Disturbi molesti tra vicini, nuova linea della Cassazione sulla prova dei rumori: stop alla perizia fonometrica, bastano le testimonianze

La Cassazione ha ridisegnato i confini applicativi dell’art. 659 c.p., disposto che punisce il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, chiarendo quando un rumore può essere considerato penalmente rilevante e quali prove siano sufficienti per dimostrarlo

Non serve più la perizia fonometrica, basteranno le sole testimonianze. Una pronuncia destinata a mutare il modo con cui vengono giudicati i conflitti di vicinato legati ai rumori molesti. Con la decisione n. 32043 pubblicata il 1 luglio 2025, la Corte di Cassazione ha ridisegnato i confini applicativi dell’art. 659 c.p., disposto che punisce il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, chiarendo quando un rumore può essere considerato penalmente rilevante e quali prove siano sufficienti per dimostrarlo.

Non conta quante persone siano disturbate

La Suprema Corte ribadisce che il reato si consuma quando un rumore, prodotto attivamente (ad esempio, musica ad alto volume, lavori edili, schiamazzi, etc.) o omissivamente (ad esempio, mancato impedimento del latrare continuo di un cane), è anche solo potenzialmente idoneo a ledere la quiete pubblica. Non è necessario che i rumori infastidiscano un numero elevato di persone. È sufficiente che possano disturbare una platea indeterminata di soggetti che può coincidere con i condòmini dell’edificio o con gli abitanti dei palazzi attigui. Di conseguenza, anche la lesione del diritto al riposo di un unico vicino può integrare la contravvenzione purché il rumore sia oggettivamente tale da poter incidere sulla quiete collettiva.

Cade il «dogma» della perizia fonometrica

La parte più innovativa della sentenza riguarda però l’onere della prova. La Cassazione afferma che non è più indispensabile una perizia fonometrica per dimostrare il superamento della normale tollerabilità. Il giudice può basarsi su elementi di prova “ordinari” come le testimonianze dei vicini disturbati, le dichiarazioni degli agenti intervenuti sul posto e i rilievi riportati nei verbali di servizio. La valutazione, precisa la Corte, non è un accertamento tecnico vincolato, ma un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del magistrato. La perizia può essere utile, ma non è un requisito necessario per configurare il reato.

La decisione si inserisce nel solco tracciato dalla giurisprudenza precedente. L’art. 659 c.p. configura un reato di pericolo presunto in cui è sufficiente che il rumore sia astrattamente idoneo a turbare la quiete pubblica. Non occorre dimostrare un danno concreto, né che tutti i residenti siano stati realmente disturbati. Basta l’oggettiva capacità del rumore di mettere in pericolo la tranquillità collettiva.

Cosa cambia nella pratica

Con tale decisione, la Cassazione semplifica notevolmente l’accertamento dei rumori molesti. Ai vicini non viene più imposto di sostenere i costi di una perizia tecnica. La prova testimoniale acquista piena dignità probatoria e le forze dell’ordine possono svolgere un ruolo decisivo con i rilievi effettuati al momento dell’intervento. La sentenza conferma, infine, che i rumori prodotti all’interno di un condominio possono costituire reato se idonei, anche solo in via potenziale, a ledere la quiete pubblica. In sintesi, la Cassazione punta a tutelare con maggior efficacia il diritto al riposo e alla tranquillità riconoscendo che in molti casi l’impatto dei rumori molesti è evidente anche senza strumenti tecnici sofisticati.

di Fulvio Pironti