Tempio di Cupra: emergono bellissime e rare decorazioni colorate nello stile di Pompei
Soffitti azzurri con il cielo, pareti gialle con riquadri neri e rossi, decorazioni floreali: in origine il tempio di Cupra era un tripudio di colori che richiama agli splendori di Pompei
Colori che emergono dalla nebbia della storia: le nuove indagini archeologici dimostrano che l'antico tempio di Cupra, nelle Marche, era interamente decorato a con colori e pitture. Un caso rarissimo: i templi con la cella (la parte interna decorata) sono rarissimi. Un altro caso celebre è quello di Pompei. Questo stile pittorico, giocato sulle monocromie e intonaci che minano tendaggi ricchi di decorazioni, è infatti detto "Pompeiano terzo".
La cella del tempio interamente colorata: "Rarissimo, solo a Pompei"
Marco Giglio, archeologo dall'Università di Napoli, è l'autore di questa incredibile scoperta che ha recuperato una vera e propria rarità architettonica e archeologica. Gli unici altri templi conosciuti che fanno sfoggio dello stile pompeiano terzo sono il Bona Dea di Ostia, il Urbis Silviae nelle Marche, e il Tempio di Nora in Sardegna. Tutti templi che tuttavia mostrano decorazioni mentre intricate e sofisticate rispetto a quelle di Culpra, in cui appaiono decorazioni floreali, candelabri e scene di vario di genere finemente dipinte in uno stile rigorosamente geometrico e bidimensionale che faceva furore nei saloni di Pompei.
La protettrice del tempio, e della città di Cupra in generale, era Era, moglie di Zeus e protettrice della famiglia, di cui Cupra era, secondo lo storico romano Strabone, il secondo nome. La protezione della dea non salvò il tempio da una storia travagliata: fu pesantemente danneggiato da un terremoto (ragione per cui di esso oggi rimane pochissimo) e fu ristrutturato "a fondamentis". L'originario salone dai colori vividi fu coperto con un solido strato di rivestimento in marmo: i colori furono sbriciolato e riciclati, come tipico dell'artigianato romano, per i pavimenti. Di esso rimangono i cocci originali e poche sezioni di parete che dimostrano l'originaria policromia della bellissima cella.
Si pensa che il finanziatore del costoso e complesso restauro sia stato l'imperatore Adriano, discendente dalla famiglia di Atri proveniente proprio dal Piceno.
A volte l'archeologia è in grado, a partire da dati essenzialissimi, di generare visioni vivide di un passato lontanissimo come se ce le avessimo davanti. È il caso della formidabile scoperta di Marco Giglio e del suo team, che per un secondo, ci ha portati in un salone carico di forme e colori incantevoli come se fossimo lì, tra i seguaci della dea.