Storia di Tatiana l'ucraina, la influencer "salvata" che diventerà una protagonista dei nostri tempi
Tutto è bene quel che finisce bene, se solo si pensa a quei poveri genitori adottivi, gente semplice, indifesa, ma il fastidio resta e resta per tutte le componenti di questa storia di immaturità temeraria.
Confesso di aver vissuto nel mio piccolo con non poco fastidio la telenovela di Tatiana, l'ucraina di Nardò sparita in un turbine di misteri e finalmente ritrovata viva nella mansarda di un romeno. Sì, certo, tutto è bene quel che finisce bene, se solo si pensa a quei poveri genitori adottivi, gente semplice, indifesa, ma il fastidio resta e resta per tutte le componenti di questa storia. Una semitrentenne tuttora studentessa, di che non si è capito, strappata all'orfanotrofio, a una vita orrenda, ma senza gratitudine, dedita a una improbabile carriera da influencer con le pose, le unghie, le lacche del caso e tutti i capricci e i vizi del caso. Quel turbine di ometti, di amici, di fidanzati, di misteri, di litigi, di fughe, come in un copione fin troppo abusato e che quasi mai va a finire bene. Questa è l'eccezione che conferma la regola ma la regola resta: una donna deve fare quello che le pare? Come vi pare ma la vita non funziona così e se cavalchi la tigre poi nessuno è tenuto a salvarti. C'è un modello pessimo, perverso che è quello della televisione saldata coi social, quello delle Marie con relativi amici, delle Selvagge con relativi gossip, delle Fagnani con relativo trash, delle Ferragni con relative truffe (presunte, ma la indecenza del caso oggettivo resta, quel dirottarsi soldi pubblicitari sui crani lucidi dei bambini oncologici resta), e c'è la pretesa, più che l'aspettativa, a fare lo stesso, ad essere uguali. Farcela per quella strada e in quel mondo che è l'unico possibile. Studentessa e influencer: cioè studentessa a vita, inconcludente, inesistente, tipo Chiara “la bocconiana” che in Bocconi ci passava davanti, in tram prima, con l'autista poi, e c'è la spasmodica attività da propagandista di sè, da influencer che è il regno dei miraggi e, sempre più, del porno spicciolo. Come quella che a Palermo ne ha fatti finire in galera sette, tutti per violenza carnale, poi si è pentita, ha detto che si era inventata tutto, che li aveva adescati lei, poi si è pentita del pentimento e ha detto che, ripensandoci, si sentiva comunque “stuprata nel profondo” e, per non sbagliare, ha aperto un profilo pornografico e va da Cruciani a parlar di cazzi, di misure, di orge. Subito divetta da suburra e, se sarà furba pronta a cogliere l'attimo, coscienza civile per la pace nel mondo, l'ambiente, tutte le puttanate dell'agenda woke che premia con l'arruolamento nel potere, particolarmente in Europa dove tutti vogliono andare perché si ruba a man salva a parte qualche inchiesta belga che lascia il tempo che trova.
Tatiana l'ucraina è viva, evviva, come tale già leggenda, miserabile, spendibile ma leggenda. “Com'è Tatiana?” chiedono a parenti e paesani di Nardò. “Solare” rispondono tutti per dire tutto e niente, una che si fa la vita, che si mette nei guai, che fa le pose, il solare è la dimensione afasica dei nostri tempi miserabili, anche chi stemina la famiglia o mette su un racket passa in fama di solare, positivo, amato da tutti. Adesso prepariamoci a subircela su tutti i canali, Tatiana l'esotica, almeno per un po'; ad infliggerci le sue verità di adolescente a oltranza che pretende l'assurdo, che insegna a vivere dal suo turbine di ometti, di scatti, di balcanici che la rapiscono o la accolgono, non si è capito, in un tugurio con lei che sparisce, irraggiungibile dal tormento dei genitori che si disperano, ma più la cercano, più la danno per perduta e più cresce la proiezione mediatica, l'“hype”, come dicono, che è la vera ricchezza dei nostri tempi. Un modello più stupido che perverso, ma pervasivo, micidiale: se mi guardo intorno trovo solo ragazzine di quindici, dodici anni, l'esercito delle Tatiane già unghiate, laccate, con le madri che spingono, che eccitano. Altro che fuga dei cervelli, queste restano qui, se non spariscono in un vortice di segreti più o meno laidi e precocemente laidi, per una che studia davvero, che si diploma al Conservatorio, che assimila la grande cultura europea, mille, un milione si danno alla sottocultura del lurido e dell'analfabeta egocentrico e scandalistico. A Nardò si era temuto il peggio in considerazione della forte delinquenza, sia spicciola che organizzata, fiorivano le voci malevole, le ipotesi, ma era difficile credere a una punizione della Sacra Corona, lì era proprio che questa se l'era scavata con le sue unghie la tomba. E già c'era chi organizzava la scenografia per la fiaccolata. È andata male per la processione, bene per Tatiana l'ucraina e soprattutto per la sua povera, generosa famiglia adottiva, il paese in qualche modo si rifarà, magari s'inventano la fiaccolata alternativa, di giubilo anziché di lutto, ma una cosa è certa: una così non cambia, non si regola, spingerà ancor di più sui suoi sogni assurdi, sulle sue pretese, sul suo cinismo, fomentata dall'opinionismo codardo e imbecille per cui “una donna deve fare ciò che vuole e la colpa è sempre del maschio”. Ma qui c'è più una associazione a far male, in verità. Ci si mettono pure le leggi psicopatiche sul consenso attuale libero percepito e vidimato, “per me una che si dichiara violentata ha già dimostrato, non serve la prova” come ha detto quel presidente del tribunale di Milano, salvo maldestramente correggersi, ma nessuno tiene mai conto del consenso di ragazze sconsiderate che considerano loro diritto incasinarsi a livelli pericolosissimi e cretini, senza riguardo per la vita reale con i suoi limiti, i pericoli, le necessità di impegnarsi per qualcosa che non sia solo l'affermazione patetica di sé. Da che mi sono ammalato, e ho testimoniato contro ciò che mi ha fatto ammalare, i vaccini criminali, ho intercettato migliaia, migliaia di poveri corpi straziati, di anime minate, se uno volesse solo per questi la vita non basterebbe. Non che ci si debba votare al sacrificio integrale, nessuno pretende san Francesco e santa Chiara, ma un poco almeno di prospettiva oltre il personalismo non guasterebbe: confrontarsi con la sofferenza, tamponare il dolore, è la prima cosa per crescere. Invece nel nostro tempo imploso lo si fugge, chi è malato in questa società è già condannato come fuori gioco, bruciato, dimenticato a meno da non poter andare a Sanremo a vendersi il proprio cancro o cuore spaccato o il proprio giro di malaffare come la ghenga della Gintoneria o altra mascalzonaggine trucida e lercia: allora è quasi certo che ci scappa la candidatura, il Bingo della politica, il bonifico mensile della BCE cui tutti aspirano, le influencer sconsiderate come gli antisistema che vogliono a tutti i costi entrare nel sistema.