Genova, cocaina e crack direttamente a casa del cliente, i pusher facevano le consegne anche in taxi

Smantellata una banda di senegalesi che si era impossessata del mercato dello spaccio genovese. Dopo tre anni di indagini la polizia locale arresta 17 persone

Ognuno aveva un ruolo ben determinato nella banda che riforniva di cocaina, ma soprattutto di crack, tutta Genova. Le richieste “a chiamata” arrivano da da Nervi a Voltri, da Castelletto a Carignano, Oregina, Struppa, ma anche il Tigullio: nessun quartiere escluso, a eccezione del centro storico e in particolare della zona di via Pré, esplicitamente vietata dal capo della banda perché “territorio di altri“. C’era chi cucinava il crack, chi organizzava gli spacciatori, rigorosamente su quattro turni, chi si occupava dei contatti con i fornitori, chi guidava l’auto dello spaccio a domicilio, con il passeggero che scendeva per la consegna. Quando l’auto non era a disposizione le consegne erano fatte in taxi.

Per questo tra i 20 indagati (tutti stranieri, quasi tutti del Senegal) c’è anche un tassista genovese: lui è accusato solo di alcuni episodi di spaccio e per lui è stato chiesto – come prevede la legge, l’interrogatorio preventivo. Per tutti gli altri no: gli uomini della polizia locale, dopo l’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip Nicoletta Guerrero su richiesta delle pm Francesca Rombolà e Monica Abbatecola, sono stati arrestati subito perché per loro c’è il pericolo di fuga e anche di reiterazione del reato. Lo spaccio, d’altronde, andava avanti con lo stesso sistema da anni. Almeno dalla fine del 2022, quando è cominciata l’indagine della polizia locale sulla base di una segnalazione dopo che un uomo era stato notato uscire tutte le sere  da un civico di via Piacenza per salire in auto e fare consegne in tutta la città. I poliziotti della locale quell’auto hanno cominciato a osservarla, poi hanno piazzato un localizzatore gps e ancora una cimice che ha cominciato a riprendere le consegne. L’indagine è durata due anni e un’altro c’è voluto per trasformare il copioso materiale in una richiesta di misura cautelare per una ventina di persone, accusate quasi tutte di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio.

L’organizzazione era dotata di utenze di servizio dove i clienti ‘fideizzati’ chiamavano per ordinare la loro dose. I telefoni venivano passati a uno spacciatore all’altro al termine del turno di lavoro. Ogni cliente aveva uno-due spacciatori di fiducia, con cui aveva un rapporto consolidato: la droga non mancava mai e arrivava puntuale, e in cambio talvolta se il cliente era senza contanti poteva lasciare in pegno degli oggetti. In alcuni casi alcuni clienti venivano usati come cavie per testare nuove partite di droghe e in quel caso la dose era gratis, e talvolta la dose poteva essere pagata con una prestazione sessuale. Di notte la droga veniva esclusivamente consegnata a domicilio, con il passeggero che teneva le dosi in bocca per poterle ingoiare in caso di controlli. Il cliente scendeva di casa in piena notte, entrava nell’auto per lo scambio e via. Di giorno invece lo spaccio era più tradizionale, per strada, il posti non lontani dalle cucine-laboratorio, collocate in diversi quartieri, utilizzando i tradizionali imboschi in giardini pubblici o muretti a secco per tirare fuori solo lo stretto necessario al momento dell’arrivo del clienti.