L'anniversario della Marcia su Roma e i suoi nodi irrisolti: memoria e diversi momenti di tensione da Predappio a Genova

Centotrè anni dopo, l’ombra dell’evento fondante del fascismo si proietta sulla memoria collettiva. Ieri, a Predappio, migliaia di persone si sono radunate per commemorare il Duce. Notte di paura a Genova per un’incursione neofascista in un liceo scientifico

Ieri, a Predappio, dominava il nero. Circa un migliaio di persone - 700 secondo la Questura - hanno partecipato alla camminata annuale dalla piazza di Predappio, paese natale forlivese di Benito Mussolini, al cimitero di San Cassiano. Davanti alla cripta del Duce non sono mancati i saluti romani: nonostante l’invito della famiglia Mussolini a posare la mano sul cuore, decine di manifestanti hanno alzato il braccio teso durante il rito del “presente”. La partecipazione ha mostrato una forte polarizzazione generazionale, con molti giovani e anziani, e una presenza femminile significativa. Quest’anno, al raduno organizzato dalle pronipoti del Duce, si è aggiunta anche Forza Nuova: il leader Roberto Fiore ha avuto un colloquio con le forze dell’ordine in piazza, ma non ha seguito il corteo. Poche ore prima, tra sabato 25 e domenica 26, un gruppo di individui muniti di spranghe ha fatto irruzione al liceo scientifico Da Vinci di Genova. Gridando “Viva il Duce”, costoro hanno distrutto diverse aule, imbrattato i muri con decine di scritte e una svastica, infranto vetri e svuotato gli estintori. Sul posto sono intervenute la polizia, la Scientifica e la Digos. Il ministro Valditara ha espresso «viva preoccupazione per quanto accaduto».

L’obiettivo della Marcia su Roma, diretta dai quadrumviri Emilio De Bono, Italo Balbo, Michele Bianchi e Cesare Maria De Vecchi, era rovesciare il governo di Luigi Facta e costringere il re Vittorio Emanuele III a consegnare il Paese a Benito Mussolini, affinché formasse un nuovo esecutivo. L’operazione prese forma il 27 ottobre 1922. Perugia fu designato come quartier generale. I quattro comandanti, nominati da Mussolini pochi giorni prima, coordinavano i movimenti dei gruppi fascisti. Più di ventimila camicie nere si misero in marcia da Santa Marinella, Tivoli, Monterotondo e dal Volturno, requisendo treni e mezzi di fortuna per avanzare verso la capitale. Roma era presidiata da oltre ventottomila soldati, pronti a difenderla. Alle 6 del mattino del 28 ottobre, il Governo Facta proclamò lo stato d’assedio. Due ore e mezza dopo arrivò il colpo di scena: Vittorio Emanuele III rifiutò di firmarlo. Facta si dimise, lasciando il Paese in un vuoto di potere che spalancò le porte al colpo di mano fascista. Mentre le colonne nere entravano nella capitale, minacciando di occupare i ministeri, il Re convocò Mussolini. Il futuro Duce partì da Milano e giunse a Roma il 30 ottobre. Vittorio Emanuele III gli affidò ufficialmente l’incarico di formare un nuovo governo di coalizione. Era la fine dell’Italia liberale.

Sono molti gli aspetti oscuri di quell’evento spartiacque della nostra storia. Il Re aveva il potere di firmare lo stato d’assedio, che avrebbe autorizzato l’esercito a fermare le camicie nere. Non lo fece. I motivi rimangono dibattuti. Il sovrano temeva una guerra civile e relativo bagno di sangue? Voleva preservare l’unità nazionale, temendo che l’esercito potesse rifiutarsi di intervenire? O c’era un’intesa tacita con Mussolini? Oppure il Savoia sottovalutò la minaccia fascista? Il ruolo parallelo e indiretto delle potenze straniere non è da sottovalutare. I legami che Mussolini ebbe con i servizi segreti inglesi sono stati illustrati dall’esperto di archivi anglosassoni Mario José Cereghino e dal giornalista Giovanni Fasanella. Gli autori di Nero di Londra, inchiesta uscita pochi anni fa, hanno illustrato “The Project”, operazione segreta che l’intelligence britannica attuò dopo la disfatta di Caporetto del 1917. Artefice del piano fu il tenente colonnello Sir Samuel Hoare, capo del Directorate of Military Intelligence in Italia. Lo scopo era la salvaguardia degli interessi strategici di Londra nel Mediterraneo. Sir Hoare creò l’archetipo di un movimento politico-paramilitare che sfociò nei Fasci italiani di combattimento di Benito Mussolini. Il Duce sarebbe stato finanziato dal Secret Service sin dall’inizio del 1918, con il nome in codice di “The Count”.

di Roberto Valtolina