Traffico di cocaina dei "due mondi" dal Sud America all'Europa: tra i 28 arrestati ci sono presunti membri del clan Barbaro

Sgominata una rete italiana con ramificazioni inglesi, tedesche, olandesi, spagnole e sudamericane da 27 milioni di euro: si avvaleva di mediatori albanesi e impiegava la messaggistica criptata

Fra scali marittimi lontani migliaia di chilometri, telefoni blindati a orecchie indiscrete e flussi di denaro che non passano mai da un conto corrente, si snoda un'inchiesta che segue le tracce di un traffico globale. Una rete che unisce, senza clamore, 'Ndrangheta, broker albanesi e complici sudamericani. E, sullo sfondo, un uomo disarmato e forse decisivo. Ma andiamo con ordine.

Ieri, i finanzieri dello SCICO (Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza) e del Comando Provinciale di Milano hanno eseguito un'operazione diretta dalla Procura della Repubblica con la collaborazione della Direzione Nazionale Antimafia. Sono state arrestate 28 persone: 25 sono state condotte in carcere e 3 poste ai domiciliari. Gli indagati sarebbero membri di un'associazione criminale armata e, a vario titolo, avrebbero promosso, diretto e finanziato un traffico internazionale di stupefacenti; e avrebbero avuto il sostegno di contatti inseriti in settori della criminalità albanese. La droga, proveniente dal Sud America, veniva gestita da un circuito criminale con base in Lombardia e diramazioni in Brasile, Colombia, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Spagna. grazie all'uso di raffinati sistemi di messaggistica criptata e al rapporto diretto con fornitori di cocaina sudamericani e broker albanesi, nell'arco di due anni avrebbe movimentato droga per un valore superiore ai 27 milioni di euro. Le indagini hanno ricostruito importazioni di cocaina per oltre 3 tonnellate, di cui più di 400 chilogrammi sequestrati in Italia e all'estero dalle forze dell'ordine.

La portata e la complessità della rete criminale, probabilmente smantellata, è notevole. Per rintracciare i flussi di droga e di moneta, gli investigatori si sarebbero avvalsi di strumenti decisivi: gli Ordini europei d'indagine, emessi in collaborazione con Europol ed Eurojust, avrebbero consentito di ottenere e decriptare molte conversazioni di messaggistica istantanea crittografata. Ma questa delicata indagine rivela profonde presenze calabresi: i 25 fermati risultano presuntivamente legati al clan Barbaro di Platì, nella Locride, mentre buona parte degli ingenti quantitativi di droga importati dai narcos passava attraverso il porto di Gioia Tauro. Reggio Calabria figura tra le città in cui le Fiamme Gialle hanno eseguito perquisizioni, insieme a Milano, Bergamo, Como, Pavia, Parma, Imperia, Roma e Taranto, con l'ausilio delle unità cinofile specializzate antidroga. Le spedizioni, provenienti dall'America Latina, raggiungevano anche porti europei come Livorno, Le Havre e Rotterdam. Venivano trasportate con il "rip-off". Una tecnica con la quale i narcos occultano la cocaina all'interno di carichi leciti, stipandola in container dedicati come merci regolari. In tal modo, la droga viaggia nascosta tra merci legittime, minimizzando il rischio di essere intercettata durante i controlli doganali o fiscali e garantendo alla rete criminale un traffico su scala internazionale molto efficiente.

Le persone complessivamente indagate in questa operazione sono 41, tra le quali figura anche una persona cinese accusata di riciclaggio. Per gli inquirenti, quest'ultimo avrebbe favorito il pagamento di numerose partite di droga utilizzando il "fei ch'ien", un informale sistema di valore con origini antichissime. Risale addirittura all'epoca della dinasta Tang, che regnò in Cina tra il 618 e il 907 dopo Cristo, e nacque soprattutto per riscuotere e trasferire le tasse. Attualmente, il "fei ch'ien" è impiegato per finanziare i traffici di stupefacenti e altre operazioni illecite. Il meccanismo funziona così: un affiliato a un gruppo deposita una somma in un'agenzia situata nel Paese X, che rilascia una ricevuta valevole come codice di pagamento. Questo codice - che può essere una porzione di banconota, un estratto di un messaggio mail o una carta da gioco - è la chiave per ritirare il denaro altrove. Viene comunicato a un altro soggetto del circuito, il quale lo presenta presso un'agenzia del Paese Y per ottenere il contante, ossia il corrispettivo del bene illecito venduto. Il denaro, in questo sistema, non è mai trasferito fisicamente dal Paese X al Paese Y, motivo per cui l'operazione risulta virtualmente invisibile ai controlli bancari.

Di Roberto Valtolina