Genova, il super pentito rivela come controllava il porto, la Dda riceve gli atti e inizia a indagare

Il broker della 'ndrangheta favoriva i traffici di cocaina dal Brasile all'Italia: dopo l'arresto ha deciso di collaborare con la giustizia, inguaiando le cosche

Un super pentito aiuterà la Procura di Genova a fare luce sui traffici di cocaina che dal Sudamerica raggiungono la Lanterna. Gli atti che contengono le scottanti dichiarazioni sono stati trasmessi alla Direzione distrettuale antimafia di Genova. E verranno esaminati attentamente dal procuratore capo Nicola Piacente e dall’aggiunto Federico Manotti, che presto potrebbero anche voler sentire il collaboratore. Lui si chiama Enrico Castagnotto, ha 52 anni, e per molto tempo è stato l’uomo di fiducia della ’ndrangheta agevolando l’arrivo di quintali di droga sulle banchine dei porti italiani. «Ho avuto un ruolo centrale in un’organizzazione che importava stupefacenti dal Brasile, perché avevo la possibilità di far uscire la cocaina dal porto di Genova», ha detto nel luglio scorso quando recluso nel carcere di Cuneo ha deciso di collaborare con la giustizia. Permettendo alla Direzione distrettuale antimafia di Torino, e al pubblico ministero Francesco Pelosi, di alzare il velo che fino ad allora aveva coperto il malaffare di famiglie importanti come gli Assisi: Nicola, Michael e Patrik Assisi, proprio per le rivelazioni del nuovo pentito - accusato di aver partecipato a tre invii di cocaina dal porto di Santos (tra i primi cinquanta scali al mondo per movimentazione di container) verso l’Italia - rischiano pesanti condanne nel processo ribattezzato Samba, che si sta svolgendo in Piemonte con il rito abbreviato.

Parlando con il magistrato della Dda di Torino, quest’estate Castagnotto si è soffermato parecchio su Genova. Spiegando al pm Pelosi come faceva a far uscire i carichi che arrivavano sulle banchine di Pra’. Parole che sono state registrate, trascritte e secretate. Fino a una settimana fa, quando il sostituto procuratore titolare dell’inchiesta piemontese - insieme alla collega Livia Locci - condotta dai carabinieri del Ros, li ha depositati in udienza. Seppur con qualche omissis le carte svelano una rete fittissima che collega i broker della droga ai portuali. Pedine, questi ultimi, definite fondamentali per far arrivare lo stupefacente nel Canavese (meta finale) senza che le forze dell’ordine potessero intercettarlo. La Dda di Genova ha già cominciato a esaminare gli atti e presto gli inquirenti potrebbero raggiungere Torino per sentire il collaboratore.

Anche perché Manotti da tempo si sta occupando dei narcotraffici di stampo ’ndranghetista che si consumano all’ombra della Lanterna. Come testimonia la richiesta di condanna a otto anni di carcere che il procuratore aggiunto ha fatto ieri mattina in un processo che si sta svolgendo con il rito abbreviato nel tribunale di Genova. Alla sbarra proprio un portuale: Maurizio Sciotto, 36 anni, dipendente del Gruppo Spinelli. Gli viene contestato il concorso in traffico internazionale di droga, perché secondo l’accusa ha fornito supporto logistico ai capi di un’organizzazione di trafficanti per aiutarli a portare all’esterno lo stupefacente. Il lavoratore aveva pure indicato i varchi meno controllati, e aveva fornito un badge per passare con l’auto. Infine aveva procurato i loghi di un’azienda che si occupa della revisione dei sistemi antincendio (la Santa Barbara) da applicare sulle fiancate della vettura. I favori di Sciotto, nome in codice Aeroplano, non avevano comunque permesso ai boss - Federico Pinna e Cosimo Spampinato - di portare via il carico. I due erano stati fermati dai carabinieri con 145 chilogrammi di cocaina nel bagagliaio dell’auto che avevano noleggiato. La sentenza per il portuale è attesa il 22 dicembre, quando ci sarà la prossima udienza. Pinna e Spampinato, dopo essere stati condannati in primo grado rispettivamente a 13 e 8 anni, hanno concordato la pena ottenendo uno sconto dal giudice di appello.