Arte, tra mancanza di nuovi soggetti e decadimento delle icone pop: appello a chi la ama

È dovere di tutti coloro che amano l’arte, impegnarsi per comprendere il valore dei loro tentativi e fornirgli quante più occasioni possibili per poter esprimere loro stessi e la loro visione del mondo che lascerà sicuramente, sia a noi che alle future generazioni, un patrimonio più ricco per comprendere il mondo e l’esistenza

Attualmente nel mondo dell’arte, si registra un continuo interesse, adorazione e perché no, anche ossessione per quella che è la Pop art. Questo movimento artistico nasce tra l’Europa e gli Stati Uniti, nel secondo dopoguerra, precisamente tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. L’appellativo Pop Art, non è altro che l’abbreviazione dell’espressione Popular Art che indica quindi un tipo di arte popolare, destinata alle masse e quindi potenzialmente alla portata di tutti. Tra i principali artisti, impossibile non citare, tra i grandi maestri, Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Richard Hamilton, Robert Rauschenberg e Jasper Johns. Tra i temi principali affrontati dagli artisti, troviamo i nuovissimi oggetti entrati a far parte della vita quotidiana dell’epoca per esempio le televisioni, i frigoriferi, i poster, le lavatrici, le automobili, le lattine, le riviste e i giornali, di cui le famiglie all’epoca non potevano più farne a meno. Le opere create non sono altro che prodotti commerciali che divengono il simbolo e l’annuncio stesso della nascita di una società che da lì in poi non smetterà più di essere consumistica e fondata molto spesso sullo spreco. A differenza degli altri movimenti artistici che si sviluppano in questo periodo come per esempio l’Happening e il New Dada, la Pop Art si allontana da ogni forma di critica e si sofferma solo sul mostrare la realtà. Purtroppo però, a distanza di 60 anni, ci troviamo ancora a veder esposti all’interno di molte, anche valide, gallerie oppure negli stand delle fiere d’arte più importanti d’Italia, gli stessi medesimi soggetti, visti e rivisti che continuano a essere riciclati senza sosta da artisti e da galleristi che riescono a vendere questi prodotti, perché altro non sono, senza troppi problemi. Il tutto, viene accompagnato da basilari e banali spiegazioni, sul perché questo o quel tipo di quadro o scultura, dovrebbero essere considerati originali e innovativi. Tutto ciò che prende il nome di poetica, viene quindi a mancare. Questo marketing, finisce inevitabilmente per indebolire quelle che in realtà sono opere realmente rivoluzionarie e valide, realizzate nel periodo in cui il consumismo è nato e che quindi avevano ragione di esistere e di esprimere una realtà appena nata.

 L’uomo è però fatalmente attratto da ciò che è comprensibile, semplice e da ciò che non implica uno sforzo di comprensione che talvolta può risultare complicato e impegnativo. Viviamo in una società dove tutto è rapidissimo, diretto e scattante e dove la meditazione e la contemplazione restano cosa per pochi che hanno la possibilità e la sensibilità per capirne il valore. Personalmente, durante questi miei anni di formazione, ho maturato l’idea che l’Arte Colta sia tutto tranne qualcosa di banale, di semplice e comprensibile istantaneamente a un primo sguardo, soprattutto se creata all’interno di questa società così tanto contraddittoria e metamorfica. Indubbiamente, assistiamo al bisogno di un rinnovamento di tematiche, di poetiche e di tecniche da parte degli artisti e un maggiore sforzo di comprensione da parte dei galleristi, dei collezionisti e del pubblico stesso. Fortunatamente, ci sono molti artisti validi viventi di tutte le età, molti già riconosciuti, molti non ancora come meriterebbero e molti purtroppo sconosciuti. Da sempre, i creatori di arte si dividono in due categorie, chi rimane nello schema e chi a un certo punto decide di uscirne, i primi sono artisti, i secondi sono maestri. Ciò non è altro che quello che ci insegna il famoso Mito della Caverna di Platone. Infatti, a un certo punto, nella vita, ogni uomo è costretto a scegliere se rimanere nell’oscurità, nel buio della caverna e quindi accettare le apparenze come dogmi e verità assolute, oppure uscire da essa; spesso a costo della vita, sopportando la potenza della luce del sole, la luce della conoscenza, dove tutte le certezze non sono più tali. L’uomo dovrà quindi cercare di ri-scoprire la realtà partendo da zero, togliendo quel Velo di Maya che come spiega Schopenhauer, simboleggia il liberarsi dalle illusioni nelle quali da sempre crediamo e che finiscono per limitare l’esperienza della nostra vita e mostrano un mondo falso e frammentario.

I maestri dell’arte, sceglieranno inevitabilmente la via più difficile, paradigma della vita stessa. È dovere di tutti coloro che amano l’arte, impegnarsi per comprendere il valore dei loro tentativi e fornirgli quante più occasioni possibili per poter esprimere loro stessi e la loro visione del mondo che lascerà sicuramente, sia a noi che alle future generazioni, un patrimonio più ricco per comprendere il mondo e l’esistenza.

Di Lisa Parra