"Aristocrazia 2.0. Una nuova élite per salvare il paese", di Roger Abravanel

"Aristocrazia 2.0: l'economia della conoscenza ha fatto esplodere il premio per una nuova élite. In Italia la meritocrazia non è mai davvero decollata"

Aristocrazia 2.0, Abravanel: "L'economia italiana rischia di non riprendersi"


Eccellenza, competizione e ambizione: i valori della meritocrazia che in Italia sono mancati e ci hanno impedito di saltare sul treno dell'economia della conoscenza. "Aristocrazia 2.0. Una nuova élite per salvare l'Italia" è il nuovo saggio di Roger Abravanel che racconta, in un occidente afflitto dalle diseguaglianze e dalla crisi economico-sanitaria, una nuova casta. Inoltre, lo studioso si focalizza sull'economia del nostro paese che, come accadde nel 2008, potrebbe non reggere ai duri colpi provocati dalla pandemia. “Tutti sono preoccupati dell’impatto economico della pandemia e della velocità della ripresa. Ma per l’economia italiana la vera preoccupazione è che rischia di non riprendersi affatto, com’è avvenuto dopo la crisi del 2008” afferma Roger Abravanel.

"Questo perché da quasi mezzo secolo è incapace di sfruttare le grandi trasformazioni economiche. Prima da industriale a post industriale e poi alla cosiddetta economia della conoscenza, che è fatta di innovazione, digitale, scienze della vita, finanza avanzata. In 30 anni ha perso l’equivalente del reddito del Portogallo e della Grecia messi assieme" .

 "L’economia della conoscenza sarà accelerata dalla pandemia, pensiamo all’e-commerce. E quest’accelerazione può essere fatale per il nostro paese".

"Qui entra in gioco il titolo del libro ‘Aristocrazia 2.0’. Nel secolo scorso si è sviluppata la meritocrazia e milioni di giovani si sono impegnati nell’educazione superiore per migliorare il loro status economico e sociale. L’economia della conoscenza di questo secolo ha fatto esplodere il premio per questa nuova élite, gli uomini più ricchi degli Stati Uniti hanno studiato nelle Università Ivy League. In questo modo sono nate le critiche nel mondo anglosassone a una nuova aristocrazia dell’istruzione  e del talento, che oltre ad essere molto ricca, favorisce in mille i modi l’accesso dei figli alle migliori università" .

"Eppure, se la meritocrazia ha fallito nelle pari opportunità ha però creato molte buone opportunità per i giovani che, emulando l’élite, investivano nella migliore istruzione e facevano carriera nelle grandi imprese. Ciò è avvenuto in Occidente e avviene sempre di più in Asia, dove la selezione sulla migliore istruzione sta diventando il motore dello sviluppo: in Corea il 70% dei giovani sono laureati e hanno un reddito 2/3 volte superiore a quello dei loro genitori".

"Da noi invece, la meritocrazia non è mai davvero decollata: siamo il fanalino di coda in numero di laureati, siamo tra i paesi con più donne nei cda ma pochissime donne nel top manager. Sono mancati i valori della vera meritocrazia: l’eccellenza, la competizione e l’ambizione. Ma soprattutto sono mancati gli incentivi per il talento e l’istruzione perché l’economia è rimasta nelle mani della vecchia aristocrazia: un sistema capitalista responsabile dell’ecatombe delle grandi imprese industriali, della vendita di quelle del made in Italy e di un crescente digital gap in quelle che rimangono" .

"Le nostre università si sono chiamate fuori dalla competizione globale del sapere e le migliori languono nelle classifiche globali. Infine, una burocrazia che strangola lo sviluppo non per colpa dei troppi fannulloni ma della paralisi decisionale provocata da una sfiducia nello stato e un timore della corruzione senza eguali in occidente che ha portato ad un potere giudiziario sempre più auto-referenziale" .

"Per saltare sul treno dell’economia della conoscenza abbiamo bisogno dell’aristocrazia 2.0. Nel saggio spiego che da noi è possibile, racconto storie di aristocratici 2.0 italiani che stanno già cambiando l’economia del paese. Per rafforzare tutto ciò dobbiamo far nascere un nuovo capitalismo  rifiutando lo statalismo di ritorno post pandemia e portando i migliori capitali privati della borsa del private equity nelle aziende migliori, far nascere un  sistema universitario d’eccellenza e meritocratico, maggiori pesi e contrappesi per rendere la magistratura più responsabile nei confronti del paese e avere una burocrazia più efficiente".

"Con questo saggio mi rivolgo ai giovani italiani che cercheranno di emulare gli aristocratici 2.0 ricercando la migliore istruzione e carriera all’interno di grandi aziende per migliorare la propria qualità di vita e salvare il paese dal post pandemia".

Roger Abravanel, ingegnere e studioso nato a Tripoli nel 1946. Nel 1968, a soli 21 anni, si laurea in ingegneria chimica al Politecnico di Milano, vincendo il premio di "più giovane ingegnere d'Italia". Nella stessa università svolge l'attività di ricercatore. Successivamente consegue un Master in Business Administration (MBA) presso INSEAD (Institut européen d'administration des affaires). Per 35 anni lavora per la McKinsey in Italia, Europa, Asia, USA, America Latina e Medio Oriente. E' Director Emeritus McKinsey, è stato ed è presente nei consigli di amministrazione di prestigiose società quotate nazionali e internazionali (da Luxottica a COFIDE, da Teva ad Admiral e a BNL / BNP Paribas) e in private equity familiari (COESIA / GD). Autore di saggi di successo: “Meritocrazia”, “Regole”, “Italia cresci o esci!”, “La ricreazione è finita!”.

Dal 2008 è editorialista del Corriere della Sera. È membro dell’Advisory Board del Politecnico di Milano e Presidente dell’INSEAD Council in Italia. Nel 2010, in occasione del 50nario della fondazione della stessa INSEAD è stato selezionato tra i 40000 alunni come uno tra i “50 che hanno cambiato il mondo”.