"Nomadland" ovvero dove i corpi sono sacri

L’acclamato lungometraggio diretto da Chloé Zhao, é la storia di una donna che perde tutto per guadagnare se stessa. Leone d'oro alla Biennale di Venezia Cinema è uscito nelle sale il 29 aprile ed è ora in streaming su Disney+

Mentre scorrono le diapositive della sua vita, Fern  (Frances McDormand) declama questi versi di Shakespeare: "Devo paragonarti a una giornata d'estate? Tu sei più leggiadra e mite. Impetuosi venti sferzano le soavi gemme di maggio- la durata dell'estate è fin troppo breve- Talvolta troppo ardente splende l'occhio del cielo- E sovente il suo aureo sembiante è velato- e ogni bellezza col tempo perde il suo splendore - spoglia dal caso o dal corso mutevole della natura - ma la tua eterna estate non potrà svanire - nè perdere possesso delle tue bellezze - nè la morte potrà vantarsi di averti nell'ombra sua - poiché tu crescerai nel tempo in versi eterni - finché uomini respireranno e occhi vedranno - vivranno questi miei versi - e a te daranno vita" (W.Shakespeare, I Sonetti (nr. 28), 1609).

Quando la fabbrica ha chiuso i battenti, il centro industriale di Empire, una remota località statunitense si è svuotato. La grande crisi ha portato un vero e proprio terremoto e Fern, insegnante precaria, a volte impiegata nella fabbrica dove lavorava il marito portato via da un cancro, non più giovane né troppo anziana, decide di andarsene. Mentre trova altri lavori per sopravvivere, come host di un campeggio, venditrice di pietre, poi in un fast food, in una cava, operaia da Amazon, nel suo ‘viaggio’ incontra altre persone che condividono con lei il 'campo per aspiranti nomadi' inventato da una sorta di sciamano moderno. Bob Wells (che nel film interpreta se stesso) li ammaestra intorno al fuoco: imperativo è rifuggere il dio denaro, vivendo di baratto, dando un’alternativa a quella che il consumismo e la stanzialità descrivono come l’unica vita, basata sulla ricchezza e l'opulenza. Andarsene da casa e 'mollare tutto' o  tornare a vivere? Come ne ‘lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta’ di Robert Maynard Pirsig del ‘74, in cui appunto si gettano le basi di questa nuova letteratura fatta di inusuali simulacri legati al viaggio, aggiustare la moto ha lo stesso valore di un mantra, declamato negli spazi enormi del paese, evocati gli indiani con i bufali, o i coloni che ancora si muovono in carovane,  il gruppo di amici di nomadi americani affronta i più disparati problemi: dal riparare una ruota bucata a dove fare i propri bisogni, fino a la pensione, al lavoro, alla malattia, addirittura alle 'pietre' che diventano qualcosa di sacro, proprio come gli oggetti incomprensibili eppure familiari dell'arte contemporanea: sculture; l'ecologia, l'eutanasia, la felicità, il progetto di vita; in un crescendo in cui fondamentali problemi di estetica e filosofia vengono affrontati e risolti in un tempo in cui tutto è fallito per colpa dell’illusione capitalista, perché nessuno in fondo ha scelto il suo destino. Si riacquista il senso dell'incontro e della dipartenza, anche degli oggetti e della loro vita, come certi vecchi 'piatti' di casa a cui si è affezionati e che un tempo -se andati in pezzi- venivano incollati piuttosto che buttati via per acquistarne di nuovi:  perché appunto erano testimoni di una storia; riparare il corpo di un oggetto è come riparare il proprio, di 'corpo'. Così dal piatto e per contiguità a tutti gli oggetti posseduti, fino al van che diventa la sua 'casa', tutto diventa sacro, da viaggiare a parlare, contemplare, fino a realizzare  veri e propri rituali:  bruciare uno scatolone con le fattezze di un mega camper, ‘dinosauro’ che dissimula la sacralità di una vita in perenne ricerca - metafora di un viaggio introspettivo (veicolo che invece era nato per il ‘consumo’ di chilometri, spazio, elettricità, servizi); o esorcizzare lanciando sassi nel faló il ricordo di un'amica defunta (anch'essa di cancro come il marito di Fern) con la quale si crea un gioco di specchi. Ma non è tutto, nell'assenza di una fissa dimora e del suo consumo gli individui non possono far altro che scontrarsi con la famiglia tradizionale, della sorella, ricca borghese proprietaria (come si dice in Italia), composta da imprenditori in cui 'l'immobiliare esce sempre vincente', dove é ovvio speculare e incoraggiare le persone a 'indebitarsi per comprare una casa  che non si possono permettere' come Fern contesta durante un barbecue. Ma 'non tutti sono in grado di mollare tutto e prendere il largo' le contestano, con brutale ed erronea sintesi, di ciò che invece viene vissuto come un'esperienza inedita e personalissima, a cui una società materialista mette l’etichetta.

I nomadi, come i disoccupati, i senza-tetto, i migranti sono persone che condividono esperienze di vita non comune, con una storia  che il mondo occidentale spesso non é in grado di aiutare o comprendere secondo le sue politiche, monetizzanti e burocratiche, che finiscono per mercificare le persone al pari di oggetti da buttare perché non più  utilizzabili. "Come diceva mio padre: tutto ciò che viene ricordato, vive", dice Fern, "c'è dolore, c'è lutto e molti di loro non riescono a superarli. Non c'è addio, l'unica cosa che si può dire é "ci vediamo lungo la strada"  conclude lo sciamano Bob Wells. Nomadland -un film da vedere- è come un viaggio perenne da immobili,  dove i sentimenti di ognuno anziché sopiti vengono risvegliati anche nel vecchio continente.