Il racconto del pentito Maurizio Avola sulle stragi di Capaci e di via D'Amelio non è attendibile: è la chiusura delle indagini
Il gip Santi Bologna accoglie le richieste della Procura di archiviare l'indagine originata dalle dichiarazioni del pentito, mentre a Brescia nuova udienza per piazza della Loggia
Le dichiarazioni di Maurizio Avola sulle stragi di Capaci e di via D'Amelio "non sono riscontrate". Pochi giorni fa, il gip di Caltanissetta Santi Bologna ha deciso di archiviare le accuse mosse dal pentito del clan Santapaola contro i tre boss catanesi Aldo Ercolano, Marcello D'Agata ed Eugenio Galea (quest'ultimo indagato solo per la strage di via D'Amelio). Nel decreto di archiviazione lungo 126 pagine, riferisce l'Ansa, il gip sottolinea "la corposissima attività svolta per cercare di verificare le dichiarazioni di Avola" e che "la ricerca nella verifica del racconto è stata svolta a tutto tondo e tutti i temi di prova che potevano riscontrare, in senso positivo o negativo, sono stati oggetto d'analisi". Inoltre, il gip segnala "una serie di elementi che incidono nella credibilità generale del dichiarante", citando tra gli altri "la tardività nella scelta collaborativa" e la "difficile lettura delle motivazioni interne che lo hanno spinto ad aprirsi". Tra gli elementi che hanno incrinato la credibilità di Avola, pesa probabilmente quanto accaduto alla vigilia della strage in cui morì il giudice Paolo Borsellino. A Catania, infatti, Avola fu fermato da una pattuglia di polizia mentre aveva un braccio ingessato. Successivamente, il pentito ha riferito di averlo sostituito con un tutore mobile per poter partecipare ai preparativi della strage del 19 luglio 1992.
Affiliato al clan Santapaola dopo il primo delitto commesso a Catania il 12 novembre 1983 ai danni dell'avvocato Andrea Finocchiaro, Avola divenne il prototipo del killer perfetto in grado di freddare senza esitazione boss, avversari e il giornalista Pippo Fava, ucciso il 5 gennaio 1984. Arrestato il 28 febbraio 1993, Avola si pentì e nel marzo del 1994 iniziò a collaborare con la giustizia. La sua figura ha ispirato più di un libro. Nell'agosto 2008, per Fazi uscì Mi chiamo Maurizio sono un bravo ragazzo ho ucciso ottanta persone, romanzo-verità a più voci in cui i giornalisti Roberto Gugliotta e Gianfranco Pensavalli raccolsero la testimonianza del killer recluso. Nell'aprile 2021 uscì per Marsilio Nient'altro che la verità, con autore il conduttore televisivo Michele Santoro, il cui interesse per Avola si accese per via del fatto che quest'ultimo conobbe il boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro. Il libro ha ricostruito molto della storia di Cosa Nostra, portando alla luce dettagli e retroscena inediti, in particolare sulla genesi della strage di via D'Amelio. Appena il libro uscì, La7 gli dedicò uno speciale intitolato "Mafia-La ricerca della verità", condotto da Enrico Mentana con la partecipazione - tra gli altri - di Santoro e di Andrea Purgatori, il quale è scomparso due anni fa.
Con l'udienza del 30 ottobre è ripreso a Brescia il processo sulla strage di piazza della Loggia, che vede imputato Roberto Zorzi, accusato di essere uno degli esecutori materiali dell'attentato del 28 maggio 1974. In aula ha deposto il teste Nicola Guarino Lo Bianco, all'epoca vicino a Ordine Nuovo di Verona, il quale ha raccontato che Marco Toffaloni «voleva alzare il tiro» contro i comunisti. Toffaloni, oggi 67enne, è stato condannato in primo grado il 3 aprile 2025 a 30 anni di reclusione: all'epoca della strage era una giovane neofascista veronese che avrebbe compiuto 17 anni pochi giorni dopo. Secondo l'accusa, insieme a Zorzi il militante di Ordine Nuovo fu l'esecutore materiale dell'attentato per aver collocato nel cestino la bomba che provocò otto vittime. In udienza è stato sentito anche il bresciano Ferdinando Trappa, chiamato a deporre dall'ex procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e dalla pm Caty Bressanelli. All'epoca, Trappa era in contatto con Ermanno Buzzi, nel 1979 condannato all'ergastolo in primo grado, ucciso il 13 aprile 1981 nel supercarcere di Novara da Pierluigi Concutelli e Mario Tuti alla vigilia dell'Appello. Non pochi i «non ricordo» di Trappa, con il Presidente della Corte Roberto Spanò che ha formulato un sospetto: «Ho l'impressione che Lei sappia molte più cose di quelle che ci ha detto».
Di Roberto Valtolina