Intervista a Tonia Bardellino. Dal libro su Franco Califano alla criminologia
La criminologa e psicologa ha scritto il libro Il posto che ho scelto, edito da L’erudita e con prefazione di Vittorio Sgarbi, dove si percepisce la profonda stima e amicizia con il maestro Franco Califano
Tonia Bardellino è sociologa, psicologa, criminologa, giornalista pubblicista, docente di Sociologia della devianza e della criminalità all’Università La Sapienza di Roma e di Criminologia al Master di II Livello in Criminologia dell’Università Niccolò Cusano di Roma. In quest’intervista, ci racconta il suo ultimo libro e il rapporto con la tv.
Da cosa nasce l’esigenza di scrivere un libro su Franco Califano?
«L’esigenza di scrivere un libro su Califano la sento da diversi anni. Il posto che ho scelto, tuttavia, nasce dalla paradossale consapevolezza dell’impossibilità di scrivere qualcosa su Franco, salvo rischiare di raccontare l’ennesima storia sul “Califfo”, piena di luoghi comuni, aneddoti triti e ritriti o ricordi tirati a lucido per l’ultima non più originale pubblicazione. Ed ecco dunque la poesia. La mia prima raccolta di versi, l’unico modo che ho ritenuto adatto ad omaggiare Califano e la Città Eterna. Loro in primis sono e rappresentato, il posto che ho scelto. Nella seconda parte del libro, e ci tengo a sottolinearlo, ci sono intermezzi di lettere, poesie scritte a mano da Franco a me indirizzate. La prefazione di Vittorio Sgarbi poi è stata fortemente voluta dalla sottoscritta. Vittorio che ha conosciuto Califano, come lui è un uomo libero, molto dolce (nonostante l’apparenza e il personaggio mediatico) ma soprattutto è un grande esperto di poesia.»
Ci racconti un paio di momenti vissuti con il cantautore.
«Non ho momenti particolari da raccontarle ma una vita con lui che mi ha di fatto segnata particolarmente, tanto da portarmi fino a quest’intervista. L’ho conosciuto quando avevo circa 10 anni e lasciato soltanto al “suo capolinea”, ai suoi 70anni passati. Mi torna alla mente comunque spesso il suo viso fiero e contento quando gli raccontavo dell’Università e dei miei voti agli esami. Era un uomo autentico, di cuore e valori pressoché sconosciuti in quest’epoca sciagurata.»
Visto che di libri ne ha scritti molti, c’è qualcosa che lega la sua voglia di scrivere alla criminologia?
«C’è semplicemente la mia voglia di scrivere anche affrancata dalla criminologia. Provo sconfinata ammirazione per gli scrittori che sanno annodare un intreccio, immaginare circostanze materiali e immateriali. Io non credo di esserne capace. La mia scrittura ed io a tratti soffriamo di mal di vuoto. Posso attraverso la penna, sicuramente volare, poetizzare, sospingere più in là “gli abiti pesanti e banali di tutti i giorni” ma poi devo approdare nella realtà più cruda, riuscendo più facilmente a scrivere un saggio tecnico sulle mie materie. In linea di massima la scrittura è per me salvifica. Un antidoto alla fine dell’esistenza perché come scrivo io stessa in uno dei miei versi: “Esisteremo finché qualcuno si ricorderà. Scrivendo inganneremo anche il tempo e saremo storia che ha avuto un senso. Forse”. Un libro può restare per sempre nella memoria collettiva e superare la finitezza umana.»
Com’è nata la voglia di esplorare il mondo della sociologia e della criminologia?
«La voglia di studiare la sociologa, la psicologa e per ultima la criminologa, credo sia nata dalla mia naturale attitudine, ad osservare “l’Altro”, soprattutto per capire come io non voglio essere e spero di non diventare mai (risata). Esplorare la mente umana, cercare di comprenderla è affascinante quanto essere affascinati dal “male”. Una realtà quella dei crimini, della psicopatologia, della violenza, terribile da accettare e fortunatamente lontana dalle giornate normali, fatte di routine, orologi e calendari ma dalla quale un po’ tutti siamo attratti o comunque coinvolti. E ricordiamoci che “basta una giornata storta per trasformare il migliore degli uomini in un folle”. (Risata)»
Di recente, l’abbiamo vista molto spesso in tv. Pura promozione o qualcosa bolle in pentola per futuri programmi nel piccolo schermo?
«La televisione è un contesto capitato per caso, che mi diverte e nel quale mi sento a mio agio. Essere ospitata in trasmissioni nelle quali mi sento a casa, tra amici ormai, credo sia sempre un piacere e un onore. Da psicologa e criminologa ovviamente seguo di più le trasmissioni che come si dice: “sono quotidianamente sul pezzo. Storie Italiane ad esempio è un format di Rai1, che apprezzo molto. La conduzione di Eleonora Daniele penso sia umanamente e professionalmente impeccabile, mentre gli autori lavoro tanto e bene, cercando di offrire, ogni giorno, un ottimo servizio pubblico.»