Nel decreto mancano le percezioni dirette sui bambini ascoltati, mentre le teorie astratte prendono il posto di osservazioni umane essenziali. Il Decreto probabilmente sarà oggetto di reclamo avanti la Corte di Appello
Il Giornale d’Italia pubblica il decreto del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila: un provvedimento che ha suscitato un dibattito profondo e interrogato le coscienze di tutti
I giudici ascoltano i bambini ma non ne valutano lo stato: silenzi, astrazioni teoriche, responsabilità televisive travisate e un curatore speciale privo di reale voce dei minori. Tutti i punti fragili dell’allontanamento di Palmoli.
Il Giornale d’Italia pubblica il Decreto del Tribunale dei minorenni dell’Aquila che ha suscitato un dibattito profondo ed interrogato le coscienze di tutti
I giudici ascoltano i bambini ma non valutano il loro stato. Silenzi, astrazioni, responsabilità televisive ignorate, ruolo opaco del curatore: tutti i punti deboli del provvedimento sull’allontanamento di Palmoli.
Palmoli (Chieti) — Il Giornale d’Italia pubblica oggi il decreto integrale con cui il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila ha disposto l’allontanamento dei tre figli della coppia anglo-australiana che viveva off-grid nei boschi di Palmoli. È una decisione che ha acceso il dibattito pubblico e che, esaminata nella sua interezza, rivela omissioni e fragilità sorprendenti.
Il punto più debole: i giudici ascoltano i minori, ma non dicono come stanno
Il Collegio giudicante, probabilmente tre magistrate, sicuramente il Presidente, ha ascoltato direttamente i bambini. Ma nel decreto non appare una sola riga che descriva:
- il loro atteggiamento,
- la loro serenità o eventuale turbamento,
- la spontaneità,
- il linguaggio del corpo,
- l’affettività,
- la capacità di relazione.
Nulla. Come se l’ascolto non avesse restituito alcuna percezione, né positiva né negativa. Eppure proprio questo è l’obbligo primario del giudice minorile: osservare e valutare il minore che ha davanti, non limitarsi a prendere atto delle parole tradotte dalla madre o dai servizi. Invece, nel decreto, i bambini scompaiono come persone reali e diventano categorie astratte interpretate alla luce di manuali di psicologia dello sviluppo.
Un paradosso: ascolto da rifare, ma priva valutazione non fatta Le magistrate riconoscono che l’ascolto è stato irregolare (assenza di interprete, presenza e intervento della madre). Ma invece di trarne un giudizio immediato, su ciò che hanno constatato personalmente, si limitano a ordinare un nuovo ascolto… senza riferire nulla sullo stato dei bambi oggettivamente percepibile da qualsiasi essere umano: erano denutriti, aggressivi, mal vestiti, forastici, ostili, irrequieti, trascurati, maleducati, ..ovvero come molto probabilmente sono davvero: dolci, emotivamente sereni e gioiosi, rispettosi, affettuosi, in salute, curati, gentili? Una grave omissione prima ancora umana che giuridica, che priva l’intero provvedimento di un elemento essenziale ed imprescindibile.
La questione mediatica: la responsabilità non è dei genitori (ma dell’emittente)
Tra gli elementi considerati “gravissimi” dal Tribunale c’è la partecipazione dei bambini alla trasmissione Le Iene. Nel decreto, questo episodio viene usato per dimostrare l’inadeguatezza genitoriale. Ma il quadro normativo dice altro: L’obbligo di tutelare la privacy e l’identità dei minori in TV è dell’emittente televisiva, non dei genitori. È l’emittente che deve pixelare, oscurare, evitare la riconoscibilità del minore. I genitori non hanno potere tecnico né giuridico di farlo.
La responsabilità primaria della mancata obliterazione è dunque del broadcaster. Usare questo episodio come “prova” di inidoneità è un passaggio giuridicamente debole, facilmente attaccabile in appello.
