Teatro alla scala di Milano, censura alle liriche di Verdi: il politically correct sbarca ovunque
È stata cancellata la frase "dell'immondo sangue dei negri" e sostituita con "Ulrica, del demonio maga servile". La scelta da parte del direttore Nicola Luisotti per non offendere "le sensibilità altrui"
Incredibile ma vero, il politically correct sbarca anche nell'opera. Al Teatro alla Scala di Milano, è andata in scena una rivisitazione del libretto di Un ballo in Maschera di Giuseppe Verdi scritto da Antonio Somma nel 1858. L'incredibile opera è stata "imbrattata" cancellando la frase "dell'immondo sangue dei negri". Quest'ultima frase si riferisce alla fattucchiera Urlica, che legge la mano del protagonista Riccardo, governatore del Massachusetts nella seconda scena del primo atto del capolavoro di Verdi ed è stata sostituita da "Ulrica, del demonio maga servile".
Censura alla Scala di Milano: modificate liriche di Verdi
Nell'edizione rappresentata alla Scala nel 1977 e diretta da Claudio Abbado con la regia di Franco Zeffirelli al fianco di Luciano Pavarotti c'era Shieley Verrett nel ruolo di Amelia. Il "problema"? Shieley era una grandissima mezzo soprano nera. Ma le prime avvisaglie ci furono già nel 2013 quando nell'allestimento con la regia di Damino Micheletto la frase incriminata del "Ballo" fu sostituita con "s'appella Urlica del futuro divinatrice".
La "colpa" di questa decisione sarebbe avvenuta a causa della sensibilità di Nicola Luisotti, direttore d'orchestra, che per anni ha diretto l'opera di San Francisco. Ma le modifiche non si fermano qua. Nella nuova messa in scena con la regia, le scene e i costumi di Marco Arturo Marelli i "dirupi" di cui canta Amelia da "negri" sono diventati "neri". "Chi giunge!" è stato inserito al posto di "Si batte!", "Rea ti festi" al posto di "Sangue volsi", "d'amor mi brillerà" al posto di "bear di voluttà".
E comunque la direzione che ha preso la Scala di Milano si è capita da tempo. Non è passato inosservato nei mesi scorsi l'obbligo piuttosto che l'invito da parte di Beppe Sala e del sovrintendente del Teatro a chiedere a Valery Gergiev di fare un passo indietro e condannare apertamente la guerra. L'avvenimento in Ucraina ha certamente cambiato gli umori e le prospettive anche da parte degli artisti dello spettacolo.