Genova, muore durante un’operazione ortopedica al San Martino, "corvo" fa aprire inchiesta dopo funerale

Nelle lettere anonime vengono indicati comportamenti di tre medici e un'anestesista che avrebbero avuto lo scopo di sviare eventuali accertamenti

Doveva essere operata per la riduzione di una frattura al bacino con l’inserimento di una placca, in seguito a un incidente stradale, ma durante l’intervento la donna ha un’emorragia venosa e muore per arresto cardiaco. I fatti risalgono all’11 novembre scorso all’ospedale San Martino di Genova. I tentativi di rianimazione del cuore della donna, una sessantaduenne residente a Torino, erano durati oltre un’ora ma si erano rivelati inutili. Dopo il decesso i parenti, pur evidentemente affranti, non avevano pensato di sporgere denuncia: avevano celebrato i funerali e fatto seppellire la congiunta.

Poi però una, o probabilmente due, lettere anonime gettano il sospetto su quell’intervento. Una di queste è stata inviata alla Procura. Nella lettera l’anonimo “corvo” scrive che in sala operatoria sarebbero accadute cose anomale. Per esempio si sarebbe rotta la punta del trapano utilizzato per l’intervento subito prima dell’arresto cardiaco e questa punta, rimasta nel corpo della donna dopo il decesso, sarebbe stata fatta sparire. L’anonimo arriva anche ad accusare alcuni dei medici presenti di aver fatto cancellare un’immagine radiografica. Accuse  che hanno spinto la Procura a voler gettare luce sul decesso grazie anche alla denuncia presentata dai parenti che erano stati informati sulle lettere del corvo. Così la pm Arianna Ciavattini ha deciso di far riesumare il corpo e ieri ha dato incarico al medico legale di Torino Roberto Testi di eseguire l’autopsia.

Ad essere indagati – al momento il fascicolo è stato aperto per omicidio colposo – sono 3 medici e un’anestesista. L’obiettivo dell’autopsia è capire se esista un nesso tra l’intervento e il decesso e se il personale medico abbia rispettato le linee guida clinico assistenziali. Gli indagati sostengono di aver agito nel pieno rispetto delle linee guida in quanto un’emorragia venosa, al contrario di quanto accade nell’emorragia arteriosa, non prevede l’interruzione dell’intervento chirurgico in corso tanto più che fino al momento dell’arresto cardiaco i parametri della donna sarebbero sempre rimasti stabili. E sempre in base alla prima ricostruzione delle difese non ci sarebbe stata alcuna volontà di nascondere la dinamica dei fatti.

Circa la punta del trapano, la rottura sarebbe effettivamente avvenuta nella fase di inserimento di una delle viti e quindi in un momento successivo all’emorragia. E le ragioni dell’estrazione della punta dopo il decesso – se confermata – dovrà essere valutata dalla Procura che ha già delegato la polizia giudiziaria a sentire diverse persone informate sui fatti.