Il Curatore speciale: un ruolo interpretato più da giurista burocrate che come funzione genitoriale art. 3 Convenzione Onu sui Diritti del Fanciullo; art. 336 c.c., art. 78 c.p.c., l. 184/1983
Il Curatore speciale avrebbe dovuto essere la voce dei bambini. Invece, perlomeno nel Decreto del Tribunale dei Minorenni dell’Aquila, appare come un ruolo parziale e burocratico: segnala condotte dei genitori, cita norme e principi, ma anche lui non dice nulla sullo stato anche emotivo dei minori. Non una parola su come i bambini appaiono, parlano, si relazionano. Non una descrizione soggettiva. Non una percezione diretta. È come se i minori fossero considerati quasi degli oggetti di diritto, non esseri umani, bambini reali. Questo è un altro punto vulnerabile del decreto.
Altre ombre: tecnica, psicologia, gradualità
Il provvedimento mostra ulteriori fragilità:
- Nessuna CTU tecnica sull’abitazione: la pericolosità è presunta, non accertata.
- Nessuna CTU psicologica: il Tribunale parla di “deprivazione sociale” senza valutare i bambini.
- Nessun tentativo di misure intermedie: l’allontanamento appare come prima scelta, non ultima ratio.
- Narrativa sulla mancata collaborazione non pienamente documentata.
- Teorie pedagogiche usate in astratto, mai confrontate con lo stato reale dei minori.
Box di approfondimento -i possibili motivi di appello
L’avvocato della famiglia potrà impugnare il Decreto con reclamo alla Corte d’Appello per i Minorenni. I punti più forti della futura impugnazione sono:
- Ascolto irregolare e valutazione omessa
- Audizione svolta senza interprete.
- Madre presente che traduce e condiziona.
- Nessuna valutazione del Collegio sullo stato dei bambini, nonostante l’ascolto avvenuto.
È uno dei motivi più gravi.
- Mancata CTU tecnica sull’abitazione: Il Tribunale non ha verificato le condizioni reali della casa.
- Mancata CTU psicologica sui bambini: :nessun accertamento professionale sul loro stato emotivo o cognitivo.
- Violazione del principio di gradualità: L’allontanamento è misura estrema: prima andavano tentate soluzioni alternative.
- Errata attribuzione della responsabilità mediatica: La privacy in TV è responsabilità dell’emittente, non dei genitori.
- Ruolo debole del curatore speciale: Nessuna valutazione soggettiva dei minori, solo richiami formali.
Possibili esiti dell’appello.La Corte d’Appello può:
✔ Confermare il decreto Mantenendo la misura nella sua interezza.
✔ Modificarlo Reintroducendo i minori nel nucleo, con:
- controlli intensivi,
- obblighi sanitari,
- supervisione,
- divieto di esposizione mediatica.
✔ Revocarlo Se riterrà insufficienti le prove del pericolo.
✔ Riaprire l’istruttoria con:
- nuova audizione protetta dei bambini,
- CTU psicologica,
- CTU tecnica,
- valutazione approfondita dello stato dei minori.
CONCLUSIONE
Il caso Palmoli non è una vicenda come le altre. È la storia di un Decreto costruito più su astrazioni che su persone reali, più su presunzioni che su verifiche, più su manuali teorici che su ciò che i giudici hanno visto e sentito con i propri occhi.
La domanda che ora probabilmente arriverà in Appello rimane irrisolta: perché, dopo aver ascoltato i bambini, il Tribunale non ha detto nulla su come stavano davvero? In quel silenzio si concentra la fragilità più profonda di un provvedimento destinato a essere rivalutato. E ora che il Decreto è pubblico, il popolo italiano in nome del quale la giustizia viene amministrata può rendersi conto come la Giustizia a volte e gravemente lacunosa ed imperfetta e che soprattutto in materie delicatissimi e dire anche umanamente considerate sacre, come il rapporto tra genitori e figli, occorrerebbe far riferimento a prove certe ed inattaccabili e non teorie astratte. Ovviamente ci auguriamo che la famiglia del bosco possa tornare serena, felice ed unita al più presto possibilmente in condizioni materiali più adeguate e soprattutto che i bambini possano giocare e socializzare anche con i propri coetanei laddove sia vero che non abbiamo mai avuto contatti con altri bambini.