Transumanesimo e perdita del linguaggio: nel 2022 umanità sempre più lontana dalla sua origine naturale

Il Verbo ha consentito all'homo sapiens di porsi all'apice del mondo animale. La perdita del linguaggio ci allontanerà dal pensiero astratto, dal pensiero trascendente

SCRITTI PANDEMICI

La perdita del linguaggio

Nell’anno 2022, nel cuore dell’Europa (o un po’ più in basso, data la posizione geografica del nostro Paese), assistiamo al trionfo di una nuova umanità. Ultimo stadio dell’evoluzione dell’homo sapiens prima della comparsa sulla terra del postumano (transumano), questo essere umano contemporaneo è in grado di intuire - come mai prima nella storia - la complessità del mondo, ma (con rarissime eccezioni) non è più in grado di esprimerla. Per una straordinaria simmetria, se “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”, alla sua fine l’homo sapiens sopravvive tanto lontano dal Verbo quanto è lontano da Dio. In un mondo in cui le relazioni umane si riducono per lo più a uno scambio di messaggi informatici, gli emoticon sostituiscono la parola e, le rare volte in cui si usano le parole, non hanno alcun significato.
Vi è una moralità del linguaggio, non ho mai condiviso l’aforisma di Oscar Wilde: “Uno scrittore che chiami zappa una zappa si merita di usarla, di andare a zappare.” (E del resto, io ho chiamato fica la fica: cosa mi merito?).
Perdere la padronanza del linguaggio ha molte conseguenze, tutte negative. La prima, sotto gli occhi di tutti noi, è che ogni problema, anche il più complesso, viene sintetizzato da un emoticon, un’emozione stereotipata.
Dal pensiero binario Buono / Cattivo, Bello / Brutto non se ne esce, tutto si riduce a un click su una faccina che ride o una che piange.
Quanto abbiano contribuito Walt Disney, Hollywood, il degrado della scuola e della società è evidente e non è mia intenzione occuparmene. Al contrario, m’interessano le conseguenze, che sono devastanti.
Più della metà degli studenti delle scuole superiori non sono in grado di comprendere un normale articolo di giornale. Gli editori non sono benefattori disinteressati, così si vedono costretti ad abbassare il livello degli articoli per renderli comprensibili, in una corsa a conquistare lo sparuto gruppo di potenziali lettori rimasto. Perché dunque stupirsi se il livello del giornalismo italiano è imbarazzante?
Non ho intenzione di fare nomi (ne ho già in mente una dozzina), ma gli unici giornalisti conosciuti sono quelli che vanno in televisione: da qui la corsa a farsi invitare, a guadagnarsi una visibilità da spendere per fare carriera.
Ma il livello, purtroppo, resta imbarazzante.
Non sono un giornalista, non devo difendere interessi corporativi (e neppure attaccarli per emergere), ma io, da lettore, provo rabbia e persino vergogna leggendo gli editoriali di nomi noti, direttori e vicedirettori di quotidiani, che riducono tutto a un film western: Zelenski buono, Putin cattivo.
Questo modo di descrivere le cose è infantile (o senile), non consente una comprensione della realtà e pone le basi per il trionfo del metaverso, che è postumanità. E voi, signori giornalisti, portate avanti quest’opera di demolizione della cultura europea senza nemmeno rendervene conto.
Non sono un giornalista (e neppure un pubblicista). Sono un avvocato e un romanziere. Scrivo su Il giornale d’Italia da un anno esatto, perché? Ho iniziato pubblicando racconti brevi, sono passato a scrivere brevi editoriali contro il Governo e il Presidente della Repubblica e intendo andare avanti perché sono un dissidente. Mi ribello contro la deriva populista che i grandi quotidiani assecondano inseguendo lettori sempre più rari e impreparati. Studio il transumanesimo dal 2014, normale che sia per me una preoccupazione costante.
Ricordo un tempo lontanissimo, quando bambino commentavo insieme a mia nonna gli straordinari articoli di Indro Montanelli. I pranzi domenicali erano una palestra, dove s’imparava a dissentire educatamente, a scambiarsi idee e opinioni con un sorriso sulle labbra e un’apertura a comprendere le opinioni altrui.
Oggi non è rimasto nulla di simile: si mangia guardando la televisione o lo schermo di un telefono. Si tifa, si ha fede (nella scienza, negli uomini della provvidenza - di solito miliardari o banchieri) ma si è persa la disponibilità ad ascoltare un interlocutore. Chi non ascolta le opinioni altrui non impara, perché si impara sempre dal confronto, non dall’appartenenza a un gruppo di ultrà.
Così, giorno dopo giorno, ci avviciniamo alla nostra fine come specie nata dall’evoluzione naturale, perdendo la caratteristica che ha consentito all’homo sapiens di porsi all’apice del mondo animale: il linguaggio.
Migliorati dall’eugenetica, dai modem e i microchip all’interno dei corpi, dal mind uploading, ci differenzieremo per sempre dal resto del mondo animale, credendoci dei. Senza capire che la perdita del Verbo, che era Dio, ci allontanerà dal pensiero astratto, dal pensiero trascendente, dall’investigazione di tutto ciò che non essendo parte del mondo sensibile poteva essere intuito e spiegato unicamente a parole.
Da agnostico, affermo senza mezzi termini che se Dio esiste ci punirà una seconda volta per questa nostra ribellione contro la natura.

Di Alfredo Tocchi