ethos adolescenziale di quegli anni: il misto di amarezza e coraggio, sogno e disperazione, malinconia ed entusiasmo, eroismo e nichilismo. "If someone asked me what growing up and coming of age feels like, I’d show them this song", dice un commento YouTube su Neighborhood #1 (Tunnels). E non si potrebbe dire meglio.

Funeral, un concept album epico su cosa significa essere adolescenti

Funeral nasce in una convergenza di disastri pubblici e tragedie private. Nasce in una generazione che ha visto lo schianto delle Torri Gemelle - un gigantesco "risveglio dal sogno" degli anni 90', e prende forma in un momento in cui a quasi tutti i membri della band era morto un parente. Da qui, l'esigenza di un disco che reagisse a tutta quella morte. Funeral, "Lugubre battesimo dall'essenza gioiosa": un titolo stravagante per un disco così pieno di vita, eppure di malinconia.

Anche, un disco enormemente variegato dal punto di vista sonoro. Feroci cadenze post-punk, ballate folk piene di dolcezza acida, vere e proprie hit isteriche quali Rebellion - LiesWake up - il tutto amalgamato da una sensibilità dolente e da un profluvio di arrangiamenti neoclassicheggianti, tra linee di archi dal sapore montuoso e quasi operastico, ritmi rockmelodie pop che "farebbero salivare Burth Bucharach". L'inventiva nell'orchestrazione è in grado di elevare alla potenza l'effetto espressivo dei brani.

La canzone che apre l'album è appunto Neighborhood #1 (Tunnels), parte di una serie di canzoni dedicate al loro quartiere di origine di Win Butler. Note di piano liquide e dolcissime, sullo sfondo sacrale dell'organo, ci introducono a un quadro desolante: i genitori stanno piangendo, e il protagonista sogna di "scavare un tunnel" verso la casa dell'innamorata, in un gesto di puro escapismo. Con lei sogna una vita libera e diversa, giocano a inventare i nomi dei loro futuri bambini, in una esistenza adulta che forse non avverrà mai. L'alchimia dell'amore come unica salvezza in un mondo in cui parenti e amici sono sempre più distanti: "Puoi trasformare il piombo nella mia testa in oro/ e ora che giorni sono fiochi, ti sento cantare un inno dorato/ è la canzone che sto cercando di cantare". "Purify the colours - Purify my mind" chiude questo sofferto tributo all'amore adolescenziale. 

Neighborhood #2 (Laikacambia completamente sonorità: un pezzo rock cadenzatissimo, che guarda al post punk, con malinconiche venature folk dalle fisarmoniche. Il rimando è a Laika, la cagnolina lanciata nello spazio, e racconta dei drammi di Alexander, un ragazzo che non riesce a integrarsi nella società, e vuole allontanarsi dalla Neighborhood. Il riferimento è forse a Alexander Supertramp, soprannome di Christopher McCandless, il viaggiatore statunitense che abbandonò la vita nel mondo civilizzato per trasferirsi nelle foreste del Canada, in cui trovò la morte. Con ritornelli di un'intensità quasi isterica, è un altro momento caldissimo dell'album. 

Stupisce l'enorme varietà sonora dell'album. Feroci cadenze post-punk, ballate folk piene di dolcezza acida (dimessa e psichedelica, Neighborhood #4 - 7 Kettles), motivetti isterici (Neighborhood #3 (Power Out)),vere e proprie hit quali Wake up - il tutto amalgamato da una sensibilità dolente e da un profluvio di arrangiamenti neoclassicheggianti, tra linee di archi dal sapore montuoso e quasi operastico, come in In the Backseat, quasi un pezzo da camera per archi e voce femminile, che evolve in un intensissimo crescendo man mano che si tinge di venature rock. Abbiamo ritmi selvaggi e melodie pop che "farebbero salivare Burth Bucharach" (Crown of Love). In ambito rock, di rado il piano è stato utilizzato in modo così intelligente, intenso ed espressivo (soprattutto come elemento ritmico) come dagli Arcade Fire. L'inventiva nell'orchestrazione, in cui compaiono arpe, corni, tastiere e viole, è in grado di elevare alla potenza l'effetto espressivo dei brani a un livello quasi trascendente.

Forse il momento che impersona meglio lo spirito del disco è Rebellion - Lies, in cui Butler interpreta la parte, emblematica dello stile della band, del bambino ribelle, che si rifiuta di credere alle menzogne con cui gli adulti cercano di manipolarlo. Dopo la strofa segnata dall'ostinato di piano, ritornello epico coi coretti, perfettamente rock, chiuso dai malinconici fraseggi di violoncello. L'inciso "Now here's the sun, it's alright/ Now here's the moon, it's alright!" esprime tutto l'utopismo adolescenziale di ragazzi che vogliono solo vivere liberi, lontani da regole e imposizioni. 

Un bambino interiore che nasce con questo disco, e che ci accompagnati mentre anche noi diventavamo grandi. Ora che compie diciotto anni, ma non diventerà mai adulto.